Opera di Roma. Alceste, il sacrificio aureo

Articolo di: 
Livia Bidoli
Alceste

L’Alceste di Christoph Willibald Gluck, su libretto di Ranieri de’ Calzabigi, manca dal Teatro Costanzi dal 1967 e la presente, che è in scena dal 4 al 13 ottobre al Teatro dell'Opera di Roma, è la versione francese del 1776, che è stata presentata alla Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera nel 2019 con la regia e le coreografie di Sidi Larbi Cherkaoui. Prominente nel cast è Marina Viotti con la voce di Alceste; accanto a lei, nel ruolo del marito e re Admète,  Juan Francisco Gatell: entrambi diretti dal Maestro Gianluca Capuano.

Con Gluck, come sappiamo, e con l'Orfeo in particolare, il compositore si libera dalla schiavitu' di essere, in qualche modo, “al servizio del cantante” (perlopiu' plurimi e dalle vezzose richieste, sic!) e riprende il suo posto primevo di grande strumentista ed orchestratore, anche per loro, naturalmente. Wagner su e di questo a lungo parlò nella sua riforma e nella creazione dell'”opera d'arte dell'avvenire”, come riportato nel curatissimo libretto dell'opera. Questo naturalmente non vuol dire la mancata esaltazione delle voci, bensì una maggiore libertà e vigorìa al musicista che,  con Gluck, e straordinariamente in Alceste, raggiunge vette elevatissime di godimento per il pubblico colto.

Il mito greco di Alceste, da Euripide, si snoda in Tessaglia e ruota intorno ad un sacrificio ed un ritorno dall'Ade, questa volta felicemente sciolto, a differenza di Orfeo, ed una generosità immane, provocata da un amore senza fine come e quanto il coraggio della protagonista, Alceste, moglie di Admète. Sidi Larbi Cherkahoui produce, per strutturare la trama in scene e movimenti, una ricca messe di “doppi” danzati dei protagonisti, insieme alle loro pene, che “letteralmente” si sciolgono e si dispiegano di fronte ai nostri occhi in costumi ariosi e flessuosi, eburnei, verdacei, a volte d'ebano tinti. Un passaggio graduale tra quadri e scene è cio che rende dinamico questo spettacolo e, sebbene struggente, in particolar modo il secondo atto, nella scena della confessione del “sacrificio” e della sua “vittima”: una donna il cui temperamento è volitivo e temerario, al contrario di Adméte, che, malato, non vuole lasciare la nuda terra e, nella meravigliosamente angosciosa lirica di Rilke, Alcesti (1907), chiama i genitori a prendere il suo posto. Come appunto sottolinea Cherkaoui: “Il conflitto consiste nella lotta contro la natura. E' un fatto naturale che Admète debba morire. E' un re malato ed è destinato a morire. Non accettano la naturale fine delle cose.” Il regista e coreografo spiega anche che la posizione degli dei è differente da quella degli uomini sul valore da dare alla vita dell'uomo e della donna:”Gli uomini e le donne sono uguali e le loro vite hanno lo stesso valore.” Ed è infatti solo al terzo atto che Admète, tramite Évandre, comprende che di questo sacrificio ne morranno entrambi e la raggiunge nell'Ade: a questo punto sarà Hercule che farà da intermediario tra il Dio Apollo e la coppia, che verrà salvata dal dio nobile ed aureo, quello stesso colore che riveste Alceste con la tunica fin dall'inizio, il colore alchemico dell'oro, della sostanza metaforicamente spirituale che tramuta e traduce l'anima.

Tra trascinanti crescendo, come quello di Luca Tittoto nella parte del Gran Sacerdote (e che riveste anche quella di Hercule), supportati dalla musica, l'opera si accende nel secondo atto, con tutte le voci calde dei cantanti, a partire dai due ruoli principali ricoperti dal mezzosoprano Marina Viotti e dal tenore, per noi conosciuto e apprezzato, Juan Francisco Gatell: ottimo debutto per lei di grande presenza scenica e melanconica nelle parti drammatiche. Bene la voce tenorile di Patrik Reiter (Évandre), nonchè il tenebroso passaggio nell'Ade con i trampolieri infernali ed il basso Roberto Lorenzi (Un Dieu infernal / L’Oracle) e lo sciogliersi aureo sebbene baritonale dell'Apollon di Pietro Di Bianco.

In connubio perfetto e sincrono con l'Orchestra dell'Opera di Roma il Maestro Gianluca Capuano, specialista del repertorio del Settecento che all’Opera di Roma ha già diretto Orfeo ed Euridice di Gluck (stagione 2018/2019) e che noi abbiamo ascoltato nell'Ariodante con Cecilia Bartoli a Salisburgo nel 2017. Roberto Gabbiani ha ben diretto il Coro che, secondo la visione di Cherkaoui, è stato in qualche modo “ripreso silenziosamente” dai suoi danzatori della compagnia Eastman e da alcuni del Corpo di Ballo del Teatro dell'Opera di Roma, in una ritualità ascendente ed alchemica, a curare quel “sacrificio” che gli dei stessi hanno condonato.

Grandissimo successo di pubblico per una rappresentazione di primissimo livello, musicale, tecnico, scenico, nonché coreografico grazie alla dinamicità flessuosa di Cherkaoui.

Pubblicato in: 
GN46 Anno XIV 12 ottobre 2022
Scheda
Titolo completo: 

Teatro dell'Opera di Roma
Stagione 2021/2022
Alceste
Musica di Christoph Willibald Gluck

Tragédie Opéra in tre atti
Libretto di Marius-François-Louis Gand Lebland, Bailli du Roullet
da Ranieri de’ Calzabigi (versione parigina 1776)
Tratto dall’Alcesti di Euripide

direttore Gianluca Capuano
regia e coreografia Sidi Larbi Cherkaoui

MAESTRO DEL CORO ROBERTO GABBIANI
ASSISTENTE ALLA REGIA ACACIA SCHACHTE
REGISTA ASSISTENTE GIULIA GIAMMONA
ASSISTENTE DIRETTORE D’ORCHESTRA BENEDIKT SAUER
SCENE HENRIK AHR
COSTUMI JAN-JAN VAN ESSCHE
LUCI MICHAEL BAUER
DRAMMATURGIA BENEDIKT STAMPFLI

CAST
ALCESTE MARINA VIOTTI
ADMÈTE JUAN FRANCISCO GATELL
EVANDRE PATRIK REITER
LE GRAND PRÊTRE / HERCULE LUCA TITTOTO
APOLLON / UN HÉRAULT D’ARMES PIETRO DI BIANCO
UN DIEU INFERNAL  / L’ORACLE  ROBERTO LORENZI
CORYPHÉES CAROLINA VARELA, ANGELA NICOLI, MICHAEL ALFONSI, LEO PAUL CHIAROT

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
EASTMAN, ANVERSA

con la partecipazione degli Allievi della Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma

Allestimento Teatro dell’Opera di Roma da una produzione Bayerische Staatsoper

In lingua francese
con sovratitoli in italiano e inglese