Epopee Celesti a Villa Medici. La Via della Follia

Articolo di: 
Livia Bidoli
Aloïse Blanche Corbaz

Se ci avessero rivelato che un giorno avremmo visitato una mostra di pazzi, cosa avremmo pensato? Invece è proprio così, ciò che gli inglesi chiamano Outsider Art, con la loro solita formalità (o velo d'ipocrisia, oppure cortesia, fate voi), Jean Dubuffet (1901-1985) ha titolato Art Brut (brut come cruda, grezza) a partire dal 1945, collezionando opere create dai pazienti dei manicomi, detenuti, emarginati, ovvero outsider o outlaw. A Villa Medici approda la mostra Epopee celesti dedicata loro, dal primo marzo al 19 maggio prossimi, a cura di Bruno Decharme, Barbara Safarova, Caroline Courrioux, Sam Stourdzé, quest'ultimo direttore dell'Accademia di Francia a Roma.

Con il sottofondo delle note rarefatte di Arvo Pärt, Silentium che si trova in Tabula Rasa (1977), è piu' sopportabile la percezione dissimulata in modo precario ed indeterminato, del malessere. I dipinti, fin dal primo istante, emanano un'anergia roboante, fantasmatica, erotica, che sviscera in modo trasversale ed a volte quasi invisibile, quella "brutalità", ovvero "crudezza", per cui Dubuffet ha scelto il termine "Art Brut" per questi lavori creativi di uomini e donne sull'orlo costante di un baratro, che sia la follia, oppure la detenzione - e sempre locked down da qualche parte erano, se non in ospedali, in prigioni, fisiche o costruite da loro stessi -.

L'Art Brut espone l'inciviltà della sofferenza fine a sé stessa, quando incosapevole, quando immeritata, magari legata al disagio economico, ovvero quel "disagio della civiltà" che non professa piu' o non sufficicientemente, la compassione.

Apocalissi, quindi, nel loro significato originario, "Rivelazioni", si stagliano di fronte ai nostri occhi, quelle di tanti artisti che, come il coevo a molti di loro esposti in questa mostra, Antonin Artaud (1896-1948), che fu rinchiuso nell'ospedale psichiatrico di Rodez dal 1943 al 1946, - iniziarono o riniziarono a creare (Artaud a scrivere), in questi luoghi di detenzione ed isolamento dalla società cosiddetta "sana". Luoghi, i manicomi, che furono aperti in Italia negli anni '80 del Novecento grazie alla legge illuminata di Basaglia, facendo uso però ancora, anni dopo, a volte della «terapia per convulsioni elettriche», ovvero l'elettroshock, di cui fu pioniere proprio il direttore dell'istituto di Rodez, Gaston Ferdière, amante dei surrealisti e seguace dell'arteterapia.

Le opere in mostra, provenienti da tutto ilm mondo, in massima parte però dall'Europa, sono 180, un numero spropositato e dalla varietà abnorme di forme: in maggioranza dipinti, illustrazioni, disegni, foto rimaneggiate; anche però manufatti, gli ex voto idolatri di un anonimo oppure l'assemblaggio di pezzi elettronici di Alfred Corinne Marié, che adopera l'acronimo A.C.M. per i suoi lavori; ed ancora il mobile di Egidio Cuniberti.

La prima però che affascina ed in qualche modo "accoglie" coi suoi colori accesi, è la svizzera, nata a Losanna, Aloïse Blanche Corbaz (1886-1964), ex governante del Re Guglielmo II a Postdam, di cui si infatuò, e che, forse, causò la sua schizofrenia fino a farla internare nel 1918 a Cery-sur-Lausanne. Le sue maliarde bionde cogli occhi azzurri, che mostrano seni aranciati, sono morbide e tondeggianti, sempre attorniate da cavalieri, anche loro dagli occhi blu, in un tripudio di gialli, dai capelli alle carrozze. E giallo è il colore del limone, Le citron (1880), di Édouard Monet, un quadretto prestato dal Musée d'Orsay, dove si trovano moltissimi capolavori dell'Impressionismo; il piccolo ritratto del frutto ha una cornice ottocentesca ed è appeso nella prima delle sale raffinate del piano nobile con gli affreschi cinquecenteschi del pittore manierista Jacopo Zucchi.

Giallo, come la follia, asseriva Vasilij Kandinskij che, nel suo "Il suono giallo" (1974), lo dipingeva così:

"Potrebbe fungere da rappresentazine cromatica della follia, di un accesso di furore, della cieca follia della frenesia".

Da irraggiamento della luce, nelle sue versioni piu' solari, fino allo sperpero energetico; ed alla citrinitas alchemica, il giallo è colore vicino alla cinetica del rosso e dell'arancio e semicomplementare al turchese degli occhi azzurri dei protagonisti figurativi ed innamorati di Aloïse Corbaz, che accolgono, cullano e turbano il visitatore nella prima sala.

Il croato Janko Domsic (1915–1983) emigrato in Francia intorno al 1930, vive ai margini della società, disegnando a penna e glossando i suoi disegni in lingua croata, francese e tedesca. A guardare le sue creazioni, sembra un massone votato alla svastica e alla falce e martello, che disegna cerchi metatronici, tra pentagrammi, dollari, croci ortodosse, una stella di David; figure tra satanismo e idolatria totalitaria in un profluvio di elementi fallici, lupi, minotauri (?) emergono in rossi, verdi e celesti vergati con la penna a sfera, e cui è stato dedicato il catalogo da Christian Berst, Le mécanicien céleste (Il meccanico celeste) per la monografica esposizione parigina del 2008. Possibile che il celeste del titolo provenga dai suoi universi teocratico-totalitari.

L'epopea dell'americano Henry Darger (1892-1973) riguarda le Vivien Girls, una cosmogonia formulata dal solitario lavoratore abbandonato in un orfantotrofio ad 8 anni e poi trasferito mel 1904 in un istituto per bambini con disabilità nell'apprendimento. Vissuto solitario a Chicago per tutta la sua vita, mantendendosi come addetto alle pulizie in un ospedale cattolico, illustrò quindici volumi di circa quindicimila pagine chiamati The Realms of the Unreal (I Reami del'Irreale), che recita in originale: The Story of A the Vivian Girls, in What Is Known as the Realms of the Unreal, of the R Glandeco-Angelinian War Storm, Caused by the Child Slave Rebellion (La storia delle A ragazze Vivien, in quello che è conosciuto come i Reami dell'Orreale, della R tempesta di guerra Glandicoangeliniana, causata dalla ribellione dei bambini schiavi: trad. mia). Un film che racconta la storia è stato ricostruito dalla regista Jessica Yu, mettendo insieme le illustrazioni e raccontando anche la vita di Darger, che per tuttta la sua vita nascose questo lavoro vivendo da solo e senza parlarne mai a nessuno. E' stato possibile ritrovarlo grazie alla padrona di casa, Kiyoko Lerner, che si interessò all'intera produzione. The Realms of the Unreal furono elaborati tra 1910 e 1939 e raccontano la storia delle Ragazze Vivien della nazione cristiana di Abbieannia, retta dalle 7 principesse Vivian; contro lo stato ateo di Glandelinia, che ha occupato la nazione di Calverinia e schiavizzato i bambini. Questo è uno dei lavori d Darger che ha poi originato anche altri successivi. In esposizione vi sono grandi formati estesi di queste illustrazioni delle avventure delle Vivien Girls in cui di nuovo il giallo, in tutte le sue gradazioni, è dominante.

Pubblicato in: 
GN17 Anno XVI 3 marzo 2024
Scheda
Titolo completo: 

Villa Medici - Accademia di Francia a Roma
EPOPEE CELESTI
Art Brut nella collezione Decharme
Dal 1° marzo al 19 maggio 2024
A cura di: Bruno Decharme, Barbara Safarova, Caroline Courrioux, Sam Stourdzé