Giovanni Bellucci. Bolsena à Trois couleurs

Articolo di: 
Teo Orlando
Giovanni Bellucci

L’incantevole scenario del Teatro San Francesco di Bolsena ha ospitato alla fine di luglio il Festival Tre Colori: ispirandosi alla trilogia cinematografica Trois couleurs del regista polacco Krzysztof Kieślowski, il pianista Giovanni Bellucci ha progettato una scintillante sequenza di concerti, associando le tre tonalità cromatiche al motto francese rivoluzionario Liberté-Egalité-Fraternité.

Con lui hanno suonato alcuni tra i più celebri interpreti del panorama musicale internazionale, dall'Orchestra di Padova e del Veneto al violoncellista francese Henri Demarquette, dalla violinista giapponese Akiko Suwanai fino al soprano Maria Agresta.

Al blu è stata dedicata la prima serata del 29 luglio dal sapore sinfonico, con il Concerto n. 4 per pianoforte e orchestra e il Triplo concerto per violino, violoncello, pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven (Bellucci direttore al pianoforte). La Serata bianca del 30 luglio ha proposto alcune opere per violoncello e pianoforte di Chopin, Debussy, Franck e Paganini. Infine nella Serata rossa del 31 luglio è stato protagonista assoluto il melodramma con trascrizioni e parafrasi di Liszt, di cui Bellucci è considerato tra i migliori interpreti mondiali.

Qui ci soffermeremo proprio sulla serata finale del 31 luglio, ispirata al Film Rosso del regista polacco, e gravitante attorno al tema della fraternité, nella quale la maestria esecutiva unita allo scintillante programma hanno consacrato Giovanni Bellucci quale esecutore e interprete d’eccezione.

La scelta di Bellucci qui si rivela quasi un ossimoro: accostare la popolarità dell’opera con l’elitarismo delle trascrizioni per pianoforte, ossia la dimensione spettacolare della musica  con i momenti più ripiegati e intimisti. Una soluzione ottenuta accostando le trascrizioni e le parafrasi dei brani operistici di Franz Liszt con alcuni brani vocali tratti dalle opere originali, la cui interpretazione è stata affidata alla soprano Maria Agresta. Bellini, Rossini e Verdi ricevono da questa trasposizione una particolare coloritura, che ne stempera la magniloquenza e ne esalta al contempo l'intensità lirica.

Del resto, le trascrizioni e le parafrasi operistiche di Liszt non sono semplici esercizi di virtuosismo basati su temi resi famosi dai cantanti lirici, ma assurgono al rango di creazioni originali, rappresentando un’autentica innovazione nel panorama pianistico europeo dell’800. Secondo Ferruccio Busoni, in effetti, per fruire appieno di questa musica, sarebbe stato necessario mescolare al sangue germanico almeno alcune gocce di sangue latino. E in effetti lo stesso Rossini rimase impressionato dalla capacità esibita da Liszt di rendere, nelle sonorità per pianoforte, gli arabeschi intessuti dal flauto nella partitura orchestrale originale della terza sezione dell’Ouverture del Guglielmo Tell.

Giovanni Bellucci, che annovera nel suo catalogo discografico numerosi incisioni di Liszt, ha saputo perfettamente immedesimarsi nella sensibilità del grande musicista ungherese, riuscendo in modo mirabile a fare proprio lo spirito della cosiddetta “scrittura a tre mani” (che a sua volta Liszt mutuò dal collega e rivale Sigismond Thalberg, da lui affrontato e “sconfitto” in un celebre “duello” pianistico, svoltosi a Parigi nel 1837). Questa tecnica permise a Liszt di rendere simultaneamente tre differenti sequenze sonore, ossia una melodia cantabile, un accompagnamento armonico e un potente basso “sinfonico”, usando diversi registri pianistici (tecnica usata anche in altri ambiti musicali, ad esempio dall’organista progressive Hugh Banton dei Van Der Graaf Generator, che ha pure interpretato le Variazioni Goldberg di Bach).

La serata si apre con alcune melodie verdiane tra le più popolari (la "Danza sacra" e il "Duetto finale" dall’Aida): Bellucci si presenta sobriamente, camicia arancione e pantaloni nero-satin. Un accenno di saluto e le mani scorrono rapide sul pianoforte Steinway. La "Danza sacra" trascritta da Liszt viene interpretata con il giusto trasporto e con l’opportuno dosaggio nel tocco sulla tastiera.

Subito dopo entra in scena la soprano Maria Agresta: dal Trovatore verdiano intona superbamente la prima aria, D’amor sull’ali rosee, tratta dall’Atto IV. Segue una sorta di “intermezzo”, nel quale Bellucci magistralmente esegue il "Miserere" dalla stessa opera: nella parafrasi pianistica di Liszt questo brano, apparentemente dimesso, assume toni spettrali e “gotici”. La Agresta conclude con l’aria “Tu vedrai che amore in terra”, dal testo dolente e tragico (O col prezzo di mia vita/la tua vita io salverò,/o con te per sempre unita/nella tomba io scenderò).

La parte dedicata alle trascrizioni verdiane termina con la parafrasi da concerto dal Rigoletto, che viene suonata in modo così appassionato e sentito da far trasparire l’imperlarsi del sudore nella figura del pianista. Va sottolineato che Liszt assume come base la melodia del quartetto "Bella figlia dell'amore", forse il pezzo più commovente dell'intera opera di Verdi, esaltandone la luminosità e trasformandola in un senso pià squisitamente romantico.

La seconda parte del concerto è dedicata alle trascrizioni lisztiane da Vincenzo Bellini e Gioachino Rossini: Bellucci riesce perfettamente ad esprimerne i toni melodrammatici con la tastiera. In particolare, nelle Réminescences de Norma di Bellini, costituite da una successione di diverse sezioni ognuna delle quali presenta un intervallo di terza all’acuto rispetto alla precedente, Bellucci adatta il suo stile pianistico alle esigenze della partitura e verso la fine sembra quasi inseguirla incalzandola anche sul piano del ritmo. Anche in “Sombre forêt”, Recitativo e romanza di Mathilde dal Guglielmo Tell di Rossini, si nota un’intensità drammatica che va ben al di là dell’apparente tono giocoso tipico del compositore di Pesaro.

Segue la parafrasi dell’aria “Casta Diva”, dalla Norma di Bellini: Bellucci apre con un delicato arpeggio, a cui fa seguito una sobria interpretazione vocale della Agresti, che ben riesce a riprodurre il tono delicato e lieve del motivo belliniano (Casta Diva, che inargenti/queste sacre antiche piante,/a noi volgi il bel sembiante/senza nube e senza vel…). Ma dietro questa delicatezza e levità si cela un senso del tragico che non era sfuggito a Richard Wagner, quando nel 1837 aveva diretto a Riga l’opera del compositore catanese: la struttura scenico-musicale della morte di Isotta nel Tristan und Isolde è direttamente ispirata all’invocazione “Deh, non volerli vittime” dell’atto secondo della Norma.

Il concerto si conclude con un brano puramente lisztiano: la Fantasia quasi Sonata “Dopo una lettura di Dante” del 1856, da Bellucci interpretata con una forte romanticizzazione. Del resto, si tratta di un pezzo di musica a programma, che riecheggia il poema sinfonico dedicato a Dante Alighieri dallo stesso Liszt (la cosiddetta Dante-Symphonie). Il brano, pur in un solo lungo movimento, si divide in due parti essenziali: la prima è un tema in Re minore, che simbolizza le sofferenze delle anime nell’inferno (peraltro la chiave di Re minore è spesso correlata con la morte, come si nota nella stessa Totentanz di Liszt e nelle scene più macabre del Don Giovanni di Mozart, come la penultima del secondo atto, in cui la statua del Commendatore esorta Don Giovanni a pentirsi). La seconda è un corale beatifico in Fa diesis minore, che rappresenta la gioia delle anime ascese al paradiso; la chiave di Fa diesis minore viene usata non a caso da Liszt in altre opere “di elevazione”, come la Benedizione di Dio nella solitudine.

C’è però il tempo per un bis: sempre da Liszt, di cui Bellucci ricorda che proprio il 31 luglio ricorre il genetliaco, la composizione dedicata all’ultimo dei tre sonetti del Petrarca da lui tradotti in musica. Si tratta di un brano pianistico ispirato al sonetto n. 123 del Canzoniere, di cui il grande compositore seppe mirabilmente penetrare le sublimità celestiali: “Quel vago impallidir che ‘l dolce riso/d’una amorosa nebbia ricoperse/con tanta maiestade al cor s’offerse/che li si fece incontr’a mezzo a ‘l viso.”

Si può concludere, con le parole di Bellucci, ricordando l’intento etico del suo progetto, e della Trilogia di Kieslowski: "essi denunciano l’alienazione individuale e disegnano "il profilo di un mondo che è una sorta di pacifico inferno in cui la forza dell’indifferenza e la rinuncia alla memoria e all’azione sono i mezzi anestetici perché l’uomo possa proseguire quanto più a lungo possibile una vita senza più domande”. Valenza etica corroborata dalla presenza nel comitato d’onore del Festival Tre Colori di Remo Bodei, uno dei più autorevoli filosofi italiani viventi, attualmente docente presso la University of California a Los Angeles.

Pubblicato in: 
GN 21/ 5 -19 settembre 2009
Scheda
Autore: 
Giovanni Bellucci
Titolo completo: 

Teatro San Francesco, Bolsena (VT)

Tre colori. Una Trilogia musicale
di Giovanni Bellucci
liberamente tratta dal capolavoro
cinematografico di Krzysztof Kieślowski "TROIS COULEURS"
dal 29 al 31 luglio 2009

Serata rossa: Il tuo rogo, o Norma, è il mio. Incomincia eterno amor
Venerdì 31 luglio 2009 - ore 20,45

Franz Liszt [1811-1886]/Giuseppe Verdi [1813-1901]:
Aida, Danza sacra e duetto finale, per pianoforte solo

Giuseppe Verdi
Il Trovatore, Atto IV, Scena I
1.“D’amor sull’ali rosee”, Recitativo ed Aria di Leonora, per soprano e pianoforte
2. Miserere, Parafrasi di Franz Liszt per pianoforte solo
3. “Tu vedrai che amore in terra”, Cabaletta di Leonora, per soprano e pianoforte

Franz Liszt/Giuseppe Verdi:
Rigoletto, Konzert-Paraphrase, per pianoforte solo

Franz Liszt/Vincenzo Bellini [1801-1835]:
Réminiscences de Norma, per pianoforte solo

Gioachino Rossini [1792-1868]/Franz Liszt:
“Sombre forêt”, Recitativo e Romanza di Mathilde, dall’Opera Guillaume Tell, per soprano e pianoforte

Vincenzo Bellini:
“Casta diva”, Aria di Norma, dall’opera Norma, per soprano e pianoforte

Franz Liszt:
“Après une lecture de Dante”: Fantasia quasi Sonata, per pianoforte

Giovanni Bellucci, pianista
Maria Agresta, soprano

Anno: 
2009
Voto: 
10