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Opera di Roma. Un trittico tra terra e cielo
Un Trittico di danza all'Opera di Roma completamente contemporaneo nella visione, nelle coreografie, mentre nell'afflato coglie un pertugio di passaggio tra l'inizio guerresco del '900 e la Finis Austriae per la parte musicale. I tre coreografi sono Alexander Ekman per Cacti; Sol León -Paul Lightfoot per Subject to Change; David Dawson conclude con Four Last Songs. Dal 20 al 25 maggio sul palco del Costanzi si sono avvicendati parecchi ballerini, tra cui tre étoiles; l'Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma è stata guidata da Thomas Herzog al suo debutto a Roma.
Cacti, ce lo spiega lo stesso Alexander Ekman (classe 1984), svedese di nascita, che lo ha creato nel 2010 per il Netherlands Dance Theater olandese: "Cacti è la mia risposta al quesito che pone l'arte agli umani e come si rispondono loro di fronte ad una manifestazione che non sia del tutto leggibile in termini razionali." Ed infatti ciò che vediamo sul palco, oltre agli innumerevoli cactus appunto, sono ballerini che si muovono in continuazione, di qua e di là, come in preda ad una morsa cinetica senza soluzione di continuità. Abbiamo un cambiamento con il pas de deux, in cui gli altri si fermano ed osservano, poichè in qualche modo sembra che i due ballerini, Virginia Giovannetti e Antonello Mastrangelo, si pongano loro le domande degli altri.
E' uno spettacolo divertente, affascinante, d'atmosfera, con il pizzicato del violoncello sul palco all'inizio che detta un ritmo un pò roboante, un pò rocambolesco. Mi fa pensare alla dualità della libertà: può andare in ambo i sensi ed essere coerente; ed alle nuove ere, magari utopiche, dell'avvenire. Un balletto di qualità sopraffina, da rivedere, con gioia ed una lettura ironica della realtà, prendendola per mano.
Il Quartetto Sincronie sul palco, suona dal vivo estratti da Joseph Haydn; Ludwig Van Beethoven, sicuramente almeno uno dalla Quinta; e da Schubert, anche quest'ultimo come gli altri, mixed and matched da Andy Stein.
Buio, il palco rivestito dai ballerini di un enorme tappeto rosso: in fondo, nell'oscurità, appaiono quattro figure in nero, poi una coppia, lei in bianco, lui in nero, danzano separati, poi si uniscono; il tutto sullo sfondo struggente di Der Tod und das Mädchen di Schubert, nell'arrangiamento mahleriano. Subject to Change di Sol León e Paul Lightfoot (creato nel 2003) rappresenta tangibilmente la fine di qualcosa di imperscrutabile, un monito ed una speranza, un anelito ed un grido, uniti in un empito che slancia l'étoile Rebecca Bianchi e Jacopo Giarda in una congiunzione che si separa, come in quelle raccontate da Robert Musil in una serie di racconti disperati dal titolo "Congiungimenti" (tutti pubblicati tra 1908 e 1911). La morte in questo è caso è quadruplicata: i quattro ballerini, Simone Agrò, Gabriele Consoli, Mattia Tortora e Alex Gattola torturano, assediandola, la fanciulla in bianco che narra la sua angoscia e la stempera in modo minimale attraverso l'abbraccio incompleto con il suo partner, anche lui torturatore e persecutore. Un balletto che, come raccontano Sol León e Paul Lightfoot, è quello di una scomparsa nella loro vita di una persona cara e che, inaspettatamente, si è verificata: una lancia nel cuoredi chi vive nell'affetto e lo ricambia con intensità e vigore, raccontandolo attraverso i passi della danza.
Gli ultimi lieder scritti da Richard Strauss nel 1948, prendono il nome di Vier letzte Lieder nel 1950 ad opera dell'editore ed amico del compositore, Ernst Roth. I primi tre sono poesie di Hermann Hesse, mentre l'ultima è a firma Joseph von Eichendorff, ovvero In Abendrot, Al tramonto. Il soprano neozelandese Madeleine Pierard li ha interpretati sul palco in maniera eccezionale mentre la coreografia narrava plasticamente un messaggio d'amore tra la vita e la morte: colma di struggente vigore, dalla vitale Frühling (Primavera), la voce di Pierard è passata al primo autunno di September (Settembre) fino alle due Beim Schlafengehen (Andando a dormire) e In Abendrot (Al tramonto), con grande coinvolgimento espressivo, stemperando tutte le note e grande proprietà nel fraseggio.
Four Last Songs, il titolo del balletto ripreso dai lieder straussiani, è stato creato dall'inglese David Dawson nel 2020 per la prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano, Alice Mariani, e che abbiamo ammirato insieme alle due étoiles Susanna Salvi ed Alessio Rezza insieme ai primi ballerini Federica Maine e Michele Satriano; nonchè agli altri pregevoli solisti e ballerini che svettavano in pose plastiche e legami cinetici, pliés, attitudes, rondes, su uno sfondo che richiamava un cielo spirituale, avvolto da nuvole mobili verso l'alto. Una danza di slancio nel connettere il cielo e la terra, la vita con l'eternità.
Sul podio Thomas Herzog ha diretto con grande sicurezza per la prima volta l'Orchestra dell'Opera di Roma. Pubblico festante in applausi, un trittico da rivedere.