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Opera Roma. La tavolozza di Renato Guttuso per Carmen
In questa seconda metà di giugno al Teatro Costanzi è andata in scena con vivo successo Carmen di Georges Bizet: la produzione è stata caratterizzata dalla riproposizione dell’allestimento creato nel 1970 e replicato nel 1973. L’allestimento allora si componeva delle scene e dei costumi firmati da Renato Guttuso. In questo articolo ci riferiamo alla recita del 24 giugno di cui è stata protagonista Gaëlle Arquez, con la direzione di Omer Meir Wellber e la regia di Fabio Ceresa.
Carmen è un’opéra-comique, un genere francese che alterna parti musicali ai parlati, non necessariamente di genere comico, come ricorda la Medée di Luigi Cherubini, ed è l’ultima opera di Bizet, che morì tre mesi dopo, angustiato dall'accoglienza non favorevole del pubblico. Cosa aveva reso il pubblico così contrario? La protagonista, che afferma con assoluta chiarezza di volere essere padrona di sé stessa, del proprio corpo e del proprio destino, anche a costo di affrontare la morte. La fondamentale scena delle carte, che le predicono la morte, è emblematica in questo senso.
L’allestimento del 1970 fu ispirato alla contemporaneità, con i costumi secondo la moda dell’epoca: i pantaloni a zampa di elefante e soprattutto le minigonne che furono giudicate scandalose dai “parrucconi”. Anche le scene sollevarono critiche perché, sì mediterranee, ma senza ambientazione spagnola; d'altronde la Spagna in Carmen è immaginaria, la musica è schiettamente francese senza evocazioni di musica iberica.
La riproposizione dell’allestimento di Guttuso ha richiesto un grande impegno: poco era sopravvissuto infatti dell’allestimento originale, solo le tele dipinte; dei mille disegni realizzati dall’artista più di 500 sono stati distrutti. Il confronto tra i bozzetti e la documentazione tecnica ha permesso la ricostruzione. È stato un lavoro impegnativo e pienamente riuscito guidato dall’esperto Alessandro Nico, che ha restituito al pubblico tutto il fascino di queste scene impreziosite dalle riuscite luci di Giuseppe Di Iorio
Degli oltre 350 costumi dai colori sgargianti disegnati da Guttuso e indossati alla prima assoluta di questo allestimento, ne sono stati ritrovati e catalogati 310, anche se non tutti utilizzabili per via delle taglie differenti, perché i costumi storici non possono essere adattati. Grazie anche ai disegni in bianco e nero, fortunatamente pubblicati in un articolo dell'epoca, alle foto e all'unico bozzetto a colori (di una sigaraia) custodito presso la Fondazione Guttuso, tutti sono stati una base fondamentale per il pregevole lavoro di ricostruzione guidato da Anna Biagiotti.
L’allestimento è caratterizzato da una splendida tavolozza di colori mediterranei come è nella visione di Renato Guttuso, che dimostra che per rappresentare una cupa e tragica vicenda non è necessario ricorrere a colori lugubri e uniformi, al contrario il contrasto tra i colori ed il contenuto dell'azione scenica accentua l’atmosfera tragica. La storia nel suo contenuto è essenziale, la donna viene uccisa dall’uomo che pretende di possederla, e compare disgraziatamente giornalmente in cronaca nera, per cui l’argomento è familiare al pubblico.
La regia di Fabio Ceresa è stata statica e generalmente consueta nei movimenti del coro e anche dei protagonisti, alcune idee sono state non scandalose ma banali secondo consolidati luoghi comuni. Durante l’Habanera è su Carmen che si concentra l’attenzione del pubblico, le coppie che si baciano intorno a lei sono superflue, ma in nome del politically correct più scontato, non sono solo uomo donna, ma anche donna donna e uomo uomo. Oltre a questo sono stati ridicoli i richiami al movimento femminista degli anni ’70.
Nel primo atto nel coro dei bambini è stata sottolineata la differenza di genere con grembiuli alle bambine e fucili ai bambini e nel secondo atto le ballerine/comparse hanno agitato i reggiseni per poi bruciarli. La fondamentale scena delle carte, in cui Carmen accetta il suo destino ma non cambia le sue convinzioni, è stata rappresentata in modo ambiguo con i movimenti dei mimi, perdendo la sua forza drammatica. Mattia Agatiello ha coreografato i movimenti mimici.
L’orchestra ha dato buona prova di sé anche nelle parti soliste e ben risposto alle indicazioni del direttore Omer Meir Wellber, che è stato acclamato dal pubblico alla fine dello spettacolo. Wellber ha deciso di eliminare quasi del tutto i parlati allo scopo di accentuare il ritmo incalzante dello svolgimento dell’azione, anche nella direzione ha esaltato i diversi ritmi concentrandosi sull’agogica e la dinamica, mentre c’è stata meno attenzione ai colori e alla cantabilità delle melodie. Il coro, sotto l’attenta e abile direzione di Ciro Visco, ha fornito un’ottima prestazione, bene anche il Coro di Voci Bianche del Teatro dell'Opera di Roma guidato da Alberto de Sanctis.
Gaëlle Arquez ha le physique du rôle, la presenza scenica e la capacità di interprete sia teatrale sia vocale per interpretare Carmen, possiede un bel timbro luminoso e caldo, ha facilità nell’emissione ed è espressiva, si è imposta subito sulla scena ed è stata la trionfatrice della serata.
Joshua Guerrero è stato Don José, non a suo agio ed opaco al primo atto, è migliorato sia vocalmente che nell’interpretazione drammatica negli atti successivi, il quarto è stato l’atto migliore. Guerrero ha usato eccessivamente un fastidioso vibrato all’inizio per poi diminuirne progressivamente l’impiego. Nell’aria La fleur que tu m'avais jetée ha adottato la soluzione più usata dai tenori prima forte e poi a diminuire.
Erwin Schrott si è ben imposto come Escamillo, il suo bronzeo timbro, la facilità espressiva, la voce potente e la disinvoltura scenica hanno contribuito a disegnare il personaggio. Mariangela Sicilia si è ben calata nel ruolo di Micaëla, ottima interprete per delineare il personaggio drammaticamente, non è stata da meno vocalmente con l’emissione della sua voce limpida e chiara ma anche dolce e morbida. Entrambi hanno riscosso un notevole successo personale.
Bene gli altri interpreti Meghan Picerno, Frasquita, Anna Pennisi, Mercedes, Alessio Verna, Dancairo, Nicolas Brooymans, Zuniga, e Matteo Torcaso, Morales.
Alla fine croscianti applausi hanno accolto tutti gli interpreti.