Vito Riviello. La nobile arte dell'improvvisa rivelazione

Articolo di: 
Silvia Bove
Vito Riviello

Omaggio al poeta lucano Vito Riviello, scomparso a Roma il 18 giugno 2009 e nato a Potenza nel 1933. La sua rivelatoria ironia poetica viene ricordata da una poetessa che si è adagiata sulle stesse profondità e che l'ha conosciuto tramite la stessa matrice della poesia.

Una conoscenza vera della vita, un vero amore per la Donna. Diceva spesso che gli uomini di oggi, così carenti, dovrebbero limitarsi ad “Accettare il ruolo di sedotti, non di seduttori”. Uomo capace di amare, la vita, la donna, la parola, il senso, la giustizia, i giovani, tanto da dovere nascondere qualcosa, a tratti eludere la vita, con l’ironia.

L’ironia come mezzo, traiettoria e scelta, non come il fine, ecco perché mi dispero a vederlo rappresentato come poeta ironico, nel senso che questa attribuzione lo divora, semmai, non certo lo descrive.

Vito, pudico e profondo, aveva scelto la riservatezza perfino per la propria espressione poetica, che era la sua essenza, giudicando lui la parola talmente importante da definirla “biologica”.

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Amo il tuo nulla infinito
a te perfino sconosciuto
Deleto da guerre stellari
nebulose psichiche,
Più visibile o storico
amo di te il superfluo,
quello che appena vedi
e perdi nelle discariche celesti

Livelli di coincidenza, Campanotto Editore, 2006.

Così, Vito desiderava forse che il contenuto dei suoi tesori fosse cercato nei suoi intrecci, e non dichiarato, volgarmente esposto, e metteva noi suoi lettori, amici poeti, sulla strada di piccole rivelazioni.

Raffinata e generosa la sua scelta, lui, capace di poetare ad ogni altura, vedeva e percepiva le cose prima che gli fossero dette, e con quanta signorilità mi dava consigli, cauti, ma terreni, e giusti, eleganti, poetici, come l’attesa di questa notte:

Otra noche

E proprio la notte attendiamo
l’arrivo della notte,
noi la vogliamo dentro
nel suo nome di solenne buio
per poterla scrutare
e sentire quel suono di nero
che crediamo venuto dalle stelle.

Livelli di coincidenza, Campanotto Editore, 2006.

Leggero, suggeritore di possibilità, mai tonante, dotato di maestrali metafore.
Mi diceva di impegnarmi, di dare qualcosa in più alla letteratura, e attendeva che la mia vita raggiungesse la maturità delle parole, si uniformasse ad esse, così da guarirmi da una residua scissione, una vanità di bambina.

Vito amava l’improvvisazione, ma come arte, come elevazione spirituale, gioco mai elusivo, amava far correre i sogni, e mi consigliava di sognare con chi fosse in grado di comprenderli. Avessi potuto, tanto fresco era il suo pensiero, e la sua mente rimasta intatta al sogno adolescenziale, lo avrei portato ovunque, a condividere la città, mi lamentavo che i miei coetanei fossero morti, uccisi dalla demenza, dai cattivi maestri, o da nessun maestro, votati all’arte sì, ma necrofila, insincera.

D’annunzio
sosteneva che chi ha più goduto e non chi ha più sofferto approda alla conoscenza. Del tutto diverso, anche Vito amava molto la materia, non la scacciava, e cantava le semplici sostanze che ci gratificano, e dietro l’intreccio, la sorpresa di un'intuizione sempre personale, singolarmente rivelatoria.

Bacio

Il bacio nacque dal desiderio
Verde e primitivo di mangiare
aprendo bocca per soddisfare
la fame e far tacere la
paura, rimase il piacere della suzione,
bacio d’eterna madre.

da Scala condominiale, Lieto Colle, 2008.

Un uomo giovane, attento, noto per la sua verve ironica, certo, e la scelta di rimanere dove la libertà lo aveva posto. Un amico sapiente, sempre rivolto ad immaginare cose, e studiare la sociologia del presente, un presente che riteneva “privo di contemporaneità”, tanto i suoi significati divenuti fuggitivi, residui, istantanei, ed era nel futuro, nonostante la malattia, di cui mai si lamentava, mai. Infatti, eccolo nella sua ultima plaquette Doppio scatto, edita da Signum nel 2008, sorpreso ancora a pensare e, se posso dirlo, un pensiero di cui l’origine è davvero misteriosa.

Cosa

Prima o poi mi verrà un’idea,
per migliorare la mia vita,
le idee vengono dalle cose
e si rifanno cose.
Una di esse sarà l’idea
che mi trarrà dall’impaccio,
una cosa buona e importante,
la vedrò sempre davanti
la cosa nata dall’idea.

Dico arrivederci a Vito; non ho potuto salutarlo come avrei voluto, ma la nostra ultima telefonata è stata bellissima, vitale, abbiamo cantato tutto il tempo, invece di parlare, io ero una cantante lirica, lui un messaggero, non ricordo bene. Che si può desiderare di più, da un amico, da una telefonata?
Evviva la nobiltà vitiana, evviva quella stirpe.

Pubblicato in: 
GN17/ 6 - 20 luglio 2009
Scheda
Titolo completo: 

Vito Riviello
Potenza, 1933 - Roma, 2009