Vittoriano. La smaterializzazione secondo Monet

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Vétheuil nella nebbia

Il Complesso del Vittoriano ospiterà fino all'11 febbraio 2018 la mostra Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Parigi, che conserva il maggiore e più rimarchevole numero di opere di Claude Monet (1840-1926) grazie alle donazioni dei collezionisti  dell’epoca e al lascito del figlio Michel, che conservava le opere da cui l'artista non volle mai separarsi, perché erano quelle in cui maggiore era la ricerca  espressiva e temeva che non sarebbero state comprese, come Impression, soleil levant, che venne aspramente criticata, ma dette il nome alla nuovo gruppo di artisti:gli  Impressionisti.

La retrospettiva è a cura di Marianne Mathieu, storica dell’arte e vice-direttore del Museo Marmottan incaricata della Collezione Monet ed è prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia in  collaborazione con il Musée Marmottan Monet, Paris con il patrocinio dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT) e della  Regione Lazio ed è promossa dall’Assessorato  alla Crescita culturale-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale.

La mostra è divisa in diverse sezioni e comincia con le caricature e i ritratti dei figli di Monet, che non fu un ritrattista, ma ritrasse i figli avuti dall'amata modella e prima moglie, Camille Doncieux (1847-1879), sono un'eccezione che rivela un aspetto fondamentale della vita di Monet il suo attaccamento alla famiglia. In mostra ci sono il Ritratto di Jean Monet (1880), suo primo figlio e tre del secondo Michel, Ritratto di Michel Monet neonato (1878-79), Ritratto di Michel Monet con berretto a pompon (1880) e Michel Monet con la maglia blu (1883). Monet, come raccontò lui stesso, non aveva interesse  per la scuola, preferiva disegnare, iniziò a fare schizzi e caricature dei compagni o tipi come Vecchia normanna (1857) in mostra, che firmava come Oscar, suo secondo nome, Monet. Per migliorare la qualità delle sue caricature cominciò a copiare quelle di autori affermati come Nadar, psudonimo di Gaspard-Félix Tournachon, anche celebre fotografo (1820 – 1910), ebbe successo e le sue opere furono esposte nella vetrina del cartolaio Gravier.

Là le vide Eugène Boudin (1824-1898), altro autore ospitato nella vetrina di Gravier, le apprezzò e gli diede un consiglio fondamentale : “Guardo sempre con piacere i suoi bozzetti; sono divertenti, freschi, incisivi. Lei è dotato, lo si nota subito. Ma non si fermerà qui, spero. La caricatura va bene per iniziare, ma non tarderà a stancarla. Studi, impari a guardare e a dipingere, disegni,si dedichi al paesaggio.” Boudin era un pittore noto, apprezzato dall'alta società che andava in vacanza a Trouville e Deauville, il pubblico della “Belle Époque" ammirava i suoi paesaggi e le vedute in cui veniva descritta la buona società in vacanza in Normandia. Eugène Boudin che possedeva un negozio di colori era stato incoraggiato a dedicarsi alla pittura da François Millet (1814-1875), anche lui normanno e il  più significativo esponente del “Realismo” ; altra sua fonte di ispirazione fu Jean-Baptiste Camille Corot (1796- 1875) anche lui celeberrimo per i suoi paesaggi impreziositi dalle diverse intensità di luce che l'artista sapeva calibrare con grande maestria. Boudin divenne maestro di Monet  e lo indirizzò verso la pittura “en plein air”(all'aria aperta) e al realismo, ma l'occhio con cui osservava l'ambiente e la sensibilità del giovane artista erano profondamente diversi.

Guy de Maupassant (1850-1893),  descrive perfettamente il metodo del pittore: “Lo scorso anno, in questo paese, ho spesso seguito Claude  Monet in cerca di “impressioni”. Non era un pittore, in verità, ma un cacciatore. Andava, seguito dai  bambini che portavano le sue tele, cinque o sei tele raffiguranti lo stesso motivo, in diverse ore del  giorno e con diversi effetti di luce. Egli le riprendeva e le riponeva a turno, secondo i mutamenti del  cielo. E il pittore, davanti al suo soggetto, restava in attesa del sole e delle ombre, fissando con  poche pennellate il raggio che appariva o la nube che passava... E sprezzante del falso e  dell’opportuno, li poggiava sulla tela con velocità”. L'occhio di Monet è analitico, scientifico, il suo studio della luce tiene conto delle diverse ore del giorno, delle condizioni atmosferiche e in città dei fumi prodotti dall'attività umana, come la ferrovia. A questo segue l'analisi di come le diverse intensità di luce influenzino la percezione dei colori e delle superfici non solo delle costruzioni umane, come la Cattedrale di Rouen, ma soprattutto dell'ambiente naturale in cui il gioco di luci, riflessi, ombre e colori crea una iridescente tavolozza cromatica.

Qual'è la differenza con chi l'aveva preceduto nella pittura “en plein air”, in quell'epoca facilitata dall'invenzione dei tubetti di colore che risolvevano una serie di problemi pratici e e quella dei nuovi pigmenti sintetici e inalterabili ? In Millet il realismo è anche impegno sociale nel rappresentare la fatica del lavoro e le condizioni di vita dei poveri, anche in Boudin sono narrate le attività umane anche se di una diversa classe sociale. Nella pittura Monet, che rappresentò le attività umane come parti del paesaggio e progressivamente escluse la figura umana dai suoi dipinti, il metodo scientifico di analisi della luce nell'ambiente non è diverso da quello che Émile Zola (1840 –1902) utilizzava nei suoi scritti per analizzare i mali della società, non a caso lo scrittore apprezzò e difese la pittura impressionista e Monet. Come per Corot, anche per Monet fu cruciale la visione della pittura di John Constable (1776- 1837) e William Turner (1775-1855), ammirata durante il soggiorno in Inghilterra (1870-71), a causa della guerra franco- prussiana e della Comune di Parigi. Fu affascinato dalla giustapposizione delle pennellate di colore puro della pittura dell'ultimo Constable e dalla luce visionaria di Turner che fu una rivelazione. Il dissolvimento delle forme nel colore e nella luce con una conseguente perdita del volume e un appiattimento prospettico vista nei dipinti di Turner si ritrova nel quadro Impression, soleil levant (Impressione, levar del sole 1872) realizzato da Monet non a caso al ritorno dall'Inghilterra. I quadri in esposizione nella sezione Monet, cacciatore di motivi rivelano questa continua ricerca degli effetti di luce in ambienti diversi, in Francia nell'amata Normandia come nei viaggi in Liguria e a Londra dove tornerà più volte. Tra loro ricordiamo: Effetto di neve, sole al tramonto (1875), Vétheuil nella nebbia (1879), La spiaggia di Pourville, Sole al tramonto (1882), Il castello di Dolceacqua (1884), La Senna a Port-Villez. Effetto sera (1894), Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi (1905) e Barche nel porto di Honfleur (1917).

Sono in ordine cronologico per sottolineare la progressiva tendenza all'essenzialità che continuò nel suo laboratorio creativo: il giardino di Giverny. Dopo l'ennesimo sfratto Monet si trasferì a Giverny, che successivamente acquistò, con la sua numerosa famiglia in quanto, dopo essere rimasto vedovo, ebbe come compagna Alice Hoschedé (1844-1911), che si era separata dal marito Ernest Hoschedé (1838-1891), e i suoi sei figli, verso i quali fu sempre un padre affettuoso. Alice divenne sua moglie alla morte del marito. Monet, che aveva sempre amato il giardinaggio, riversò questa sua passione sul giardino di Giverny, che fu oggetto di ampliamenti e modifiche, e sullo stagno delle ninfee, anche questo poi successivamente ingrandito. Il giardino, soprattutto quando i viaggi cessarono, divenne sempre più un laboratorio per la sua pittura, i fiori, le clematidi e le rose, lo stagno delle ninfee, che offriva suggestioni alla sua abilità analitica, il gioco delle trasparenze, lo studio della riflessione della luce sull'acqua e della rifrazione che cambia la percezione delle piante acquatiche sotto la superficie dell'acqua e poi il ponte giapponese. La cataratta ad entrambi gli occhi gli fu diagnosticata nel 1912, si aggiunse in seguito la difficoltà nella percezione dei colori per cui giungerà a distinguere solo il blu che diventerà dominante nei quadri fino al 1923 quando tre operazioni gli permisero di riacquistare la vista. Questa menomazione lo ostacolò, ma salvo per due anni dopo la morte della moglie, a causa del cocente dolore, non cessò mai di dipingere perché diceva di ricordare bene i colori. Si nota nella tarda pittura di  Monet l'esigenza di pervenire all'essenzialità nelle forme e nei colori giungendo ad una accentuata stilizzazione, in un percorso che mostra una singolare affinità con alcune opere di Piet Mondrian (1875- 1944). Tra i dipinti in esposizione oltre alle celeberrime ninfee, i glicini, il Salice piangente e Il viale del roseto, soggetti ripetuti più volte, di grande interesse per comprendere il percorso espressivo di Monet. Il catalogo edito da Arthemisia Books, ricco di pregevoli illustrazioni è una guida preziosa per chi voglia approfondire l'argomento.

Al termine del percorso espositivo  è esposta ri-materializzazione, una sofisticata riproduzione, di un quadro di ninfee di Monet a dominante blu che nel 1958 fu danneggiato da un incendio all’interno del Museum of Modern Art di New York. Un breve filmato spiega come è stata realizzata. Una anticipazione promozionale della produzione internazionale di Sky Arte HD Il Mistero dei Capolavori Perduti, una serie di 7 documentari diretta da Giovanni Troilo e co-prodotta da Ballandi Arts, ognuno dedicato a un dipinto a oggi  perduto: alcuni rubati, altri distrutti accidentalmente o di proposito.

Pubblicato in: 
GN50 Anno IX 27 ottobre 2017
Scheda
Titolo completo: 

Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Parigi
Roma - Complesso del Vittoriano - Ala Brasini
9 ottobre 2017 – 11 febbraio 2018

Sotto l’egida de Istituto per la storia del Risorgimento italiano
Promossa da Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale
Con il Patrocinio di Regione Lazio
Mostra prodotta e organizzata da Gruppo Arthemisia
In collaborazione con Musée Marmottan Monet, Paris
Mostra a cura di Marianne Mathie
Sponsor Generali Italia
Catalogo Arthemisia Books
Orario apertura
dal lunedì al giovedì 9.30 - 19.30
Venerdì e sabato 9.30 - 22.00
Domenica 9.30 - 20.30
(la biglietteria chiude un'ora prima
Biglietti
Intero € 15,00 (audioguida inclusa)
Ridotto € 13,00 (audioguida inclusa)
    
Sito: www.ilvittoriano.com
Hashtag ufficiale: #MostraMonet