- Articolo di:Livia Bidoli
L'americano John Adams è tornato dopo 7 anni (2018) a dirigere sé stesso e la suite dal balletto Billy the Kid (1938) di uno dei suoi grandi ispiratori, Aaron Copland, nella Sala Santa Cecilia dell'Auditorium Parco della Musica di Roma, il 6, 7, 8 novembre, in collaborazione con Romaeuropa Festival. Tra i maggiori compositori statunitensi viventi (classe 1947), ha diretto l’Orchestra e il Coro di Santa Cecilia in un breve brano esplosivo, ovvero, Short Ride in a fast Machine (1986), e tre scene da una delle sue opere di "Teatro della Realtà", ovvero Nixon in China (1987).
Opera di Roma. Adriana Mater, le tenebre di un cuore in guerra
Al Teatro dell'Opera di Roma un'opera di una compositrice scomparsa nel 2023, ed insignita da Lucia Ronchetti del Leone d'Oro alla Biennale Musica di Venezia 2021: la finlandese Kaija Saariaho. Con Peter Sellars che debutta alla regia al Costanzi, la prima italiana di Adriana Mater, dal 9 al 16 ottobre, conduce sul podio un altro debutto, questa volta musicale, del direttore spagnolo Ernest Martínez Izquierdo, che con Saariaho ha lavorato per trent’anni.
L’innovativa opera Adriana Mater, presentata nel cartellone dell’Opera di Roma, ha scritto una nuova pagina nella storia del teatro capitolino. La nota compositrice finlandese Kaija Saariaho si è imposta negli ultimi decenni come una delle figure più interessanti della creatività musicale contemporanea. Ha da tempo riscosso il riconoscimento internazionale e suscitato l’interesse di critica e pubblico per il suo lavoro, conservandoli per diversi decenni. È diventata nota al grande pubblico nel 2000 dopo la trionfale prima della sua opera L’amour de loin (sul trovatore Jaufré Rudel) che gli è valso un Grammy Award. La sua musica è stata rappresentata al Metropolitan di New York come a Santa Fe, ed Adriana Mater, composta a marzo 2005, ha visto la sua prima a Parigi, all'Opéra Bastille il 3 aprile 2006, diretta da Esa-Pekka Salonen, e con la regia del fidato Peter Sellars.
La composizione dell’opera in due atti e sette scene Adriana Mater è stata realizzata grazie ad un rapporto già consolidato con il librettista Amin Maalouf. Due i temi principali trattati: la guerra e la maternità. Maalouf era un ex cronista di guerra, libanese trapiantato in Francia, e per lui il contesto bellico era rilevante. Saariaho ha aggiunto come centrale il tema della maternità, riflesso della sua esperienza personale e simbolo dei segreti unici della natura femminile.
La storia si svolge al tempo di una guerra che potrebbe essere accaduta in qualsiasi parte del mondo, che però somiglia tanto al conflitto a noi vicino della Jugoslavia. Un argomento ancora oggi di drammatica attualità, quello della guerra, in cui la violenza appare nelle sue diverse forme, e colpisce in profondità la fragilità delle donne. Ça va sans dire, la trama dell’opera suscita numerose analogie con gli eventi bellici attuali e un particolare clima instauratosi di recente, come ci ricorda Peter Sellars: "Il ritorno di una nuova modalità di autoritarismo, la violenza pubblica e privata che si alimentano, le condizioni di guerra in cui sono costretti a crescere i bambini, la menzogna imperante e la totale assenza di integrità morale nella vita pubblica." Parole che sentiamo vicine e sottoscriviamo.
Il personaggio principale, la coraggiosa Adriana, viene abusata da un soldato durante la guerra. Lei, nonostante l’opposizione determinata della sorella, decide però di portare avanti la gravidanza nonostante il figlio sia il frutto non di un amore ma di uno stupro. Crescendo, il figlio diventa irrequieto, vuole conoscere le sue origini e alla fine riesce a realizzare l’incontro con il padre ormai vecchio per cui prova pietà quando si accorge che è cieco: il suo desiderio di vendetta per la madre violata lascia il posto inaspettatamente al perdono. La famiglia sembra in parte ricomporsi ma con il dolore ancora sepolto nel cuore, e l'abbraccio a tre di Yonas, Refka e Adriana.
Tsargo è il nome dell'amico e del soldato che, imbracciato il mitra, la minaccia come se fosse una sconosciuta. L'amico di una lontana "danza", di cui lei ha avuto compassione perchè ubriaco, la tratta come una nemica a poche ore di distanza. Sul libretto si legge infatti "Luce", quando si incontrano sul palco all'inizio: lui vestito da barbone e ubriaco; lei a piedi nudi (come Refka, sua sorella, per l'intero primo atto) con un pigiama a pantaloncini corti blu. I costumi semplicissimi sono di Camille Assaf, e delineano la povertà di entrambi.
Trenta luci di vari colori e di forma rettangolare, come bastoncini appesi in alto, a cura di Ben Zamora, illuminano, alternando colori dal giallo al viola, complementari, e poi virando verso il viola cobalto per le scene più lugubri, - annotate con "Tenebre" sul libretto - perfettamente incastonate dai suoni di una musica cupissima, molto distante dal fiabesco L'amour de loin (2000, prima opera di Kaija Saariaho) ascoltato alla IUC di Roma nel 2009. Il suono, financo nella spazializzazione – il sound designer è Timo Kurkikangas –, è del tutto opprimente, non trova mai sfogo, come se fosse irrisolvibile, statico, una tenebra perenne, come ci conferma una violinista dell'Opera che ci confermava quanto le glosse sullo spartito fossero tutte con le scritte: "lugubre, cupo, tenebroso"; intessuta di legati lancinanti, la musica rimane ancorata a terra, opprimendo ed affliggendo.
La disposizione voluta dal regista Peter Sellars, con una massiccia orchestra disposta sul palcoscenico e i quattro interpreti sul praticabile sopra il golfo mistico che li metteva a diretto contatto col pubblico, rendeva ancor più sconcertante lo psicodramma musicale che si svolgeva su un palco del tutto spoglio.
La scrittura vocale era piuttosto declamatoria e valorizzata da una tavolozza timbrica complessa e multicolore che ha fatto da sfondo all'esibizione dei quattro cantanti. Adriana, interpretata dal mezzosoprano Fleur Barron, ha presentato un drammatico e sofferto, nonché moderno singspiel à demi, come d'altronde l'altrettanto eccellente sorella Refka, il soprano Axelle Fanyo; notevole che i due sogni delle sorelle, che rimandano al titolo della nuova stagione al Costanzi, Doppio Sogno, substanziano il vuoto e la distruzione della compassione, come se fosse impossibile uscire dall'inferno della guerra, anche quando è finita, poichè rende le persone miserabili per sempre.
Le due voci maschili, anch'esse presenti nella versione in collaborazione con la San Francisco Symphony – che ha vinto il Grammy Award nel 2025 per la migliore registrazione operistica – sono del tenore statunitense Nicholas Phan (Yonas) e del baritono Christopher Purves (Tsargo), presente anche in Innocence di Saariaho alla Royal Opera House nel 2023. Il giovane Yonas/Phan presenta una voce irosa e dal timbro volutamente tagliente, che giunge a minacciare la stessa madre e Refka, nel momento in cui gli viene rivelata la natura della sua nascita. Christopher Purves (Tsargo), ha due momenti: nel primo è lamentosamente questuante; poi violento e senza pietà come soldato; poi il derelitto della fine, il miserabile cieco di cui ha compassione Yonas. Purves riesce a trascolorare la proria vocalità perfettamente da timbri alti a bassi, seri e aggressivi, risuonando sulle stesse atonalità dei suoni, formandone l'eco fluttuante nel vuoto.
Il direttore Ernes Martinez Izquierdo si è districato bene tra le asprezze di una magmatica partitura, in ogni suo sperticato dettaglio; il coro, affidato a Ciro Visco, ha affrontato con vigore una prova complessa e ardua nell'intero percorso, dall'inizio alla fine. Grande plauso del pubblico colto che è sopravvenuto all'Opera.
Vogliamo concludere con una delle frasi di Adriana a Yonas: "La tua nascita è la mia vendetta. Noi non siamo vendicati, Yonas, ma siamo salvi".

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