Roma. L’Immagine Sovrana dei Barberini

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Ludovico Carracci. San Sebastiano nella cloaca Maxima

Nel 2023 cade il quattrocentesimo anniversario dell’elezione al soglio pontificio del cardinale Maffeo Barberini, con il nome di Urbano VIII, avvenuta il 6 agosto 1623, fu il pontificato più lungo del XVII secolo (1623-1644). Il raffinato e colto cardinale divenuto papa determinò un importante rinnovamento, che segnò l’Urbe facendone la culla del Barocco, e influenzò la cultura europea nell’arte, nella cultura e nel sapere scientifico e filosofico. Urbano VIII volle farne uso anche nella diplomazia nel tentativo di risollevare il declinante prestigio del Papato, ma fallì. Per celebrare la ricorrenza le Gallerie Nazionali di Arte Antica ospiteranno fino al 30 luglio la mostra L'immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini, proprio nel Palazzo che porta il loro nome e che fu immagine e centro dell’azione del pontefice nell’ambizioso progetto politico e culturale di accrescere, non solo il prestigio della famiglia ma anche influenza politica del papato. In questo ambizioso progetto fu coadiuvato dai nipoti: i cardinali Francesco e Antonio e il Principe Taddeo, che fu nominato Prefetto dell’Urbe.

La mostra è curata da Maurizia Cicconi, Flaminia Gennari Santori e Sebastian Schütze ed è prodotta dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica con il sostegno della Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura. Oltre alle opere custodite dal museo sono in esposizione più di 80 opere provenienti dalla collezione del museo e da oltre 40 tra istituzioni museali, collezioni private italiane e internazionali, in quanto nel tempo molte delle opere appartenute alla straordinaria collezione della famiglia sono state disperse.

Nel saggio introduttivo del catalogo, edito da Officina Libraria, Flaminia Gennari Santori, direttrice del museo e co-curatrice della mostra, scrive che questa esposizione si pone a coronamento di un lungo percorso iniziato nel 2016 con il recupero di tutti gli ambienti del palazzo precedentemente occupati dal Circolo Ufficiali delle Forze Armate. Al recupero è seguito il riallestimento delle collezioni permanenti accompagnato dalle chiavi di lettura del palazzo, che è di per sé un’opera d’arte. Sono stati anche riorganizzati i percorsi di visita con nuove introduzioni alla comprensione delle opere esposte e sono state aperte al pubblico aree precedentemente precluse alla visita. Chi ha seguito, come noi, questo lungo e impegnativo ma anche appassionato lavoro si è reso conto dei pregevoli risultati raggiunti per accompagnare i visitatori nella migliore fruizione del museo e delle singole opere d’arte. 

Flaminia Gennari Santori ha anche dichiarato che “Questa mostra rappresenta l’apice di un lavoro di ricerca durato molti anni, segnando un traguardo importante del percorso di confronto e di scambio con le istituzioni museali italiane e straniere che ho perseguito fin dal mio insediamento. Sono infatti moltissimi i musei, i collezionisti e le istituzioni con cui abbiamo intessuto rapporti in questi anni, che hanno capito l’importanza del progetto e aderito con entusiasmo concedendo prestiti prestigiosi”.

Il percorso espositivo si articola in dodici sezioni e inizia dallo Spazio Mostre al piano terra del palazzo per poi proseguire al primo piano nelle sale monumentali del piano nobile: il Salone Pietro da Cortona, la Sala Marmi, la Sala del Trono, la Sala Paesaggi e alcune sale della collezione permanente. Le sezioni sono pensate per mettere in luce i diversi aspetti che hanno caratterizzato i progetti del papa così fin dalla prima, Piacere e Strategia, viene messo in luce come Maffeo Barberini, già da cardinale, grazie alle ricchezze ricevute dallo zio Francesco, fosse un raffinato collezionista. Il ritratto commissionato a Caravaggio e il Sacrificio di Isacco sempre del Merisi testimoniano il gusto ricercato nelle scelte così come lo splendido San Sebastiano nella cloaca Maxima di Ludovico Carracci (1555-1619); un dipinto che colpisce per l’inconsueta rappresentazione drammatica, la composizione e la ricchezza del colore.

Nella seconda, dedicata ai ritratti, sono in mostra opere di artisti che ebbero un grande ruolo non solo nell’adattamento e nella edificazione delle ali del palazzo ma anche delle opere che cambieranno l’aspetto della città. Un esempio emblematico è Gian Lorenzo Bernini di cui è esposto, tra le varie opere, il Busto bronzeo di Maffeo ormai divenuto Urbano VIII. Bernini affiancherà anche, come architetto, l’anziano Carlo Maderno, ideatore del progetto del Palazzo che incorporò la villa preesistente. Di Bernini è una delle due scale che portano al piano nobile, l’altra è di Francesco Borrromini. Al piano nobile c’è anche la Sala Ovale ideata da Bernini in ogni dettaglio, che è rivolta e si apre verso il giardino ed è attigua al Salone di Pietro da Cortona. Di Pietro da Cortona, altro artista legato ai Barberini è in mostra, tra le varie opere, il Ritratto di Urbano VIII, ma il suo capolavoro, che divenne un modello della pittura barocca, è l’affresco della volta del salone centrale, che si apre nel cielo verso l’infinito, realizzata tra 1632 e 1639. L’affresco, Il Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano VIII, è una straordinaria allegoria che esalta il pontificato del Barberini, eseguita con grande virtuosismo tecnico e guidata nella simbologia dalla notevole e poliedrica erudizione di Urbano VIII.

Di Francesco Mochi, straordinario scultore, il cui capolavoro è la mirabile Annunciazione di Orvieto, che è considerata la scultura di passaggio dal Manierismo al Barocco, sono presenti Il Ritratto equestre di Carlo Barberini in bronzo e il Bozzetto per la prima versione della Veronica, effettuato per la statua di Santa Veronica, posta in uno dei nicchioni della crociera di San Pietro in Vaticano. Quest’ultima opera è esposta nella terza sezione La fabbrica dei santi, in cui viene illustrata la strategia religiosa nel culto dei santi, il Bozzetto per Matilde di Canossa, un bronzetto tratto da una terracotta di Gianlorenzo Bernini per Monumento a Matilde di Canossa, la cui salma fu traslata nel monumento funebre in San Pietro, è un esempio di uso politico della religione, ma oramai fuori tempo massimo. Nicolas Poussin fu un altro artista apprezzato dal Barberini che gli commissionò per San Pietro il Martirio di sant'Erasmo, uno splendido esempio di classicismo, in mostra nella sezione successiva dedicata al collezionismo di Barberini, dello stesso autore c’è anche la Morte di Germanico. Proprio in questa sezione troneggia il dipinto La Fornarina di Raffaello Sanzio, opera famosissima appartenente alla collezione del museo.

Il romano Andrea Sacchi è un altro pittore nella cerchia degli artisti legati ai Barberini, collaborò anche con Pietro da Cortona nell’affresco della volta, di lui in mostra il Ritratto di Taddeo Barberini, Le tre Maddalene e il Ritratto di Marc'Antonio Pasqualini con Apollo e Marsia posto nella sezione dedicata al mecenatismo. Il Ritratto di Marc'Antonio Pasqualini con Apollo e Marsia, ora a New York al Metropolitan Museum of Art introduce altre passioni di famiglia: il teatro, la musica e il melodramma. La famiglia Barberini dette un grande impulso allo sviluppo del melodramma, le rappresentazioni non furono più solo episodiche in occasione eventi particolari ma ci fu una certa continuità e la creazione di un repertorio. Innovativa fu la scelta dei soggetti che si rivolsero alla agiografia, ai poemi di Ariosto e Tasso e introdussero la commedia. Ci furono cambiamenti per rendere più fluido lo sviluppo drammatico e nella grandiosità delle rappresentazioni con macchine e grandi effetti scenici, potendo avvalersi di Bernini, che si dedicò anche in proprio al teatro, come autore, scenografo, costumista e regista. Questo mecenatismo teatrale sicuramente appagava il piacere ma poi aveva anche fini propagandistici nello scopo di affermare il primato del papato e di porre la sua dinastia sullo stesso piano di quelle regali.

Marc'Antonio Pasqualini di Roma fu una vera star dell’epoca, sopranista e anche un compositore, molto apprezzato dalla famiglia Barberini. Pasqualini cantò nei melodrammi su testo del cardinale Giulio Rospigliosi, legato ai Baberini e divenne poi Papa Clemente IX nel 1667. I melodrammi allestiti dai Barberini tra il 1631 e il 1642 sui suoi testi furono: il S. Alessio messo in musica da Stefano Landi, Erminia sul Giordano su musica di Michelangelo Rossi, Santi Didimo e Teodora musica di Stefano Landi (?), Chi soffre speri musica di Virgilio Mazzocchi e Marco Marazzo e Il palazzo incantato di Atlante di Luigi Rossi. Sempre legate alla musica sono esposte l’Arpa Barberini, strumento del 1633, e di Giovanni Gaspare Lanfranco Venere che suona l’arpa.

Nella sezione dedicata all’esaltazione della famiglia tra le varie allegorie che celebrano il papa e la sua famiglia ricordiamo le celeberrime api, fu Maffeo Barberini appena eletto cardinale a mutare lo stemma di famiglia inserendo le api, simbolo di lavoro operoso e utile, più adatte alla propaganda invece dei precedenti tafani. Il rapporto con l’antichità romane, che consisté anche in una sistematica spoliazione e arricchì il palazzo di antichità, è argomento della seguente sezione. La spoliazione più nefasta e famigerata, che passò alla storia con la celeberrima la pasquinata “Quod non fecerunt Barbari fecerunt Barberini” fu la fusione della trabeazione bronzea del Pantheon per fare i cannoni, anche se la versione ufficiale fu che era servito il bronzo per il Baldacchino ideato da Bernini in San Pietro. In esposizione l’unica parte rimasta è un chiodo che rende bene la grandezza di ciò che fu staccato e fuso. Sono anche in mostra disegni di antichità a cominciare dal quello del Pantheon di Francesco Borromini e il dipinto di Jean Lemaire, Anacoreta con l’obelisco Barberini e l’acquerello con il Rilievo della Colonna Traiana di Pietro da Cortona.

La sezione dedicata al rapporto con la “Scienza moderna” illustra con i libri in esposizione l’importanza delle attività di promozione della cultura scientifica svolte dalla famiglia, una testimonianza di quell’epoca in cui nella volontà di perseguire un sapere di carattere enciclopedico si intrecciavano curiosità, scienza e sapienza. Al piano nobile nel Salone di Pietro da Cortona sono esposti i cartoni con i relativi arazzi, che erano oggetti di lusso, possederli o commissionarli denotava un elevato stato sociale, ma disporre di un’arazzeria in proprio, era una prerogativa riservata quasi esclusivamente alle case regnanti. Sempre allo scopo di mettersi sullo loro stesso piano il cardinal nepote Francesco Barberini, decise, nel 1627, di fondare a Roma una fabbrica di arazzi, affidandone la direzione tecnica al fiammingo Jacob van den Vliete (Giacomo della Riviera). I cartoni in mostra sono di: Pietro da Cortona, Costantino combatte il leone, di Francesco Romanelli, Il battesimo di Cristo, e di Fabio Cristofani, Maffeo Barberini eletto Papa.

Seguono la sezione dedicate alla retorica e alla poesia in cui spicca il Busto marmoreo di Urbano VIII Barberini di Bernini, quella dedicata ai doni diplomatici inviati alle diverse corti europee, come il Busto del cardinale Richelieu, sempre di Bernini, proveniente da Louvre. Nella seguente ci sono alcuni esempi del collezionismo dei Barberini finalizzato ai collaboratori nell’azione di governo tra queste alcune di Simon Vouet, il Ritratto di Berardino Spada di Guercino e il Ritratto del cardinale Giulio Mazzarino di Pietro da Cortona. E per finire gli eventi pubblici e gli spettacoli nella dodicesima e ultima sezione “Il Teatro degli Stupori”. L’attuale Sala dei marmi fu il primo luogo dedicato alla rappresentazione di spettacoli teatrali e musicali, ma nel 1632 Pietro da Cortona fu incaricato di progettare un apposito teatro, che venne edificato sul lato orientale del cortile della cavallerizza, entro il 1639. Nel 1932 per l’apertura di via Barberini il Teatro fu purtroppo in parte demolito e rimaneggiato. Sono in mostra alcune testimonianze dei grandiosi eventi organizzati dalla famiglia, come il grande dipinto La Giostra del Saracino di Andrea Sacchi e l’altrettanto grande Carosello per l’ingresso di Cristina di Svezia di Pietro Gagliardi e Filippo Lauri. È una mostra godibile e di grande interesse, con efficaci pannelli esplicativi, da non perdere.

Pubblicato in: 
GN21 Anno XV Edizione Speciale per Pasqua
Scheda
Titolo completo: 

L'immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini
Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane 13, Roma

CURATORI: Maurizia Cicconi, Flaminia Gennari Santori, Sebastian Schütze

APERTURA AL PUBBLICO: 18 marzo – 30 luglio 2023
ORARI: martedì – domenica, ore 10.00 – 19.00. Ultimo ingresso alle ore 18.00.
GIORNI DI CHIUSURA: il lunedì, 25 dicembre, 1° gennaio

BIGLIETTO BARBERINI CORSINI: Il biglietto è valido per 20 giorni dal momento della timbratura per un solo accesso in ciascuna delle sedi del Museo: Palazzo Barberini e Galleria Corsini.

INFO gan-aar.comunicazione@cultura.gov.it