Niki de Saint Phalle. Il lato gotico del Pop

Articolo di: 
Livia Bidoli
Le Grand Diable

Alla Fondazione Roma Museo dal 4 novembre 2009 fino al 17 gennaio 2010, una mostra sia per bambini, con percorso didattico e ludico creato appositamente (per loro l’ingresso è gratuito), sia per adulti, che nella parte più visionaria, e non solo colorata, di Niki de Saint Phalle saranno rapiti da fantasmi in veste di carte-scultura da predizione.

L’immaginario di quest’artista nata a in Francia nel 1930 ma cresciuta a New York, è estremamente denso e variabile diacronicamente. Attualmente i suoi lavori sono curati dalla Niki Charitable Art Foundation in modo organico e la maggioranza dei quali, 100 opere, è in mostra. La presentazione dell’artista a cura di Stefano Cecchetto, apre degli squarci desueti - non a caso intoitolata Un sogno più lungo della notte - su di una vita trascorsa, a partire dal 1956, per l’arte.

Chi pensa che le pitture e le sculture di Niki de Saint Phalle siano sfiziosamente e popartisticamente colorate, probabilmente non ha osservato a lungo le sezioni della mostra: soprattutto la sala al centro dopo i Tir che l’hanno caratterizzata all’inizio del suo percorso. Nei primi anni ‘60, proprio quando si separa dal primo marito Harry Matthews, da cui ha avuto due figli, Niki de Saint Phalle trascorre un periodo piuttosto travagliato, estremamente visibile nelle sue realizzazioni artistiche a cominciare proprio dai Tir, veri e propri tiri al bersaglio - che sono sacchetti di colori - con un fucile calibro 22.

L’eccesso di rabbia è chiaramente la fucina della prima fase, la nigredo alchemica dell’artista. Quando tutto volge all’opera in nero (prima fase del processo alchemico), nella sua officina nascono opere come Cathédrale (1962), che ad una prima occhiata potrebbe rivestire con gusto tardogotico una cattedrale di un periodo coevo; oppure Coeur (1963 – un enorme cuore grigio formato da oggetti vari) che sfoggia, come Cathédrale, un senso di lacerazione sconfinato. I personaggi e gli animali che si muovono sui due lavori condensano una tristezza inesauribile, e nel luogo dove sono ubicati fanno da pendant alla macabra Marilyn (1964), sorta di fattucchiera con capelli di stoppa e segni di decomposizione ovunque, compresi i fiori secchi. Lucrezia o La Contessa Bianca (sempre del ’64), è una sorta di guerriero increspato da rettili e teschi, oltreché da un orsetto e da maschere deturpate.

Lì vicino si trova il secondo studio su Dracula (Fragment de Dracula I e II del 1\961): mostra un ombrello ed una bicicletta rotta, mentre all’estremo lato sinistro, in basso, un gruppo di persone guarda verso l’osservatore. Al centro della sala un Teschio (Teschio I, 1988) composto da un mosaico di specchi, troneggia gigantico, a bocca spalancata, quasi sereno. I teschi sono un leit-motiv di Niki de Saint Phalle, da La Peste (1986) a Vanitas (1996), la prima opera è un quadro-scultura diviso in due parti, sulla prima una piovra rossa e con tentacoli, quasi ad ammonire lo spettatore dall’avvicinarsi, dall’altra fiori ed un percorso tracciato verso il sole. Piccoli teschi in rilievo compongono la cornice a sinistra, volti umani quella a destra.

L’immaginario gotico di Niki è evidente anche nell’Altare dorato (1962-95) dove un serpente trafigge i due emblemi sopra la doppia testa: sotto di una donna angelica, sopra un vecchio con il naso aquilino. Bambole a pezzi rivestono macabre le due pale dell’altare: una sofferenza indicibile che risale solo con la serigrafia Could we have loved? del 1968, inedita richiesta d’amore come lo sono le Nana Power, con i loro ventri enormi alla ricerca di una pienezza che di certo la Vanitas (opera del 1996 sovracitata) non garantisce. La grande Nana Assise (seduta, 1965) coi colori spenti o l’accesa Big Lady Black, che fa pensare alla gigantesca opera per il Moderna Museet di Stoccolma costruita nel 1966 col (poi) marito Jean Tinguely: Hon (She), dove panchine d’innamorati o terrazze sul mondo museale che s’avvicina al ventre di Lei fanno pensare a quanto possa accogliere dentro di sé una donna, la Donna.

Forse l’opera fra tutte che riassume in maniera ontologica Niki de Saint Phalle è il grande Giardino dei Tarocchi di Villa Caracciolo a Capalbio (Garavicchio, Grosseto). Qui dal 1979 dà vita agli Arcani Maggiori, 22 enormi sculture coloratissime di cui tre sono in mostra: Le Grand Diable del 1989, Adam and Eve (Gli Amanti, 1985) e Le Fou (Il Folle del 1990). Per i bambini è stato creato anche un gioco dei tarocchi da fare sul posto. Le Grand Diable incatena gli uomini al sé e al mondo, in un patto lungimirante e avido come dal basso ventre adunco è dimostrato. Il Folle s’incammina invece su un sentiero sconosciuto con un sacco vuoto e lo sguardo ingenuo come Adamo ed Eva che gli stanno innanzi, felici di brindare alla vita circondati da La Luna, La Giustizia, La Temperanza, in sculture (più piccole) e serigrafie nella stessa sezione dedicata.

La lampada di Ganesh (1993) e L’Unicorno (1994) con la dama bianca salutano metaforicamente questa visita all’interno dei propri sogni con Last Night I Had a Dream (1968-88), dove la conoscenza si incammina sui sogni di un mondo pulito e colorato, dove le tassonomie si trasformano in unioni, dove il bianco ed il nero sono contraltari al colore su un Albero della Libertà (2000-2001), che fino alla morte è stato soggiogatore di gorgoni e dalla cui testa – di drago (La Forza,1987) o di Sfinge (1990) ha tratto la luce, in miriadi di raggi e ceneri, da cui è nato un fuoco alchemico rutilante di fulgore.

Pubblicato in: 
GN2 Anno II 18 novembre 2009
Scheda
Titolo completo: 

Niki de Saint Phalle
Roma, Museo Fondazione Roma
4 novembre 2009 – 17 gennaio 2010
ingresso gratuito fino a 14 anni
Photo Gallery Livia Bidoli

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