In un panorama ormai saturo di thriller d'azione e spionaggio dai protagonisti iper-addestrati e impenetrabili, Operazione Vendetta si impone come una rilettura intima e umanissima del genere. La differenza con altri film del genere sta nel fatto che qui vediamo in scena non un aspirante "eroe", ma un agente secreto per vocazione, che però diventa una sorta di anti-eroe per consumare una vendetta che sente moralmente "giusta". Il film intreccia il dramma del lutto con la tensione della caccia all'uomo stile un po' bounty killer, un po' vigilante, ponendo al centro della narrazione un nerd più che uno 007: vulnerabile, eppure determinato e dalla mille risorse. Diretto da James Hawes e interpretato magistralmente da Rami Malek, il film si ispira al romanzo di Robert Littell The Amateur, risalente al 1981, da cui venne tratto un film diretto da Charles Jarrott, con protagonista John Savage. Ma il nuovo film (che in originale si intitola anch'esso The Amateur, letteralmente Il dilettante) propone un finale alternativo e ne espande la portata tematica e psicologica grazie a una regia sobria e a una sceneggiatura sfumata firmata da Ken Nolan e Gary Spinelli.
Charlie Heller (Rami Malek) è un analista informatico della CIA, esperto di crittografia e sicurezza (un po' un Alan Turing in sedicesimo), un uomo che trascorre le giornate nei sotterranei della città di Langley, in Virginia, sede della CIA, lontano dai riflettori e dalle armi da fuoco. La sua vita cambia radicalmente quando la moglie Sarah (Rachel Brosnahan), attivista per la giustizia climatica, viene brutalmente uccisa nel corso di una serie di attentati terroristici a Londra. Di fronte all'inerzia dell'agenzia e all'indifferenza delle istituzioni, Heller si trasforma in una sorta di "dilettante della vendetta", costretto a fare affidamento esclusivamente sulla propria intelligenza e ostinazione.
Tuttavia, Operazione Vendetta non è un film che cede subito alla tentazione delle scorciatoie narrative con cui di solito un ragazzo mingherlino e pacifico viene trasformato in macchina da guerra con un duro addestramento. Hawes e Malek costruiscono invece un personaggio che si evolve interiormente, non per addestramento, ma per consunzione emotiva, dolore e tenacia. Heller è l’antitesi di agenti speciali come Jason Bourne: non è ben addestrato, non è molto forte, non è agile. Ma è capace di penetrare i sistemi, eludere la sorveglianza, manipolare i dati. La sua vendetta sarà frutto della logica pura, calcolata, cerebrale. E il film diventa così un'analisi del potere della mente, quando tutto il resto è fallito.
Rami Malek conferisce al personaggio una profondità rara, esprimendo con sguardi, posture e silenzi la trasformazione psicologica di un uomo distrutto. Lontano dal virtuosismo drammatico, Malek opta per una recitazione introspettiva, spesso trattenuta, che cattura l'essenza di un lutto muto e corrosivo. La sua interpretazione è supportata da una regia che privilegia i dettagli: uno sguardo nella penombra, una tastiera battuta con furia, un respiro affannato nel silenzio.
Il cuore emotivo del film è la relazione con Sarah, tutta giocata sull'assenza fisica e sulla presenza mentale: assenza fisica perché la donna muore all'inizio della storia; presenza mentale perché continua a sussistere a guisa di una continua ossessione. Brosnahan costruisce un personaggio credibile e toccante in poche scene, incarnando la luce che Heller non riesce più a vedere. Il loro amore era fatto di piccoli gesti, ironia condivisa, battute sussurrate (ricorda un po' la relazione tra l'agente del SISMI Nicola Calipari e sua moglie nel film Il Nibbio), ed è mostrato come qualcosa di normale e profondamente reale. La perdita, quindi, è tanto più devastante proprio perché il film non mitizza l'amore, ma lo mostra nella sua quotidianità.
Il viaggio di Heller attraversa ambienti globali, da Madrid a Parigi, da Marsiglia a Istanbul, ma è sempre la sua interiorità a essere sotto la lente. Le scene d'azione ci sono, ma sono credibili e contenute, mai spettacolari o coreografate. Heller non combatte quasi mai: agisce, evade, sopravvive. In questo senso, la scelta di James Hawes di evitare gli stilemi hollywoodiani si rivela vincente. Il regista lavora sul ritmo psicologico più che su quello fisico, sostenuto da un montaggio rigoroso e da una fotografia fredda, quasi clinica, che sottolinea l'alienazione del protagonista.
Il cast secondario è formidabile. Caitríona Balfe offre un’interpretazione intensa nel ruolo di Inquiline, una hacker solitaria che diventa interlocutrice e bussola morale di Heller. Laurence Fishburne è imponente e umano nel ruolo scomodo dell'ex colonnello Henderson, mentore riluttante ma incisivo. Holt McCallany, Julianne Nicholson, Jon Bernthal e Michael Stuhlbarg costruiscono personaggi complessi, ognuno con un proprio codice etico, contribuendo alla coralità del racconto.
Un elemento distintivo del film è il rifiuto di facili dicotomie morali. Heller agisce nel nome della giustizia, ma alla fine si sporca le mani. I vertici della CIA, pur cinici, sono talvolta costretti a scelte che rivelano un grigiore etico deludente. La domanda che il film pone non è semplicemente "la vendetta è giusta o sbagliata?", ma piuttosto: "quale prezzo ha la giustizia privata in un sistema che si pretende imparziale, ma è spesso cieco?"
Il dolore di Heller è reso senza retorica, attraverso frammenti: un gesto interrotto, un messaggio mai letto, una foto sullo sfondo. La vendetta non è mai purificatrice, ma progressivamente corrosiva. La climax non sarà una prevedibile sparatoria finale, ma una presa di coscienza che diventa quasi una catarsi: anche se riuscisse a uccidere tutti i responsabili, Sarah non tornerebbe.
Se dovessimo confrontarlo con altri film di spionaggio, certo non lo paragoneremmo con pellicole dal paradigma iper-cinetico à la Jason Bourne o à la James Bond. Il film si avvicina semmai a Munich (2005, diretto da Steven Spielberg), che affronta la vendetta come impresa morale e spirituale, destinata a lasciare l’individuo svuotato più che redento. Come il protagonista Avner, anche Heller attraversa un itinerario tragico, in cui l’atto vendicativo non chiude la ferita, ma la approfondisce.
Collegamenti:
[1] https://www.gothicnetwork.org/immagini/operazione-vendetta
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