Bussano alla porta. Un horror tra realtà e manipolazione

Articolo di: 
Teo Orlando
Bussano alla porta

Le componenti sono quelle tipiche dell'horror movie statunitense: uno chalet isolato nella foresta, una natura tanto maestosa quanto potenzialmente ostile, persone in vario modo ai margini della società, una provincia profonda socialmente soffocante e bigotta, le attese angoscianti che incombono sui personaggi, i media su cui serpeggia una perenne inquietudine. Tutti questi elementi sono abilmente trasfusi dal visionario filmmaker Manoj Nelliyattu Shyamalan in Bussano alla porta (Knock at the Cabin).

La premessa: mentre si trovano in vacanza in uno chalet isolato, una bambina adottata e i suoi genitori vengono presi in ostaggio da quattro sconosciuti armati. Costoro mettono la famiglia di fronte a quello che potrebbe quasi sembrare l'esasperazione di un "dilemma morale":  chiedono alla famiglia di compiere una scelta impossibile per evitare un'apocalisse catastrofica per tutta l'umanità. L'unico accesso al mondo esterno è dato da un canale televisivo, in base al quale la famiglia deve prendere una decisione prima che tutto sia perduto.

Il film si basa sul bestseller americano di Paul Tremblay, La casa alla fine del mondo (The Cabin at the End of the World), ma con una sceneggiatura (di Steve Desmond e Michael Sherman) che cambia vari particolari e il finale.  Sia il libro sia il film si concentrano comunque su una coppia gay (anche nella vita reale), Andrew (Jonathan Groff) e Eric (Ben Aldridge), e sulla loro figlia adottiva Wen (Kristen Cui); il confronto con i quattro sconosciuti armati: Leonard (Dave Bautista, un ex wrestler perfetto nella parte), Sabrina (Nikki Amuka-Bird), Adrianne (Abby Quinn) e Redmond (Rupert Grint) comincia con un approccio ambiguo e quasi morboso nei confronti della bambina da parte del boss di questo sinistro quartetto. Poi la famiglia viene presa in ostaggio e informata del fatto che questi quattro sconosciuti – che inizialmente non si conoscevano tra loro – sono stati perseguitati e ossessionati da una profezia comune: il mondo è destinato a estinguersi a meno che la famiglia dello chalet non scelga uno dei suoi membri e decida di ucciderlo. Se queste quattro persone siano dei poveri pazzi o abbiano una qualche ragione non è il vero problema del film. Entrambi gli scenari sono infatti assolutamente atroci, ma ricordano il cosiddetto dilemma etico del male minore, portato alle estreme conseguenze (della serie: sacrifichereste un bambino se questo dovesse salvare una metropoli da un'esplosione atomica?): "che cosa faresti se dovessi salvare la tua famiglia o l’umanità e potessi sceglierne uno solo di questi corni del dilemma?”. In una versione soft: deviereste un treno su un binario secondario dove è legata una sola persona per salvarne altre cinque legate sul binario principale?

Il film non dà risposte precise: rimane enigmatico, imprevedibile e sorprendente. Il regista esplora concetti di sapore quasi filosofico, come fede e credenza, certezza e dubbio, e i limiti che li circondano. Nelle sue parole, “è un racconto biblico dei tempi moderni,” e riflette la sua convinzione per cui tutto quello che sta succedendo nel mondo non è positivo. Ma con un minimo di ottimismo, è altresì persuaso che anche con il cinema si possa lottare nella giusta direzione. Nel film in fondo domina una vera storia d’amore, come prova sufficiente che l’umanità debba continuare a esistere (e che la coppia sia gay è, a nostro parere, un particolare poco rilevante, quasi un omaggio doveroso all'idea di antidiscriminazione e di scelte inclusive).  Del resto, l’idea della famiglia è centrale in gran parte della filmografia di Shyamalan: tutti i suoi film girano intorno alla famiglia in modo tale che i personaggi e il pubblico facciano un percorso emotivo particolare, che in quest'ultima pellicola assume una dimensione contenuta e quasi claustrofobica, dato che è girato quasi tutto in un interno.

Del resto, niente nella storia è dipinto in modo netto. Predomina il chiaroscuro, perché quasi tutti i personaggi – e il pubblico – saranno quasi indotti impercettibilmente a cambiare le loro idee e a mettere alla prova le loro convinzioni, con l’aumentare della tensione e della posta in gioco (come nel film La scelta di Sophie o nella serie televisiva Twilight Zone dove, per completare il quadro, è richiesta la nostra immaginazione).

Rimane, in conclusione, il fascino di una storia che riflette molte delle nostre attuali paure, senza suggerire in modo definitivo dove stia la verità: sono paure dipendenti da cause reali o da coincidenze create ad arte da una combinazione di scelte intergovernative e di strategie manipolatorie mediatiche? Tra pandemia globale, crisi climatiche e ambientali, conflitti regionali che rischiano di diventare globali, il mondo rivela tutta la sua fragilità, al punto che il terrore incombente sulla fine del pianeta attanaglia moltissime persone: e il film rende perfettamente, nonostante l'apparente happy ending, quest'atmosfera, suggerendo una consolazione soltanto provvisoria.

Pubblicato in: 
GN12 Anno XV 25 gennaio 2023
Scheda
Titolo completo: 

Bussano alla porta
Titolo originale:    Knock at the Cabin
Lingua originale:    inglese
Paese di produzione:    Stati Uniti d'America, Cina
Anno:    2023
Durata:    100 minuti
Genere:    orrore, thriller, giallo
Regia:    M. Night Shyamalan
Soggetto:    dal romanzo di Paul G. Tremblay
Sceneggiatura:    M. Night Shyamalan, Steve Desmond, Michael Sherman
Produttore:   M. Night Shyamalan, Marc Bienstock, Ashwin Rajan
Produttore esecutivo:    Ashley Fox, Christos V. Konstantakopoulos, Steven Schneider
Casa di produzione:    Blinding Edge Pictures, Wishbone Entertainment Inc.
Distribuzione in italiano:   Universal Pictures
Fotografia:    Jarin Blaschke

Interpreti e personaggi
Dave Bautista: Leonard
Jonathan Groff: Andrew
Ben Aldridge: Eric
Nikki Amuka-Bird: Adriane
Kristen Cui: Wen
Abby Quinn: Sabrina
Rupert Grint: Redmond