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Osterfestspiele Salzburg 2025. Concerti tra le Meraviglie
Il Festival di Pasqua a Salisburgo 2025 dal titolo Wunden und Wunder (Ferite e Meraviglie) si è svolto dal 12 al 21 nella Großes Festspielhaus, la messa in scena della Kovancina di Mussorgsky è stato l’avvenimento di punta del Festival che ha offerto anche un interessante programma di concerti, oltre all’opera abbiamo ascoltato tre concerti sinfonici, di cui due corali di cui parleremo in questo articolo.
Nel primo, il 18 aprile, è stato eseguito un capolavoro di Felix Mendelssohn Bartholdy, Elias Oratorio per Soli, Coro e Orchestra, su testo di Julius Schubring, fu il secondo composto dieci anni dopo il Paulus, . La prima esecuzione, che ebbe un'accoglienza trionfale, avvenne al festival corale del 1847 a Birmingham in Inghilterra. La musica composta su questo libretto tedesco venne adattata alla traduzione inglese, preparata da William Bartholomew, sono quindi due le versioni: Elias, tedesca, ed Elijah, inglese, di autenticità sostanzialmente uguale Gli accadimenti e i personaggi dell'Elias di Mendelssohn sono storici in gran parte. Il libretto di Schubring, basato su frasi e versetti biblici, è fedele alla traduzione di Lutero, che gli ascoltatori tedeschi protestanti sapevano a memoria.
Mendelssohn conosceva e aveva diretto alcuni oratori di Händel come Israel in Egypt, Judas Maccabeus, Messiah e poi per primo aveva riproposto nel 1829 la Passione secondo Matteo di Bach. Nel ricreare il genere Oratorio Mendelssohn ne rispettò, sì, le leggi esterne, ma lo rinnovò con sensibilità romantica, che sempre in Germania fu anche responsabilità storica di tecniche e di stili del passato, e con inoltre il sinfonismo, la vocalità lirica e l'impianto drammatico.
Elias è diverso da Paulus prima di tutto perchè manca il tradizionale elemento epico-narrativo, cioè lo storico, colui che racconta o spiega agli ascoltatori gli avvenimenti tra un episodio com'era nell’antica tradizione oratoriale, sia italiana sia tedesca, e la narrazione è affidata all’azione drammatica, come avviene in Händel. Coerentemente con l’impostazione drammatica, viene sviluppata di più la parte solistica delle arie, in modo da delineare i personaggi, anche se non mancano brani di riflessione religiosa.
L’argomento viene esposto in una sequenza di episodi, senza che vi sia una reale continuità drammaturgica. Nella prima parte la maledizione del profeta e la successiva siccità, poi la sua fuga ed il suo rifugiarsi dalla vedova, in seguito il ritorno alla vita del di lei figlio, invocato da Elias ed esaudito da Dio, in ultimo l’incontro dopo tre anni con il re Achab e la sfida vinta contro i sacerdoti di Baal. Nella seconda parte la sua fuga, perché avvisato da Obadia, che la regina Jezabel lo ha condannato a morte, l’incontro con l’angelo che invia al monte Oreb dove Dio si manifesterà, poi Elias continuerà ad annunciare il messaggio di Dio fino alla sua ascesa in cielo.
L’apertura dell’oratorio è originale: Elias scaglia la sua maledizione, con grande impatto drammatico, rinforzato dal timbro scuro delle trombe e subito dopo c’è la splendida ouverture. Il coro, come in Händel, è protagonista. Potentissima nella sua drammaticità la scena in cui Elias sfida i sacerdoti di Baal. Nella seconda parte è molto coinvolgente la narrazione del coro della venuta di Dio, la musica evoca il vento e la tempesta, il terremoto ed il mare; il fuoco ed infine il soffio attraverso cui la divinità si manifesta. Non si può in pagine come questa, non ricordare la lezione di Händel dell'Israel in Egypt, rivissuta in modo creativo e originale da Mendelssohn, che utilizza diverse forme corali a seconda della necessità, dal corale luterano (n°5 e 15) al doppio quartetto (n°7); e al terzetto a cappella (n° 28).
Ottimo il livello del quartetto vocale: il baritono Michael Nagy ha validamente sostituito Christian Gerhaher, si è calato nel ruolo di Elia interpretandone intensamente sia il furore che lo smarrimento, Emily Pogorelc ha una chiara voce sopranile e ha assolto con efficacia il ruolo della Vedova, Wiebke Lehmkul, contralto brunito e vellutato con temperamento drammatico è stata la Regina, Pene Pati, che ha interpretato Obadia e Achab, ha morbida e lirica voce tenorile.
L’Oratorio pone numerose difficoltà esecutive che sono state risolte brillantemente nella splendida direzione del direttore il russo Maxim Emelyanychev, pianista, clavicembalista e cornista. Emelyanychev, che ha studiato direzione con Gennadij Roždestvenskij e ha avuto una esperienza di musica barocca nel Pomo d’Oro, è il vincitore del premio Herbert von Karayan 2025. Emelyanychev, è stato già ospite all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, e come fece nel Concerto Imperatore di Beethoven ha inserito in orchestra trombe e corni naturali che hanno arricchito i colori dell’orchestra. Inoltre le scelte ritmiche, agogiche e dinamiche, hanno reso l’esecuzione dell’Elias entusiasmante e coinvolgente.
L’Orchestra da camera Mahler è una compagine di livello notevole, con eccellenti prime parti e ha seguito perfettamente le indicazioni del direttore. Altrettanto prestigioso è il Coro della Radio Bavarese diretto da Howard Arman, intonazione perfetta, capacità di modulare l’emissione dal forte al pianissimo con suoni cristallini e quasi trasparenti, impalpabili. Alcune soliste del coro Magdalena Dijkstra, Ursula Thurmair, Veronika Sammer, Barbara Fleckenstei, Simona Brüninghaus si sono distinte come voci soliste e così Felix Hofbauer del Tölzer Knabenchor, come Angelo. Lungamente applauditi dopo la prima parte al termine tutti gli interpreti sono stati accolti da una incandescente ovazione.
Il giorno dopo, il 19 aprile, il concerto ha visto sempre tra i protagonisti l’eccellente Mahler Chamber Orchestra diretta dal bravo Gianandrea Noseda. In programma la Suite n. 1 del Peer Gynt opera. 46 di Edvard Grieg, il Concerto per violino in re maggiore op. 35 di Čajkovskij con Augustin Hadelich e la 9a Sinfonia in mi bemolle maggiore op. 70 di Dmitrij Shostakovich. Nella suite delle musiche di scena che Grieg scrisse per il Peer Gynt di Henrik Ibsen Noseda ha ben evidenziato i diversi colori drammatici del brano e la sua esecuzione è stata molto appludita.
Augustin Hadelich, nato in Italia da genitori tedeschi, si è formato alla Julliard School di New York, ormai affermato è considerato tra i maggiori violinisti ed è stato un esaltante interprete del celeberrimo concerto. L’intesa di Noseda con Hadelich è stata attenta e armoniosa a esaltare le intenzioni del violinista e del compositore Hadelich è in possesso di una formidabile tecnica che gli permette di affrontare con elegante facilità le insidie, senza per questo mettere in secondo piano la liricità e il respiro delle frasi musicali. Fa cantare il suo Guarneri del Gesù del 1744, Leduc ex Szeryng prestato da Tarisio Trust, da cui trae suoni pensosi, meditativi, soavi ma anche luminosi, impetuosi e travolgenti. Già al termine del virtuosistico primo movimento è scoppiato irrefrenabile, uno scrosciante applauso e al termine del brano è esploso un incontenibile entusiasmo con ripetute chiamate. Come bis Hadelich ha suonato un suo arrangiamento di "Por Una Cabeza" di Carlos Gardel.
La 9a Sinfonia in mi bemolle maggiore op. 70 nacque come terza parte dì una trilogia per celebrare le sofferenze, lo sforzo e la vittoria del popolo sovietico nella guerra contro la Germania nazista. La sinfonia, la più breve di Shostakovich, è cinque brevi movimenti, i due lenti sono caratterizzati da un lirismo drammatico mentre l'Allegro iniziale, è un fragoroso sberleffo, lo Scherzo e l'Allegretto finali sono improntati a un gaio neoclassicismo che evoca Strawinsky e Prokofiev ed è denso di umorismo ironico. Sono caratteristiche che attirarono molte critiche all’autore che del resto le aveva previste: “i musicisti avrebbero provato piacere a suonarlo ed i critici si sarebbero deliziati a stroncarlo.”
Noseda ha interpretato i diversi brani evidenziandone le caratteristiche con una direzione appassionata e coinvolgente, attento ai diversi colori e timbri. La sua direzione ha dato respiro alle frasi musicali liriche e drammatiche ed è stata impetuosa con grande attenzione ai ritmi incalzanti di Shostakovich, ne ha sottolineato l’aspetto giocoso e umoristico. Festose e rumorose ovazioni sono state tributate all’orchestra e a Gianandrea Noseda.
Il successivo 20 aprile ha visto il cambiamento dell’orchestra, è subentrata l’Orchestra Sinfonica della Radio Finlandese, una buona orchestra, che è stata diretta da Esa-Pekka Salonen nella Seconda Sinfonia in Do minore “Resurrezione” di Gustav Mahler. Negli anni della composizione della sinfonia fu centrale nel pensiero di Mahler il superamento dell'antitesi fra "musica pura", con l'equilibrio delle grandi forme ereditate dal classicismo e la "musica a programma" basata su un percorso letterario o ideale. Mahler nel mondo sinfonico si muove in direzione della ricomposizione di questa antitesi, o meglio del suo superamento. L'idea di Mahler nella Seconda Sinfonia è di un percorso che porta dalle esequie alla Resurrezione, esplicitata con l'intervento corale sul testo di Klopstock, nel quinto e ultimo movimento, percorso sviluppato nei tre movimenti intermedi, con il desiderio di "ritornare a Dio" del Lied con il testo tratto da "Die Wunderhorn" di Ludwig Achim von Arnim e Clemens Brentano.
La sinfonia di Mahler è sicuramente una composizione molto complessa da eseguire, ma la direzione della di Salonen non ci ha convinti ci è sembrata non ispirata, la variegata tavolozza timbrica appiattita, opaca e in certi momenti l'esecuzione noiosa. Cantavano il soprano Julie Roset e il contralto Jasmin White, sempre impeccabili e puntuali gli interventi dell’ottimo Coro della Radio Bavarese diretto da Howard Arman. L’esecuzione è stata lungamente applaudita.