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Venezia 76. La verità è finzione
Con una superstella del cinema francese come Catherine Deneuve, un'altra attrice di grido come Juliette Binoche e, in una parte piu' in sordina Ethan Hawke, il regista giapponese Hirokazu Kore'eda è approdato per la prima volta, con Le verità, ad un film in francese, girato a Parigi, che sembra conservare in toto lo spirito del Giappone e che ha presentato in concorso, come film d'apertura, alla 76ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.
La pellicola è tutta intessuta dai dialoghi, per lo piu' nella lingua d'oltralpe, e di tanto in tanto con l'uso dell'inglese da parte dell'unico attore americano presente, Ethan Hawke nella parte di Hank, attore di serie B sposato con la sceneggiatrice Lumir (Juliette Binoche), figlia della star ormai agée Catherine Deneuve, alias Fabienne Dangeville. Lumir è tornata da New York per la pubblicazione e presentazione della biografia di sua madre, con cui è evidente dall'inizio, non ha mai avuto un buon rapporto.
Durante questa riunione di famiglia riemergeranno però risentimenti e conflitti dovuti a delle verità, o presunte tali, occultate sapientemente da Fabienne nel proprio libro.
Il film ruota principalmente intorno ad un assioma, che verrà fuori piano piano, dalla voce di Fabienne: la recitazione è tutto per un attore, viene prima di tutto, come se un attore - così si dipinge Fabienne di fronte alla figlia ed agli altri convitati “di famiglia”, il fiancé chef 4 stelle Michelin (Christian Crahay) insieme al suo collaboratore di sempre, Jacques (Jackie Berroyer) – fosse sé stesso proprio grazie ad una sceneggiatura, e Fabienne si farà scrivere una sceneggiatura ad hoc anche per risolvere un dilemma della sua vita privata.
Un film che nella sua sottostoria, un altro film, introduce ad una revisione di un passato come “una terra straniera”, che tutti pensano di conoscere ma in realtà nessuno conosce.