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65 milioni di anni fa. I visitatori di Somaris
La critica cinematografica è più un'arte che una scienza: si tratta di un'impresa profondamente umana in cui spesso riusciamo a cogliere il significato profondo dei film trasferendovi o le nostre storie personali o le storie di persone a noi note o a noi care. È quasi un atto di autobiografia sublimata. In questo film, 65 - Fuga dalla Terra, abbiamo tentato di adottare questo metodo cercando nei suoi momenti iniziali il significato più profondo, come analogo di biografie a noi già note.
L'attore Adam Driver (nel ruolo del pilota Mills) si trova su una spiaggia di un pianeta extraterrestre (chiamato Somaris) e sta spiegando alla moglie che dovrà lasciare lei e la loro figlia, Nevine (Chloe Coleman), per un lungo periodo: Mills ha accettato di dirigere un lungo viaggio interstellare per guadagnare un quantitativo di denaro sufficiente per le cure della figlia, affetta da una grave malattia. Nella scena successiva, la sua astronave, con l'equipaggio in stato di ibernazione criogenica, si scontra con un asteroide che la fa precipitare su un pianeta sconosciuto. In realtà, questo pianeta è la Terra alla fine del periodo Cretaceo: un colpo di scena che viene svelato attraverso scorci della fauna che minaccia i personaggi: si tratta di bestie che si rivelano gradualmente di natura preistorica piuttosto che extraterrestre. Del resto, il titolo, 65, rimanda a sessantacinque milioni di anni fa, l'epoca in cui il film è ambientato, ossia l'era mesozoica). Nei titoli iniziali compaiono, del resto, le parole "milioni di anni fa un visitatore atterrò sulla Terra".
Il termine "visitatore" sembrerebbe rispondere all'altra domanda chiave: "Mills e gli altri astronauti sono alieni, giusto?". La risposta, in tutta semplicità, è sì: non sono umani del futuro che hanno viaggiato nel tempo attraverso un'anomalia spaziale, trovandosi in un pianeta delle scimmie, al contrario. In nessun momento del film, opera degli sceneggiatori di A Quiet Place e Haunt, Scott Beck e Bryan Woods, i protagonisti mostrano di riconoscere che i dinosauri che cercano ripetutamente di ucciderli sono appunto "dinosauri". Delle due l'una: o sono "alieni", di un pianeta che non ha conosciuto i dinosauri, o è un segno che la paleontologia cadrà drasticamente fuori moda nei millenni a venire. Eppure, se questi personaggi sono extraterrestri, la loro avanzata e antica civiltà – nata da un lontano sistema stellare – è così simile alla nostra da sembrare indistinguibile, a parte la tecnologia più avanzata e futuristica e un sistema di scrittura che assomiglia a un font Wingdings.
Mills, interpretato da Driver con grande naturalezza, passa il tempo a crogiolarsi nel rimpianto di aver abbandonato la figlia prima di trovare una sorta di redenzione aiutando Koa (Ariana Greenblatt): quest'ultima è una bambina di appena nove anni (tredici ne ha l'attrice, in realtà), l'unica superstite della nave, che viaggiava con la sua famiglia, perita nell'incidente, e che non parla la lingua di Mills. La lingua di Koa appartiene a una popolazione di un continente remoto o addirittura di un altro pianeta, motivo per cui lo stesso pilota non la capisce senza un traduttore automatico funzionante (come se noi ci trovassimo a che fare con un cinese che ignora le lingue occidentali). È una lingua che proviene dai confini della loro civiltà extraterrestre, ma è anche una lingua "di lavoro" inventata per il film. Non è una lingua terrestre, in ogni caso: non dovremmo capirla e nemmeno Mills può parlarla. Detto questo, se si volesse davvero tradurla, non è un linguaggio incomprensibile, che obbedisca a codifiche indecifrabili. Se c'è una qualità che accomuna le culture attraverso lo spazio e il tempo – suggeriscono gli sceneggiatori –, è la lotta per l'equilibrio tra lavoro e vita privata. Non sembra una risposta difficile da dare in un film composto quasi interamente da due persone che attraversano un paesaggio primordiale per raggiungere una capsula di salvataggio intatta, eppure si è rivelata sconcertante. Il rapporto tra Mills e Koa, inizialmente improntato a diffidenza, diventa sempre più empatico, fino a ricordare il rapporto tra il padre e il figlio nel fim The Road, ispirato all'omonimo romanzo di Cormac McCarthy, e splendidamente interpretato da Viggo Mortensen e Kodi Smit-McPhee, con la regia di John Hillcoat.
In effetti, il film inizia con un discorso sulle civiltà che hanno esplorato il cosmo prima del genere umano e subito dopo si intuisce che la scena della spiaggia si svolge su un altro pianeta. Ma ecco il punto: le note di produzione ufficiali della Sony iniziano così: "Dopo un incidente cataclismatico su un pianeta sconosciuto, il pilota Mills (Adam Driver) scopre rapidamente di essere rimasto bloccato sulla Terra... 65 milioni di anni fa". Ma, a essere rigorosi, lui non lo "scopre". Perché non sa che cosa sia la Terra!
Per essere un film che coinvolge quasi ininterrottamente l'azione dei dinosauri, è incredibilmente asservito a ritmi non frenetici: quasi come guardare un videogioco a cui nessuno è autorizzato a giocare. Ma alcune scene sconfinano nel pulp. A un certo punto, dopo l'attacco di un Tyrannosaurus Rex, una specie di insetto si insinua nella gola di Koa e le fa venire la schiuma alla bocca mentre è adagiata a dormire, come un sostituto della lingua da incubo: Mills uccide con calma l'entità nociva, che non viene mai menzionata né prima né dopo. Ancora: Mills si procura una grave lesione all'addome all'inizio del film e la tiene nascosta a Koa, ma poi non se ne parla più; inoltre, subisce la lussazione di una spalla, molti altri colpi al corpo e lesioni alla testa. Eppure sopravvive senza colpo ferire. Forse perché appartiene a una specie identica agli umani in tutto e per tutto, tranne che per la maggiore robustezza? Non è dato saperlo. Quando il film finisce, troviamo una carcassa di dinosauro su un paesaggio in rovina che lascia il posto, nel corso di eoni temporali, a una pianura, poi a un insediamento e infine a una città moderna. In un film che non è iniziato dicendoci che si svolgeva sulla Terra, questa potrebbe essere la rivelazione finale, un momento che rende chiaro il contesto del titolo - ma non lo è. In un film che avesse voluto suggerire paradossi spazio-temporali, Mills e Koa avrebbero potuto lasciare involontariamente i semi di quella che sarebbe diventata l'umanità – ma non lo fanno: non c'è alcun accenno ai viaggi nel tempo, nemmeno a quelli accidentali del Pianeta delle scimmie. La loro avanzata civiltà extraterrestre è semplicemente esistita 65 milioni di anni fa: certo, era tecnologicamente più avanzata di noi, almeno per i viaggi interstellari. Per il resto, non differisce più di tanto da noi, armi comprese, dato che il fucile laser in dotazione al pilota, oltre ad avere le sembianze di un giocattolo, non sembra dotato di particolari caratteristiche, che oggi non siano alla portata dei militari dei corpi speciali USA o simili. Anche la tesi dell'"universo parallelo" non sembra convincente.
Un altro interrogativo: perchè Mills ha un nome "terrestre" e sembra parlare inglese? Non è chiaro. Forse sia il nostro pianeta sia il loro hanno prodotto il nome Mills nello stesso modo in modo casuale. Sicuramente non ha mai messo piede sulla Terra prima del film, ed è meglio pensare a loro come ad alieni che ci assomigliano davvero, ma che non sono collegati all'umanità al di là del loro fatidico incidente nel nostro quartiere galattico. Peraltro, non compaiono umanoidi cattivi o villains: è un semplice racconto di sopravvivenza, in cui l'antagonista principale è soprattutto la cometa, e un po' i dinosauri. Un ultimo interrogativo: anche nel pianeta Somaris vige un sistema sanitario a scopo di lucro, come in USA: è il motivo per cui Mills ha intrapreso il viaggio. È un po' una frattura dell'anima il fatto che una civiltà spaziale ad alta tecnologia abbia ancora un sistema sanitario capitalista di bassa lega? La risposta non può che essere affermativa.