Supporta Gothic Network
Santa Cecilia. Roma da stupor mundi tra Respighi ed Ancarani
L'inaugurazione in tre giornate della nuova stagione dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma gli scorsi 12, 13 e 14 ottobre è stata dedicata alla Capitale: il film di Yuri Ancarani intitolato Roma, è stato al centro del concerto, proiettato sopra l'orchestra che eseguiva musiche di Respighi e Liszt. Sul podio il maestro ungherese Ivan Fischer a dirigere l'Orchestra mentre il Maestro Andrea Secchi ha condotto il Coro per due dediche poetiche di Liszt sempre alla città capitolina.
Un compositore come Ottorino Respighi, accademico di Santa Cecilia fino alla sua morte prematura nel 1936 (era nato nel 1879), è suggestivo, e con la sua Trilogia romana sembra un musico simbolista, un flâneur dei suoni ed inoltre omaggia la piu' bella città del mondo, la nostra Roma, eterna e immortale, con le sue tre dimensioni che si materializzano nei tre livelli di passato cui appartiene principalmente: romano, medievale e barocco. Una passeggiata tra le sue rovine, coi Pini di Roma (1924) in sottofondo, in un unicum chiuso alla fine dal Coro che canta l'antico poema medievale ed anomino O Roma nobilis su musica di Franz Liszt, all'organo ad libitum Silvio Celeghin.
La proiezione del film Roma di Yuri Ancarani, in questa prima parte, ho diviso la pellicola seguendo un l'andamento del concerto: la prima parte col sottofondo dei Pini e poi Liszt era molto memorialistica e si rivolgeva ad una grande Roma cnematografica e kolossal, con una certa malinconia di fondo, nonostante la grandeur della costruzione degli studios di Cinecittà, con la riproduzione financo di parte del Foro Romano e tanti centurioni in lotta al Colosseo.
La seconda parte è naturalisticamente meravigliosa, da stupor mundi: la ripresa in dettaglio delle Fontane di Roma (1917) che si screziano d'acqua nelle note di plurime percussioni, della celesta e di due arpe, nonchè dell'organo ad libitum, è poeticamente variopinta: sembra di sentire lo zampillìo delle goccioline che urtano il muschio e saltellano in alto tra i rilfessi di luce arcobaleno.
Il passaggio a Liszt ed al Coro che recita Dall'alma Roma per organo, è un breve intermezzo per giungere alle Feste Romane (1929), che riprendono due diversi personaggi: il primo è un buttero-cowboy che incontra il secondo, un giovane centurione romano in solitaria tra gli studios vuoti di Cinecittà, come a rimembrar una gloria antica. Il giovane cowboy gira tra le rovine ed il Ninfeo magnifico di Villa Adriana - sede di molti festival e concerti che ci auguriamo ritornino ad essere tenuti in quei luoghi d'estate -, per poi approdare negli studios ed avere una conversazione (per noi muta) con il giovane centurione. La rievocazione glorifica un passato di grande cinema italiano, quello tra anni '50, i kolossal cinematografici; e quello seguente, - anni sessanta e settanta - dei film spaghetti-western di cui regista principale è Sergio Leone.
L'ultimo scorcio di pellicola rivisita ed attualizza la triste e vuota Cinecittà - poi riaccesa dalle visite dei ragazzi e famiglie - e scorci su Fonatana di Trevi, Navona e Tritone con danzette di boys&girls un pò noiosetta, soprattutto in confronto all'intensa e suggestiva parte sulle Fontane di Roma; un pò didascalici i due "inni" di un Liszt versione "Abate" - il sommo magiaro ha sempre alternato sacro e profano! -.
Qualche taglio forse andava proposto alla durata, probabilmente per sincronizzarlo con la musica che, come mi ha scritto il regista Yuri Ancarani all'inizio del concerto che mi ha fatto una dedica con scritto: "A Livia, solo musica", è, anche per lui, prima e unica matrice di ispirazione, come è del tutto evidente dall'armonia tra suoni e visioni.