- Articolo di:Livia Bidoli
Lo Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi – dal testo del poema latino attribuito a Jacopone da Todi - inserito tra due brani del compositore contemporaneo Giacinto Scelsi, ha condotto il Teatro dell'Opera di Roma in coproduzione con Grand Théâtre de Genève, Opera Ballet Vlaanderen e De Nationale Opera a mettere in scena nella Basilica di Santa Maria in Ara Coeli uno spettacolo unico e dal valore spirituale inusitato. Il più celebre Stabat Mater è stato diretto da Michele Mariotti con la regia, scene, costumi e luci di Romeo Castellucci. Lo spettacolo si è svolto dal 28 al 31 ottobre assicurando al pubblico il numero di 100 posti prenotabili gratutamente online.
Festival del Cinema di Roma 2010. My Name is Khan. L’epica moderna di Bollywood
Rizvan Khan è un bambino intelligente, con capacità intellettuali anche al di sopra della norma, capace di riparare qualsiasi oggetto e con una particolare sensibilità che non sempre riesce ad esternare senza problemi. Lo vediamo muoversi dapprima da bambino nella sua terra (l’area suburbana di Borivari, a Mumbai), mentre una particolare forma di autismo mette a rischio la sua possibilità di socializzare ed esternare i suoi sentimenti.
Lo seguiamo poi da adulto quando, morta la madre, decide di raggiungere il fratello a San Francisco, dove una sensibile psicologa capisce il suo disturbo e gli dà un nome: sindrome di Asperger. Nonostante la malattia, Khan riesce a trovare un donna che ama e a sposarla, senza porsi mai come problema il fatto che sia hindù. Ci affezioniamo infine a Khan, guardando il mondo attraverso lo straniamento di uno sguardo puro e semplice, che si rivela essere l’unica chiave di lettura di complessi e insensati fenomeni storici quali l’odio verso il musulmano, sviluppatosi dopo l’11 settembre, la separazione all'interno dell'universo religioso del subcontinente asiatico e l’irrimediabile incomunicabilità tra un cittadino e il proprio presidente.
“My name is Khan and I’m not a terrorist” è la frase che Rizvan Khan dovrà con grandi difficoltà comunicare al presidente degli Stati Uniti d’America (durante il film avviene il passaggio dalla presidenza di George W. Bush a quella di Barack Obama), per mantenere una promessa fatta alla moglie e ricominciare a vivere senza sensi di colpa. E di colpe Khan non ne ha nemmeno una, a parte il suo nome musulmano, che, dopo lo spartiacque storico del crollo delle Twin Towers, è stato la causa della morte del figlio, ucciso durante una lite dai suoi compagni di scuola.
Il regista Karan Johar, affiancato dalle due star Shahrukh Khan e Kajol, che ancora una volta hanno dato prova di una grandissima sensibilità interpretativa, è riuscito a dar vita a una bellissima eccezione tra le grandi produzioni melodrammatiche di Bollywood, affrontando i grandi temi della contemporaneità con una retorica semplice, sincera ma mai ingenua. Due ore di film che non stancano mai per l’ampiezza di respiro storico da cui sono animate, una sorta di epica moderna il cui “eroe” è un personaggio che sarà difficile dimenticare.

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