Melancholia di Lars Von Trier. L'astro della nigredo

Articolo di: 
Livia Bidoli
Melancholia

La malattia dei romantici, lo spleen, la bile noire, il trattato sul quale Robert Burton, nel 1621, costruì parte della sua influenza (imprevista) su Keats, ma anche su Borges come spiega bene l’introduzione al saggio Anatomia della malinconia curata da Jean Starobinski. Perno centrale del film di Lars Von Trier, Melancholia, per lui si trasforma in un pianeta blu che rischia di far soccombere la Terra in seguito alla conflagrazione dei due pianeti. Palma d’oro a Kirsten Dust come miglior attrice protagonista all’ultimo Festival di Cannes.

Il Preludio commovente al legame tra amore e morte per eccellenza, come all’amor cortese condotto al massimo grado di raffinatezza ed incisività, ovvero il Tristan und Isolde (1859) di Richard Wagner (1813-1883), è il Leitmotiv del film. E la pellicola inizia, dopo una serie di immagini e scene oniriche che forniranno una chiave di lettura ulteriore al finale, proprio con un matrimonio istituzionale, quello cui Tristan und Isolde, rappresentativi dell’amore fuori dal contesto socialmente accettato, non potranno accedere mai, in quanto figuranti dell’amor negativo, ovvero amor-passione che Denis de Rougemont staglia tanto acutamente nel suo libro L’amore e l’occidente (ed. Bompiani, tit. orig. L’amour et l’occident, 1939 prima edizione). Difatti sarà proprio il ricevimento festoso e sgargiante di invitati a mettere in crisi il rapporto tra Justine (capitolo uno del film) e Michael, Alexander Skarsgård.

In un'apoteosi di onirismo visionario, accediamo ad una discesa dentro sé stessi che sembra correlata a quella prima fase del percorso alchemico che è denominata nigredo, ovvero la fase depressiva di discesa dentro di sé, quella che Albrecht Dürer aveva dipinto coi tratti in bianco e nero della Melencolia I (1514). Che la Melancholia del titolo non sia solo un pianeta, ma piuttosto metafora di ciò che avviene a livello emotivo nell’animo di Justine (Kirsten Dunst) e di Claire (Charlotte Gainsbourgh, cui è dedicato il secondo capitolo), è una certezza. Dietro questa sicurezza vi  è anche, a confermare la lettura rougemontiana, che l’amore si oscuri piuttosto con la sua istituzionalizzazione e ricada nella tristezza della malinconica Justine, interpretata da una Kisten Dunst straordinaria nell’intercalare l’evoluzione del personaggio.

In fondo questo film di Von Trier – oltre a delineare il dramma apocalittico - è soprattutto capace di far convogliare in questo timor panico una preoccupazione cui tentiamo di tenerci alla larga anche esorcizzandola, la paura (e la certezza) di morire che, per quanto lontana all’inizio della vita in termini anagrafici, tesse un filo d’Arianna che, nonostante tutto, incontrerà poi il suo Asterione (cfr. il racconto di Borges La casa di Asterione in Finzioni, Einaudi; tit. orig. Fictiones), senza sapere in quale stanza del labirinto in quel momento si troverà.

Pubblicato in: 
GN56 Anno III 13 giugno 2011
Scheda
Titolo completo: 

Melancholia

REGIA: Lars von Trier
SCENEGGIATURA: Lars von Trier
ATTORI: Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Kirsten Dunst, Charlotte Rampling, Udo Kier, Stellan Skarsgård, Alexander Skarsgård, John Hurt, Brady Corbet
FOTOGRAFIA: Manuel Alberto Claro
PRODUZIONE: E1 Entertainment, Tristar Pictures, CNC See
DISTRIBUZIONE: BIM distibuzione
PAESE: Danimarca, Francia 2011
GENERE: Drammatico, Fantascienza
FORMATO: Colore