Editoriale. L'intelligenza artificiale non esiste

Articolo di: 
Livia Bidoli
AI

In confidenza e sinceramente, da drogata di fantascienza quale sono fin dalla più tenera età – allora anche del cosiddetto "meraviglioso" delle favole, secondo le categorie di Tzvetan Todorov in La letteratura fantastica, 1970 –, non avrei mai voluto proferire la frase del titolo: però è inutile millantare favole, è così. L'intelligenza artificiale non esiste, tranne probabilmente che nei libri di Philip Kindred Dick che, evidentemente, anche gli intelligentoni geniali come Elon Musk non si sono studiati troppo bene.

Partiamo da un po' più lontano, così da farci capire: il problema della mente e anche dell'intelligenza, sono connessi: soprattutto, la filosofia della mente – corso di laurea a parte dagli ultimi 20 anni del Novecento – studia proprio che cosa è la mente e quanto ha a che fare con l'intelligenza. Uno dei problemi fondamentali indagati, da Gottlob Frege (1848-1925) a Daniel Dennett (1942- vivente), ma anche da George Berkeley (1685-1753), era: "Che cosa è la mente?". Ed è tuttora dibattutto (per farla breve). L'intelligenza è connessa con la mente, in particolare con uno dei fattori fondamentali che ci distingyue dagli animali: la consapevolezza del pensiero, del dolore, dei vari stati d'animo, facoltà propriamente umana, anche senza passare per il linguaggio.

Intelligenza viene dal latino intelligere, ovvero comprendere, essere consapevoli: i bot che chiamano AI (artificial intelligence) o IA (intelligenza artificiale) non sono minimamente consapevoli di ciò che fanno: men che meno fanno differenza tra una materia (in senso figurativo e non) e un'altra: sono calcolatori dotati di velocità nell'elaborazione di grandi masse di informazioni.

In sostanza, non capiscono nulla di quello che gli viene immesso dentro perché lo elaborino e lavorerebbero con qualsiasi tipo di informazione, dai carciofi agli elettroni.
Non possiedono e non capiscono la materia che viene loro sottoposta e svolgono una serie di operazioni che sempre degli umani gli hanno impartito, dallo scrivere notizie al costruire immagini secondo un certo schema.

Uno scienziato vero si farebbe una gran risata di fronte a ciò che anche un bambino capirebbe in qualche secondo, come per esempio che cosa è una "pernacchia";  d'altro canto all'intelligenza artificiale ci vuole almeno una spiegazione di un paragrafo!

Pensiamo al film Blade Runner (1982) di Ridley Scott, tratto da Do the Androds Dream of Electric Sheep? di Philip K. Dick: l'ingegnere costruttore degli androidi Nexus-6 fornisce alcuni di loro di una memoria perché credano di essere umani. Basta questo per renderli "intelligenti", ovvero "consapevoli"? No, non è sufficiente. L'essere umano è dotato di una coscienza, anche "della memoria", ed è questo che condivide e che lo connette con tutti gl altri esseri umani, anche a livello "invisibile", seppur concreto, attraverso delle onde elettromagnetiche, che sono sistemi comunicativi che lo informano sulla realtà esterna. Quest'ultima però non esiste senza qualcuno che la esperisce: quel qualcuno è l'uomo. Senza l'uomo non esiste la realtà: la realtà dipende da qualcuno che la rende tale, che ne è cosciente.

Pubblicato in: 
GN8 Anno XVI 22 dicembre 2023