Colosseo. L'archeologia secondo Giacomo Boni

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Fausta Vittoria Mengarini busto di Giacomo Boni, Roma Parco archeologico del Colosseo

Il Parco archeologico del Colosseo ospiterà fino al 30 aprile 2022 una grande mostra dedicata a di Giacomo Boni (Venezia, 1859 – Roma, 1925), dal titolo “Giacomo Boni. L’alba della modernità”, a cura di Alfonsina Russo, Roberta Alteri, Andrea Paribeni con Patrizia Fortini, Alessio De Cristofaro e Anna De Santis e con l’organizzazione e la promozione di Electa.

Giacomo Boni fino alla rivalutazione, avvenuta nella seconda metà del secolo scorso, è stata una figura molto controversa, a causa delle critiche che gli sono state rivolte per i suoi metodi di lavoro dagli archeologi accademici, in quanto era architetto e archeologo autodidatta. Fu un convinto sostenitore della necessità di tutelare e valorizzare l’insieme degli straordinari monumenti dell’area archeologica centrale di Roma, per questo è una figura centrale per l’archeologia al di là della straordinaria importanza delle sue scoperte nel Foro romano: il Tempio di Vesta, il complesso della fonte sacra di Giuturna, la chiesa medievale di Santa Maria Antiqua con il ciclo pittorico bizantino, il sepolcreto arcaico, che ha rivelato una vita protostorica nell’area del Foro Romano, il Lapis Niger, luogo che gli autori antichi riferiscono alla saga di Romolo.

La mostra è articolata i quattro sezioni dislocate nei luoghi dove Boni ha principalmente operato e di cui ha delineato l’aspetto attuale: il Foro Romano e il Palatino, la prima al Tempio di Romolo è dedicata alla sua biografia con interessanti e varie testimonianze, fotografiche e filmati che testimoniano le sue relazioni con gli artisti e gli ammiratori italiani ed esteri, sono in esposizioni tra le altre anche opere in terracotta di Duilio Cambellotti: Capanna dell’agro romano e Mattonella raffigurante un villaggio a capanne.

Giacomo Boni nacque a Venezia, per motivi economici fu avviato in giovane età al lavoro in vari cantieri edili e di restauro tra i quali quello di Palazzo Ducale. La padronanza acquisita nel disegno, sia tecnico che artistico, gli permise di avere rapporti di lavoro con gli artisti britannici che svolgevano studi a Venezia per conto di John Ruskin, realizzando anche numerosi disegni, in parte conservati. La frequentazione di questo ambiente lo coinvolse nel dibattito sulla conservazione e la tutela del patrimonio culturale di Venezia, scrisse, infatti, articoli in cui espresse l’adesione alle critiche di Ruskin e della Society for the Protection of Ancient Buildings di William Morris sui restauri dei monumenti. Grazie al rapporto con Carlo Alberto Pisani Dossi e Primo Levi, vicini al primo governo Crispi, nell’aprile del 1888 Boni riuscì a entrare alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti (1888–1898) a Roma. Lavorò nella sezione in cui operavano Adolfo Venturi e Francesco Bongioannini dedicandosi all’ispezione dei monumenti, in maggior parte medievali con particolare attenzione a quelli per quelli del Mezzogiorno.

Nell’estate del 1898 Boni fu destinato all’ufficio scavi del Foro Romano, il riordino dei materiali dei precedenti sterri tardo ottocenteschi diventò l’occasione di una serie di indagini archeologiche, ricerche evidenziate dalla stampa e sostenute con ampiezza di mezzi dal ministro Guido Baccelli, grande medico, appassionato umanista e sostenitore della valorizzazione dell’area archeologica romana. Nel saggio in catalogo di Daniele Manacorda vengono analizzate le novità del metodo di indagine di Boni, nelle quali viene applicato, anche se non costantemente, un rigoroso quanto innovativo metodo stratigrafico, di cui Boni pubblica pure una formulazione teorica. Fino ad allora negli sterri di Rodolfo Lanciani e anche successivamente in quelli avvenuti durante il Fascismo, si era proceduto con scavi estensivi senza nessuna testimonianza scritta che documenti i metodi usati, al contrario Boni affiancò una scrupolosa documentazione grafica e fotografica, con l’uso pionieristico dell’aerofotografia, grazie a un pallone areostatico messo a disposizione dall’esercito.

La sua formazione tecnica e l’essere autodidatta dell’archeologia lo spinse a dirigere la sua ricerca verso le fasi arcaiche di vita del Foro, mai cercate sino ad allora, giungendo a scoperte straordinarie come il Lapis Niger (1899) e il Sepolcreto preromuleo lungo la Via Sacra (1901). Grazie alla larghezza di mezzi e di operai messi a disposizione dal Ministero, gli scavi interessarono vaste aree del Foro come: la Basilica Emilia, il tracciato della Via Sacra, il Comizio, il tempio di Vesta, la chiesa di S. Maria Antiqua, con indagini in cui viene usato il metodo stratigrafico con una accurata documentazione grafica e fotografica. Il lungo lavoro di ricerca e riordino realizzato dalla Soprintendenza archeologica di Roma e poi dal Parco archeologico del Colosseo ha permesso di recuperare quella preziosa documentazione. È la testimonianza di una visione positivista di “un’archeologia più vicina alle scienze sociali e antropologiche e meno altezzosa di fronte alla scienza e alle tecniche”, poi accantonata durante la reazione idealistica", scrive Daniele Manacorda.

Nel 1097 l’area del Palatino viene unita a quella dei Fori sotto la direzione di Boni, ma se il suo lavoro gli valse ampi riconoscimenti all’estero come le lauree conferitegli ad Oxford nel 1907 e a Cambridge nel 1913, dall’altro si fecero sempre più aspre le critiche degli addetti ai lavori al suo operato sui suoi metodi di ricerca e preparazione scientifica. Le aspre critiche lo costrinsero alle dimissioni in favore di Rodolfo Lanciani, Boni si ritirò a vivere nelle Uccelliere Farnese sul Palatino, ma colpito da pesanti e non limpide inchieste ministeriali, ne uscì, lui che era stato legato al socialismo umanitario, aderendo al Fascismo di cui creò il simbolo ricevendo così nomina a Senatore nell’aprile del 1923. Boni visse nelle Uccelliere Farnese alla sua morte nel 11 luglio 1925 epoi fu sepolto sul Palatino.

La seconda sezione è al piano terra del Complesso di Santa Maria Nova che fu scelto da Boni per istituire nel 1908 il “Museo Forense”, all’interno del convento di S. Francesca Romana/S. Maria Nova, dove intese esporre i reperti che vennero via via furono riportati in luce dagli scavi nel Foro Romano dal 1898 al 1922 e dal 1907 dal Palatino. Boni fece ristrutturare gli ambienti dell’ex-convento annesso alla chiesa di S. Francesca Romana, edificati in parte sopra le strutture del Tempio di Venere e Roma con lo scopo di restituire il più possibile completezza a uno dei più importanti esempi di architettura romana. Se, infatti, la parte orientale del tempio, con la cella della dea Venere, era fruibile, quella occidentale, con la cella dedicata alla dea Roma, non lo era in quanto le strutture del convento di S. Francesca Romana la occultavano parzialmente. I lavori iniziati nel 1901 fecero riapparire il chiostro trecentesco, al piano terra, e, ai piani superiori, le murature anche affrescate del Quattrocento. Nel chiostro e negli ambienti prospicienti fu riportata alla luce la pavimentazione marmorea originale, policroma, appartenente alla cella della dea Roma; le due parti del monumento furono messe in comunicazione aprendo un’ampia porta-finestra nella stanza centrale del museo.

Nell’esposizione si documentano i criteri che Boni adottò e teorizzò nell’allestimento del Museo che nelle sue intenzioni sarebbe dovuto diventare un centro culturale di ricerca e studi. I materiali, tra cui le teche da lui ideate, sono messi in mostra secondo i criteri definiti da Boni, cioè rispettando l’integrità dei complessi riportati in luce, in quanto i singoli reperti mantengono il loro valore storico-archeologico solo se esposti all’interno del contesto di provenienza. Il sepolcreto, scoperto nell’area adiacente il tempio di Antonino e Faustina, di cui fece realizzare un plastico, ora restaurato e in mostra, fu indagato negli anni 1902– 1905. Furono rinvenute in tutto quarantuno tombe: quattro tombe di bambini relative alle abitazioni arcaiche (fine VI–V sec. a.C.), dodici tombe di bambini associate a capanne databili fra la fine dell’VIII e il VII se. a.C. e venticinque tombe a pozzo e a fossa riferibili alla prima età del Ferro (ca. X sec. a.C.). I materiali, che appartengono al nucleo di sepolture dell’area prima che fosse abitata, sono esposti considerando allo stesso livello di importanza tutti i tipi di reperti: manufatti, resti antropologici, botanici, faunistici.

In mostra è documentata un’altra importante scoperta: il Lacus Iuturnae, una delle sorgenti presenti nel Foro Romano, che diventarono sacre per gli abitanti perché furono dedicate al culto delle divinità considerate legate al mito delle origini e della storia di Roma. Una delle fonti più importanti è quella di Giuturna dove i Dioscuri Castore e Polluce avrebbero annunciato a Roma, la vittoria sui Latini nella battaglia del Lago Regillo (499 o 496 a.C.). Nel II sec. a.C. la fonte fu chiusa in un bacino rettangolare, poi ornato da statue di divinità quali Apollo, Esculapio, Serapide e i Dioscuri che sono presentate in mostra. Furono anche costruiti il sacello dedicato a Giuturna e il pozzo per la raccolta dell’acqua. Si ritiene che dal III sec. d.C. il luogo posto sotto la protezione della ninfa divenne la sede dell’ufficio per la cura degli acquedotti (statio aquarum) posto sotto la protezione della ninfa. La fonte continuò a essere utilizzata anche in età medievale per le sue proprietà salutari.

Un importante monumento che fu tra i primi a essere oggetto dell’infaticabile attività di Boni nel Foro Romano fu la basilica Emilia, fondata nel 179 a.C. dai censori M. Emilio Lepido e M. Fulvio Nobiliore. Furono riportati in luce i resti dell’edificio e parte della sua decorazione, tra cui la statua di Orientale e il pilastro con girali, ora esposti nel chiostro di S. Maria Nova. I frammenti del fregio sono stati ricomposti solo per alcune decine di metri rispetto alla lunghezza originaria che, secondo alcuni studiosi, doveva essere di 184 m, anche la sua datazione è molto controversa, oscilla tra il I secolo a.C. e l’età augustea. Il fregio raffigurava episodi significativi della storia di Roma: Romolo e Remo che partono per fondare la nuova città; la costruzione delle mura di una città (Roma o Lavinio); il ratto delle Sabine; la festa in onore del dio del grano Conso; una scena di battaglia; la punizione di Tarpea; i Parentalia. Per le molteplici statue onorarie che gli esponenti della famiglia degli Aemilii prima e gli imperatori dopo, vi posero divenne un edificio “politico”, dedicato alla celebrazione delle glorie del popolo romano e della grandezza dell’impero. Tutti questi elementi sono in mostra grazie anche a un recente intervento di manutenzione del complesso e di ristrutturazione delle sale espositive che restituisce al grande pubblico questi spazi, chiusi al pubblico da più di dieci anni.

È in esposizione anche un cippo in tufo, conservato solo nella parte inferiore (cd. “Cippo del Foro”) su cui è incisa un’iscrizione bustrofedica, con direzione alternata e disposizione verticale, in alfabeto latino arcaico. Non si è certi sull’interpretazione delle formule proprie del linguaggio giuridico. Il cippo fu rinvenuto al Lapis Niger un’area pavimentata da lastre di pietra nera, delimitata da lastre in marmo bianco, conservata nel Comizio che fu scoperta nel e gennaio del 1899 all’ inizio degli scavi di Boni nel Foro Romano.

La terza sezione della mostra è a Santa Maria Antiqua riportata alla luce da Boni dopo che lo Stato italiano acquistò la chiesa di S. Maria Liberatrice dalle monache di Tor’ de Specchi da cui la chiesa dipendeva. Dopo la demolizione della chiesa gli scavi svolti tra 1900 e 1902, riportarono alla luce la parete absidale di S. Maria Antiqua con gli splendidi affreschi, già scoperta e documentata dopo gli sterri avvenuti nel Settecento, ma poi ricoperta. Fu anche trovato il resto dell’edificio imperiale nel quale la basilica palatina era integrata e l’oratorio dei Quaranta Martiri. Furono così visibili larghi tratti della pavimentazione marmorea e musiva e soprattutto gli eccezionali affreschi sulle pareti, inedite testimonianze della pittura altomedievale romana, profondamente influenzati da elementi e stilemi di matrice bizantina. La contestuale scoperta degli affreschi della chiesa di San Saba, contribuirono a delineare la ‘Roma bizantina’ dei secoli VI–VIII.

Ultima tappa alle Uccelliere farnesiane dedicata ai rapporti di Boni con gli ambienti culturali italiani ed europei degli inizi del Novecento da quelli con il socialismo umanitario romano, con Giovanni Cena, Sibilla Aleramo, Duilio Cambellotti.  Fu definito poeta, e profeta, da Eleonora Duse, Ugo Ojetti e Benedetto Croce per sua influenza sul il simbolismo romano, Sono in mostra opere di Bottazzi, Cambellotti, Dalbono, Discovolo, Grassi, Maldarelli, Netti e Sartorio ispirate alla classicità con simboli, rievocazioni, allusioni cifrate, tra cui “Gli archeologi” di Giorgio de Chirico, non una sorpresa vista l'influenza che classicità ebbe su di lui e suo fratello Alberto Savinio. Una selezione di arredi originali ricostruisce la sua casa-studio nelle Uccelliere dove Boni dal 1910 visse fino alla morte. Oltre alle quattro sezioni della mostra nel Foro Romano sono collocati totem esplicativi nei luoghi oggetto delle sue indagini e scoperte.

Pubblicato in: 
GN11 Anno XIV 14 gennaio 2022
Scheda
Titolo completo: 

Giacomo Boni.
L’alba della modernità
15 dicembre 2021 – 30 aprile 2022
Roma, Foro Romano e Palatino

A cura di Alfonsina Russo, Roberta Alteri, Andrea Paribeni
con Patrizia Fortini, Alessio De Cristofaro, Anna De Santis

Promosso da Parco archeologico del Colosseo
www.parcocolosseo.it
Organizzazione, promozione e catalogoElecta

Orari delle sedi della mostra
15 dicembre 2021–26 marzo 2022
9:00–16:00
27 marzo–30 aprile 2022
9:00–18:30.

Orari delle sedi della mostra
15 dicembre 2021–26 marzo
2022
9:00–16:00
27 marzo–30 aprile 2022
9:00–18:30.

Biglietti
Intero € 16,00
Valido 24h, permette un solo ingresso all’area archeologica del Foro Romano-Palatino, inclusa la mostra in corso, e un solo ingresso al Colosseo (I e II ordine).
Full Experience € 22,00
Valido 2 giorni, permette un solo ingresso all’area archeologica del Foro
Romano-Palatino, inclusi la mostra in corso e i siti SUPER ad accesso contingentato, e un solo ingresso al Colosseo (I e II ordine), comprensivo del piano dell’arena e/o i sotterranei.
Ridotto € 2,00
N.B. I siti SUPER dove è allestita la mostra (Tempio di Romolo e Santa Maria Antiqua con la rampa di Domiziano) saranno accessibili a tutti i visitatori per l’intera durata della mostra