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Osterfestspiele Salzburg 2025. Kovàncina in rilettura electro
L’avvenimento più atteso del Festival di Pasqua di Salisburgo 2025 è stata la messa in scena della Kovancina di Modest Musorgskij, che rappresenta una sfida, per le scelte che impone, musicali al direttore e per la sua complessità drammaturgica al regista. Esa-Pekka Salonen ha diretto l'Orchestra Sinfonica della Radio Finlandese e Simon McBurney ha curato la regia e la coreografia. Questo articolo è riferito alla recita del 21 aprile.
La genesi di Kovàncina è stata lunga e sofferta per Musorgskij, durò dal 1872 fino al 1880 ad un anno dalla sua morte ed è rimasta incompiuta. Come il Boris Godunov è un’opera dal contenuto storico in una visione prettamente politica, il compositore ha scritto anche il libretto in cui ha condensato, con molti tagli e ripensamenti, alcuni degli avvenimenti tra il 1682 e 1689 che hanno preceduto la presa di potere di Pietro il Grande.
Per dare un rapido e sintetico quadro storico, quando Pietro era molto piccolo ci furono varie lotte per il potere e anche diverse visioni politiche su come gestirlo. Il principe Ivan Khovanskij per impossessarsi del potere usava gli Strelzi, che comandava, e appoggiava i vecchi credenti che vedevano in Pietro l’Anticristo per la sua apertura alla cultura europea. La zarevna Sofia, sorellastra di Pietro e reggente durante la minore età del fratello, appoggiata dal patriarca di Mosca e con il sostegno del suo amante, il principe Vassilij Golitsyn, propugnava l’adozione di un modello europeo.
Quando Pietro regnò, adottò una visione imperialista di tipo europeo, che rappresentò un cruciale cambiamento nella storia russa ed europea. Promosse la creazione di un esercito e una flotta su modello europeo, che mosse prima contro l’impero turco per l’accesso al Mar Nero e quindi al mare Mediterraneo, di cui la Crimea è un punto nevralgico, ma fu conquistata solo durante il regno di Caterina II dal generale Orlov. L’altro obiettivo della sua politica imperialista a occidente fu il mar Baltico, per questo fu edificato un nuovo porto: San Pietroburgo. Il pericolo prima sottovalutato fu compreso dal re di Svezia Carlo XII che invase la Russia, ma il suo poderoso esercito fu annientato con la stessa tattica, la terra bruciata, con cui furono poi annientati gli eserciti francese e tedesco.
Abbiamo fatto questa digressione storica per comprendere il perché della scelta di Mussorgsky di questo periodo decisivo per la storia russa. Il compositore non si schiera tra le due visioni perché prende le parti del popolo ritenendo che sia sempre vittima dei potenti e come tale lo aveva già rappresentato nel personaggio dell’Innocente del Boris Godunov.
Tra i personaggi dell’opera ci sono quelli storici: il principe Ivan Khovanskij con il figlio Andrej, il principe Vassilij Golitsyn e il boiardo Schaklovityi che denuncerà a Pietro il complotto di Khovanskij, gli Strelzi, il corpo di guardia imperiale creato da Ivan detto Il Terribile, e il reggimento Preobrazenskij, creato da Pietro per difendersi dai continui complotti in cui i suoi nemici usavano gli Strelzi. I principali personaggi inventati e molto amati da Mussorgsky sono di straordinaria efficacia drammaturgica: Marfa, la vedova innamorata di Andrej e appartenente ai vecchi credenti, e Dosifej, il capo dei vecchi credenti.
Il primo atto si apre proprio con la denuncia di Schaklovity scritta da uno scriba pubblico e la rappresentazione delle prevaricazione e delle violenze degli Strelzi e dei Khovanskij, Emma, giovane tedesca, insidiata da Andrej viene difesa prima da Marfa e poi da Dosifej. Nel secondo atto, che Musorgskij definì “chiave di volta del dramma intero” in una lettera a Stasov del 16 agosto 1876, il principe Golitsyn, che non crede a quello che Sofia gli scrive, nonostante si atteggi a europeo evoluto convoca Marfa affinché gli predica il futuro.
Marfa guarda nell’acqua e gli predice l’esilio, cosa che avverrà storicamente per volere di Pietro, appena la donna esce Golitsyn, furioso, ordina di ucciderla. Arriva Ivan Khovanskij e tra i due si svolge un aspro confronto che viene pacificato dall’intervento di Dosifei. Sopraggiunge Marfa che accusa Golitsyn di averla voluta uccidere e solo l’intervento dei Petrovskij l’ha salvata cosa che stupisce gli astanti. Arriva Schaklovity che li informa della lettera anonima contro Ivan Khovanskij giunta a Pietro, che avrebbe commentato "kovancina", cioè una bravata dei Khovanskij, e ha ordinato di indagare.
Nel terzo atto Marfa canta una canzone d’amore davanti alla casa di Andrej e viene insultata dalla vecchia Susanna, ma poi difesa da Dosifei. Gli Strelzi sono rimproverati per la violenza e i tradimenti dalle mogli, sopraggiunge lo scriba con la notizia che il reggimento Preobrazenskij ha sconfitto gli Strelzi. I presenti sono spaventati ma Ivan Khovanskij li rassicura.
Nell’atto successivo Ivan Khovanskij è nella sua casa, arriva Varsonovev, mandato da Golitzyn ad avvertire il principe che la sua vita è in pericolo ma Khovanskij lo scaccia e ordina alle schiave persiane di danzare per lui. È il famoso Intermezzo sinfonico orchestrato da Rimskij-Korsakov su richiesta di Mussorgskij. Arriva poi Schaklovity che annuncia a Ivan Khovanskij che la zarina Sofia lo attende per un consiglio di stato, inorgoglito dall'invito, si prepara a partire, ma un sicario lo pugnala.
Nel secondo quadro dell'atto ambientato sulla piazza davanti alla chiesa di San Basilio sfilano Golitzyn e i suoi seguaci, condannati all'esilio. Marfa comunica a Dosifej che il gran Consiglio ha sancito di uccidere i Vecchi Credenti, Dosifej dichiara che essi si immoleranno sul rogo piuttosto che cadere in mano dei nemici, e chiede a Marfa di preparare anche Andrej all'estremo sacrificio. Arriva Andrej in cerca di Emma, ma Marfa gli comunica che la ragazza si è sposata felicemente. Andrej inveisce contro la donna e, ancora ignaro dell'assassinio del padre, chiama gli Strelzi perché la uccidano, ma non ottiene risposta ai ripetuti richiami del suo corno. Arrivano poi gli Strelzi, con i ceppi al collo, seguiti dalle mogli che li beffano. Andrej implora Marfa di salvarlo. Sopraggiungono i Preobrazenskij e annunciano la decisione degli zar Ivan e Pietro di concedere la grazia agli Strelzi.
L'ultimo atto si svolge nell'eremo dei Vecchi Credenti che si preparano al rogo si leva la voce di Dosifej che prega, Marfa invoca la pietà di Dio per l'anima di Andrej, che canta, desolato, il suo amore per Emma. Marfa, rievocando una melodia dell'atto precedente, intona un suggestivo 'requiem d'amore' e attira Andrej verso il rogo, insieme ai Vecchi Credenti, che si immolano.
Prima di morire Musorgskij aveva lasciato l’opera completata nella versione per canto e pianoforte, a eccezione di alcuni collegamenti tra scena e scena e dei finali del secondo e quinto atto con il coro finale dei Vecchi Credenti arsi sul rogo, di cui ha lasciato alcuni appunti anche con indicazioni riguardanti la strumentazione.
Kovancina venne orchestrata da Rimskij-Korsakov, amico di Musorgskij, che aveva approvato l'orchestrazione che aveva chiesto a Rimskij-Korsakov per le Danze persiane, nel quarto atto. Inoltre in una lettera a Stasov del 16 agosto 1876 il compositore scrisse che il quintetto conclusivo del secondo atto l'avrebbe scritto a Pietroburgo, sotto la guida di Rimskij-Korsakov, a causa delle complesse esigenze tecniche, dovute alla presenza di un contralto, un tenore e tre bassi. Questa versione, pubblicata nel 1883 contribuì alla sua diffusione, nel 1886 andò in scena al Teatro Konovov di Mosca con una compagnia di dilettanti, ma solo nel 1911 fu ripresa pubblicamente al Teatro Imperiale di Pietroburgo per l'interessamento del grande cantante Shaljapin, che interpretava la parte di Dosifej.
Rimskij-Korsakov fu un grande orchestratore ma, come per il Boris Godunov, non comprese le intenzioni dell’amico che sperimentava nuove soluzioni armoniche e timbriche anche dure, per ottenere un colore cupo e tragico. La versione di Rimskij-Korsakov non solo ha tagli significativi, più di ottocento battute, ma anche colori brillanti anche nella scena finale dove finisce con un’apoteosi finale mentre Musorgskij voleva che la musica si spegnesse.
Nel 1913, Djagilev inserì nella sua stagione russa Kovancina con alcune parti orchestrate da Stravinskij e Ravel e, ancora, Shaljapin nei panni di Dosifej. Successivamente nel 1931, Pavel Lamm curò l'edizione dell'opera omnia di Musorgskij e stampò lo spartito della Kovancina mantenendosi fedele all'originale. Il 25 novembre 1960 andò in scena al Teatro Kirov di Leningrado l'orchestrazione-ricostruzione di Shostakovic, ora considerata la più rispettosa delle intenzioni di Musorgskij. Nel 1976 l’edizione critica curata da Pavel Lamm è stata rivista secondo le fonti originali, cosa che ha permesso di analizzare l’intervento di Shostakovic per quanto riguarda la strumentazione.
I finali del secondo e quinto atto furono completati da Shostakovic con riprese di altri punti dell'opera. La Marcia dei Petrovski al secondo atto anticipa la scena del perdono, alla fine del quarto atto, invece dell'accordo inquietante che sfuma nel pianissimo indicato da Musorgskij nello spartito per pianoforte. Nel Finale Shostakovic ha usato L'alba sulla Moscova dall'introduzione del primo atto. Stravinskij ha invece concepito il finale sulla scorta degli appunti originali di Musorgskij, inserendo un corale, un Largo il cui tema è costituito da un canto popolare russo indicato dal compositore, e associato a una rievocazione del motivo dell'introduzione al quinto atto.
Su questo si è basata l’esecuzione di Vienna nel 1989 di Claudio Abbado che in una intervista a Sergio Sablich ha spiegato come ha concepito l’esecuzione della Kovancina, intervista che abbiamo consultato per scrivere questo articolo.
Da quanto precede si evince quanti problemi pongano l’esecuzione musicale e la messa in scena della Kovancina cominceremo dall'edizione che è stata presentata a Salisburgo, una nuova versione, arrangiata e orchestrata da Dmitri Shostakovich, con ulteriore editing e arrangiamenti di Gerard McBurney e il finale corale di Igor Stravinsky. Gerard McBurney, fratello del regista, ha inserito in vari punti brani di musica elettronica in quanto secondo la sua opinione erano necessari come raccordi tra le scene e gli atti e anche nel finale, opinione condivisa dal direttore Esa-Pekka Salonen e dal fratello.
È vero che molti compositori sono intervenuti con le loro idee sull’opera, ma all’ascolto, almeno per noi, questi inserti si sono rivelati monotoni e fastidiosi specialmente nello splendido finale creato da Stravinskij, la cui geniale indole creativa di sperimentatore lo portò a comprendere le intenzioni di Musorgskij anche piu' di Shostakovich.
La direzione di Esa-Pekka Salonen ha avuto luci e ombre, forse l’orchestra non ha saputo seguire appieno le sue intenzioni, ma in certi momenti i timbri erano opachi e l’esecuzione anche piatta e tediosa. Il Coro ha una parte molto importante in cui si sono ben disimpegnati nell’esecuzione vari cori: il Coro Filarmonico Slovacco, diretto da Jan Rozehnal, il Coro Bach di Salisburgo, diretto da Michael Schneider e il Coro dei bambini del Festival e del Teatro di Salisburgo, diretto da Wolfgang Götz e Regina Sgier.
Due sono i personaggi amati da Musorgskij: Marfa e Dosifei che giganteggiano nell’atto finale. Nadezhda Karyazina, che ha vinto il premio Karajan, come Marfa è stata la trionfatrice della serata, si è calata con passione in questo personaggio cupo, veemente e sofferto, che richiede anche intensi passaggi lirici. Karyazina ha un bel timbro scuro di contralto e si impone scenicamente anche con la voce, inoltre si è mossa con scioltezza nelle diverse scene dando ulteriore profondità al personaggio. Natalia Tanasii è stata una Emma efficace dal bel timbro limpido sopranile e a suo agio nel ruolo anche in scena, Susanna ha una parte breve ma importante in cui il soprano, Allison Cook si è ben disimpegnata sia vocalmente che scenicamente.
Un po’ eludente il Dosifej di Ain Anger, poco autorevole nell’imporsi in scena per il volume non adeguato e che ci è parso non a suo agio in questa difficile parte di basso profondo, soprattutto nella emissione delle note gravi. VitalijI Kovaljow invece è stato un convincente Ivan Khovanskij, ha una potente e bronzea voce di basso profondo con cui ha ben disegnato questo personaggio arrogante, corrotto e cialtrone. Daniel Okulitch si è calato efficacemente nella parte dell’inquietante boiaro Schaklovityi non solo vocalmente ma anche scenicamente sottolineando le ambiguità della parte.
Per le parti tenorili Wolfgang Ablinger-Sperrhacke come scriba, è stato molto convincente nel dipingere la paura e la sottomissione ai potenti del personaggio, Matthew White è stato Golitsyn, un ruolo in cui si è ben calato nello scontro con Khovanskij, meno convincente e opaco l’Andrej Khovanskij di Thomas Atkins, bene come Varssonofjew Rupert Grössinger, come Kuska Theo Lebow e come Strezhnev Daniel Fussek.
Della regia e coreografia si è occupato Simon McBurney con l’ausilio di Leah Hausman mentre la drammaturgia è stata curata con la consulenza di Gerard McBurney, fratello del regista e di Hannah Whitley. La regia con l’ausilio prezioso delle luci di Tom Visser, è stata accurata soprattutto nel movimento scenico delle masse, cospicue, e dei protagonisti e anche nella realizzazione delle Danze persiane. L’attualizzazione ormai di rigore in quasi tutti gli allestimenti operistici non è stata d’aiuto a chiarire lo svolgimento degli avvenimenti di per sé già molto complicati, tra le idee del regista non si capisce perché Ivan Khovanskij debba essere ucciso nella vasca da bagno come Marat, uccisione ricordata nel dipinto di David. Il colpo d’ala della regia è stata il finale con una scena del rogo potentemente evocativa e tragica. Lo spettacolo ha riscosso un grande successo con ovazioni e ripetute chiamate alla ribalta.
Concludiamo con una grande notizia: ritornano al Festival di Pasqua i Berliner guidati da Kirill Petrenko. Il programma previsto dei titoli d’opera nei prossimi cinque anni prevede: Il Ring di Wagner, con un dramma musicale all'anno, intervallato dopo da la Walkiria dal Moses un Aron di Arnold Schönberg. Il motivo sono i lavori alla Großes Festspielhaus, infatti per L’oro del Reno, il prossimo anno sono previste tre recite alla Felsenreischule, mentre i concerti si svolgeranno alla Großes Festspielhaus. Petrenko dirigerà la sinfonia n°8 di Mahler e Harding La Creazione di Haydn. Il prologo alla prima giornata di Der Ring des Nibelungen, ovvero Das Rheingold, nel 2026 sarà diretto da Petrenko mentre dell'intera Tetralogia nella sua messinscena, anno dopo anno, sarà curata da Kirill Serebrenikov.