Teatro Quirino. Ovadia mette in scena l'Inganno del Potere

Articolo di: 
Livia Bidoli
Assassinio nella cattedrale

Il dramma di Thomas Stearns Eliot, Murder in the Cathedral, Asssssinio nella cattedrale, fu scritto e poi performato nello stesso anno nella cattedrale di Canterbury: era il 1935, a sette secoli di distanza dal sanguinoso assassinio dell'Arcivescovo di Canterbury Thomas Becket durante i Vespri. Moni Ovadia ha presentato lo spettacolo al Teatro Quirino insieme a Marianella Bargilli e con la regia di Guglielmo Ferro dal 13 al 18 febbraio.

Appena trascorso il Mercoledì delle Ceneri del 14 febbraio, quest'anno corrispondente a San Valentino, ed Ash Wednesday, che precede Murder in the Cathedral di 5 anni, è una poesia di Eliot che recita: “Sotto un ginepro le ossa cantarono, disperse e rilucenti”. Si approssima a “morire” metaforicamente sul palco Moni Ovadia, impersonando il guerriero cattolico d'Albione, Thomas Becket, che si fece martire per difendere l'atuonomia della religione dalla poltica, allora con l'effigie di Re Enrico II.

Tre donne, una sorta di coro greco cui aveva pensato Eliot nella progettazione del dramma, si lamentano di essere senza Arcivescovo da 7 anni (nel testo originale Eliot dà il numero di 7, in realtà sono sei, dal 1164 al 1170): Thomas Becket si è rifugiato in Francia dopo essersi rifiutato di firmare e consentire alle Costituzioni di Clarendon (1164) che conferivano al re di applicare la Common Law (la legge inglese) anche al clero, impedendo allo stesso tempo all'Arcivescovo ed al papa di scomunicare i nobili macchiatisi di crimini contro la chiesa.  
L'Arcivescovo sta per rientrare il 2 dicembre 1170, comunica un sacerdote, preoccupato che verrà martirizzato per la sua opposizione al re ed alle sue leggi: entra lo statuario Moni Ovadia, stagliandosi come un eroe, e rendendo chiara la sua volontà di sacrificio: “Cercate la via del martirio, fatevi il più basso in terra, per essere più alto nel cielo.” (testuale come nell'originale, trad. mia).

Il numero tre torna di nuovo con i tre Tentatori (nell'originale sono quattro), emblemi della politica corrotta che crede tutti schiavi per pochi (o molti) soldi: ricordano a Becket quando era giovane e compagno di goliardìa di Enrico II ed era suo cancelliere e consigliere.Il terzo Tentatore (il Quarto nell'originale tradotto da Giovanni Castelli) asserisce:

Voi sapete, e non sapete:
cosa sia l’agire ed il soffrire.
Voi sapete, e non sapete:
che l’agire è soffrire,
ed il soffrire è anche agire.
Anche se colui che agisce non soffre,
e non agisce spesso chi soffre.
Ma entrambi restano fissi
nell’eterno agire, nell’eterno soffrire,
cui dobbiamo ognuno di noi consentire,
affinché sia da tutti voluto:
e il soffrire, e l’agire;
onde possa il disegno divino aver consistenza;
difatti è disegno divino: l’agire ed il soffrire,
onde possa, girare la ruota divina,
e, ciò nonostante, per sempre restare immota.

La vita dell’uomo è un’illusione, un inganno.
Tutte le cose sono irreali illudenti e irreali.
Tutte le cose diventano sempre meno reali;
L’uomo passa da una realtà ad un’altra.

Ecco, il discorso dei Tentatori, è riassunto da Becket in un assioma tanto attuale quanto condannatore della poca eroicità dell'uomo, e fa raggelare:

L'umanità sopporta solo piccole porzioni di realtà.

Il Becket che presenta Eliot tramite Ovadia è quello del “tempo irredimibile” dei Quattro Quartetti (1936, il verso proviene dal primo dei Quartetti, Burnt Norton, il cui nome proviene dal nome di una villa visitata con la sua musa Emily Hale nell'area di Cotswolds proprio nel periodo in cui stava scrivendo Assassinio nella cattedrale, successivo alla sua conversione all'Anglicanesimo (1927)

A quaranta giorni da Pasqua, il mettere in scena un dramma simile, che anche Ildebrando Pizzetti mise in musica nel 1958, con la première al Teatro alla Scala di Milano ha un senso cristico: Becket asserisce in primis che “il soffrire è azione”. Quell'azione che gli fa urlare ai sacerdoti “aprite le porte!”, loro lo vogliono difendere dai tre cavalieri (nell'originale quattro) inviati da Enrico II a pugnalarlo dentro la Cattdrale di Canterbury, durante i Vespri del 29 dicembre 1170. Assimilabili ai tre tentatori, i cavalieri si difendono con l'infingimento, le apologie, la manipolazione dei fatti: il potere che si arroga il diritto di uccidere come “atto di stato e a sua difesa”, che testimonia democrazia mentre impone la costrizione, quell'ipocrisia serpeggiante nelle parole cui si oppone il coro delle donne, della gente comune che, allora, per timore di un'insurrezione popolare, costrinse il Re Enrico II a far atto di contrizione di fronte al popolo facendosi frustare.
Quando il popolo si renderà conto del proprio potere di fronte alle dittature, trasparenti oppure no?

L'ultima voce è quella del suono, il cantico di uno dei compositori piu' spiritualmente devoti all'autenticità del nostro secolo: Arvo Pärt, nato a Paide in Estonia nel 1935, vivente, che ha composto questo canto sillabico su una nota per organo e voci, da una poesia di Robert Burns scritta nel 1789, "My Heart is in the Highlands", dedicandola al controtenore dell'Hilliard Ensemble David James. Ne annotiamo gli ultimi quattro versi:

My heart's in the Highlands, my heart is not here,
My heart's in the Highlands a-chasing the deer
Chasing the wild deer, and following the roe;
My heart's in the Highlands, whereever I go.

Il mio cuore è sugli altopiani, il mio cuore non è qui,
Il mio cuore è sugli altopiani a cacciare il cervo
A cacciare il cervo selvaggio, ed a seguire il capriolo;
Il mio cuore è sugli altopiani, ovunque io vada.

(Trad. mia.)

Pubblicato in: 
GN15 Anno XVI 18 febbraio 2024
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Quirino Vittorio Gassman
dal 13 al 18 febbraio
CTB Centro Teatrale Bresciano
Progetto Teatrando

MONI OVADIA
MARIANELLA BARGILLI
ASSASSINIO NELLA CATTEDRALE
(Murder in the Cathedral)
di Thomas Stearns Eliot
regia GUGLIEMO FERRO

Cattedrale di Canterbury, dal 2 al 29 dicembre 1170.
Sono gli ultimi giorni dell’Arcivescovo Thomas Becket, di ritorno dalla sua permanenza in Francia, trascorsi sette anni.