Supporta Gothic Network
Palazzo Braschi. Immagini fluttuanti dal Giappone
Il Museo di Roma a Palazzo Braschi accoglierà fino a domenica 23 giugno 2024 la mostra Il mondo fluttuante. Ukiyoe. Visione dal Giappone curata da Rossella Menegazzo. Al primo piano i centocinquanta capolavori dell’arte giapponese di epoca Edo, tra il Seicento e l’Ottocento, sono esposti in un allestimento che evoca sapientemente l’atmosfera raffinata e intrigante della vita di quel periodo.
La mostra è incentrata sull’espressione artistica più innovativa dell’epoca e ancora oggi più conosciuta, ammirata e fonte di ispirazione: l’ukiyoe, traducibile letteralmente come “immagini del mondo fluttuante” (uki, fluttuante, yo, mondo terreno, e, immagine dipinto). Un genere pittorico nato in epoca Edo (1603-1868) che include rotoli da appendere e da srotolare tra le mani, ma anche paraventi di grande formato, dipinti a pennello su seta o carta, oltre a stampe, singole o organizzate anche in più scene, trittici, realizzate in policromia con matrice in legno su carta.
Le opere in mostra propongono una panoramica dei più importanti maestri dell’ukiyoe, oltre 30 artisti, a partire dalle prime scuole seicentesche come la Torii fino ai nomi più noti di Kitagawa Utamaro, Katsushika Hokusai, Tōshusai Sharaku, Keisai Eisen e all’ apice rappresentato dalla grande scuola Utagawa con Toyokuni, Toyoharu, Hiroshige, Kuniyoshi, Kunisada.
L’esposizione si avvale soprattutto delle collezioni lasciate da due artisti italiani, lo scultore Vincenzo Ragusa e l’incisore Edoardo Chiossone, che furono invitati dal governo giapponese Meiji di fine Ottocento come formatori e specialisti nei primi istituti di grafica e arte, collezioni che testimoniano l’influenza esercitata dall’arte giapponese e dall’ukiyoe sulla cultura occidentale di fine Ottocento e inizio Novecento.
All’inizio della mostra, che si articola in un percorso di sette sezioni, un breve filmato illustra la tecnica dell’ukiyoe, importata dalla Cina, che mostra i diversi passaggi richiesti dalla produzione delle immagini che richiedono: pittori, intagliatori, stampatori, calligrafi, che lavoravano in un atelier diretto da un editore che finanziava il progetto, scegliendo gli artisti e i soggetti. Inoltre spesso aveva un ruolo importante per suggerire quegli accorgimenti che permettevano di aggirare la censura e mettere in vendita le opere.
Le immagini offrono una visione della vita e degli interessi degli abitanti nelle città, in particolare a Edo poi chiamata Tokio, durante quel lungo periodo di pace, di circa duecentocinquant’anni sotto il governo militare dei Tokugawa, che favorì grandi cambiamenti sociali, economici che sostennero lo sviluppo delle arti. Il periodo di isolamento finì a partire dalla metà dell’Ottocento con la riapertura forzata del Giappone agli scambi con le potenze occidentali, imposta militarmente dall’arrivo delle unità navali del Commodoro Perry degli USA. Questo provocò la Restaurazione Meiji che riportò al centro del potere l’Imperatore.
Un aspetto di fondamentale importanza fu il pubblico a cui era rivolta la produzione di ukiyoe, un pubblico che non era più quello aristocratico delle scuole di Kyoto, l’antica capitale imperiale bensì una classe borghese soprattutto mercantile che si era arricchita con i traffici commerciali e voleva godersi la vita nel lusso in contrasto con l’insegnamento buddhista contrario all’attaccamento all’illusorio mondo terreno.
Rossella Menegazzo, curatrice della mostra, scrive: “L’ukiyoe, oggi conosciuto in tutto il mondo come il filone artistico giapponese preminente per la forte influenza che ha avuto sull’arte europea dell’Otto e del Novecento, in realtà rappresentò per l’epoca anche un nuovo mezzo di divulgazione - attraverso le immagini e i libri illustrati - di valori culturali nuovi che si andavano imponendo. Dietro a rappresentazioni di un mondo di piaceri e intrattenimenti terreni spesso si celavano insegnamenti, concetti morali e messaggi che venivano passati abilmente, scavalcando la forte censura governativa che voleva colpire il lusso e le classi emergenti. Le opere in mostra ci raccontano quanto quella di Edo fosse una società alfabetizzata e come si usassero le arti come disciplina formativa dell’individuo. Ma ci raccontano anche l’apertura del Giappone all’Occidente e i rapporti speciali che il paese ebbe con il Regno d’Italia, poiché tutti i pezzi esposti provengono dalle collezioni di artisti o diplomatici italiani, i primi viaggiatori e residenti in Giappone nella seconda metà dell’Ottocento”.
Nella prima sezione si mostra come gli artisti incentrarono le immagini sulla bellezza femminile per diffondere non solo mode e valori nuovi, ma anche concetti educativi e morali. Le donne ritratte sono raffigurate da artisti, come Utagawa Toyoharu e Kitagawa Utamaro, mentre sono occupate nelle discipline chiave per la formazione di una persona colta: attività artistiche come: la pittura, la calligrafia, la poesia e la musica ma anche il gioco da tavolo di strategia. Sono in esposizione anche alcuni oggetti: un set composto di scatola per cancelleria, una scatola da scrittura e un gioco di strategia go. Ci sono inoltre strumenti musicali del tempo rappresentati nelle stampe: un Liuto a tre corde, una Cetra a tredici corde, un Liuto a quattro corde pípá cinese, un Tamburo a clessidra piccolo e un Tamburo da appoggio con piedistallo.
La mostra prosegue dedicando una sezione alle arti performative, il teatro kabuki nacque nel seicento ed era prediletto dai cittadini borghesi e popolari per i drammi sociali e storici rappresentati, mentre il più antico Teatro Nō, con contenuti filosofici religiosi era seguito dagli aristocratici. Inoltre le locandine teatrali contribuirono ai primi sviluppi dell’ukiyoe. Il successo del kabuki fu tale da provocare il divismo degli attori, la ritrattistica dedicata agli attori fu molto richiesta dal pubblico e attraverso le loro figure si diffusero mode e tendenze, come molto più tardi accadrà con le foto dei divi dello schermo, sui giornali a loro dedicati.
Ci sono anche le vedute dei quartieri del teatro e degli interni dei teatri con gli attori sul palco e il tutto esaurito del pubblico. Interessante notare l’introduzione della prospettiva lineare fino a quel momento assente nella pittura orientale. Okumura Masanobu fu il primo a introdurla per dare tridimensionalità allo spazio, in modo attraente e all’avanguardia per il tempo.
Anche la danza è ospitata in questa sezione, non solo la danza, eseguita sul palcoscenico ma anche quella popolare, praticata in occasione di festività e festival lungo le vie, come la Danza del Leone per il Capodanno. Alcune immagini dei luoghi affollati di questa e delle successive sezioni sono anche riprodotte su video per potere meglio apprezzare, i personaggi e gli splendidi dettagli delle scene che sono ritratti dall’artista in piccole dimensioni per farli entrare tutti nella carta a disposizione.
La sezione successiva è dedicata ai quartieri di piacere, che si svilupparono appena fuori città, poiché una volta varcato il portone, non valevano più le rigide e moralistiche regole imposte dallo Shogun. In particolare è descritto il quartiere di Yoshiwara a Edo dove le regole della moda, della seduzione e dell’eleganza erano dettate dalle cortigiane, lussi sostenuti anche dalle finanze dei ricchi clienti. I grandi maestri come Utagawa Toyokuni, Kitagawa Utamaro, Katsushika Hokusa, Chōbunsai Eishi, Keisai Eisen e altri hanno mirabilmente descritto gli interni delle case da tè, l’aggirarsi all’interno del quartiere e le abitudini dei frequentatori.
Anche la vita di queste donne è descritta con le loro abitudini quotidiane alle diverse ore del giorno e l’arte di disporre i fiori nelle varie stagioni. Inoltre questa sezione è arricchita da oggetti che testimoniano al visitatore la raffinata eleganza delle donne: un prezioso soprakimono imbottito, color indaco e ricamato in fili d’oro e colorati dalla collezione del Conte di Bardi, alcuni ventagli e accessori come i portatabacco, la pipa e lo specchio da toletta provenienti dalle collezioni del Museo delle Civiltà di Roma.
All’intrattenimento, ai giochi e ai passatempi è dedicata la sezione successiva sono descritte le attività stagionali all’aperto, passeggiate tra i fiori di ciliegio, sotto gli aceri, per raccogliere i cachi o le conchiglie. Le stampe ritraggono anche i festival, le scene di giocoleria e acrobazia e gli intrattenimenti serali, ma sono descritti anche i piccoli passatempi come soffiare le bolle di sapone, i giochi con i giocattoli insieme ai bambini e con gli animali domestici. Tra gli oggetti colpisce il gioco delle carte delle poesie, in cui i partecipanti estratta la carta, con l’immagine del poeta e con frammenti del testo, devono riconoscere i versi di una poesia tratta dall’antologia Cento poesie per cento poeti. Utagawa Toyohiro, Utamaro, anche Kuniyoshi, realizzarono intere serie di stampe al dedicate al divertimento, tra cui i ritratti in forma di graffiti, caricature e buffi visi composti da omini un po’ come l'Arcinboldo fece con frutta e verdura.
Le ultime due sezioni sono dedicate alle stampe che raffigurano luoghi celebri e paesaggi suggestivi, molto richieste perché solo pochi avevano il permesso di spostarsi. Dominano le opere di Hiroshige e Hokusai, che nella realizzazione si avvalsero molto del blu di Prussia, novità importata dall’Europa, più economico del blu ricavato dal lapislazzulo proveniente dall’Afghanistan e che risolveva il problema del blu e dell’azzurro, infatti questi colori si cominciano a trovare frequentemente nelle stampe dell’800, mentre prima la tavolozza era più limitata. Le stampe rappresentano Edo, le principali vedute naturali nel tragitto fino alla capitale imperiale di Kyoto. La prospettiva nelle opere di Eirin e Hiroshige è usata per gli scorci di strade, le infilate di negozi, gli interni di ristoranti. Gli scenari naturali e le vedute del Fuji da diverse angolazioni, luoghi più o meno noti, del territorio giapponese furono molto richieste, in questa sezione ci sono i capolavori come la Grande Onda di Kanagawa e parte delle Trentasei vedute del Monte Fuji di Katsushika Hokusai.