Santa Cecilia. Armonie contro la guerra

Articolo di: 
Livia Bidoli
Piemontesi e Valcuha

Con il nuovo direttore musicale britannico Daniel Harding appena confermato dal 2024, l'ultimo concerto di Santa Cecilia è dedicato al binomio Guerra e pace. Il primo concerto sinfonico del mese di marzo in programma dal 2 al 4 marzo nell'Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, ha visto due graditi ritorni sul palco della sala Santa Cecilia: il direttore slovacco Juraj Valčuha, che qui ha debuttato nel 2011, e il pianista svizzero Francesco Piemontesi, già ospite nel 2018 ed in seguito esibitosi anche in tournée a Mosca e in Svizzera con l’orchestra ceciliana diretta da Pappano. In programma il Concerto per pianoforte n. 2 di Franz Liszt e la monumentale Sinfonia n.8 di Dimitrij Šostakovič.

Il concerto si apre come su una fantasticheria: in fondo le armonie perlate del Secondo concerto per pianoforte ed orchestra in la maggiore di Franz Liszt, che si aprono su un Adagio sostenuto assai sono alchimie romantico-eroiche tutte ispirate dall'onirismo desueto di chi ha fatto a lungo il Wanderer in pélerinage. Francesco Piemontesi, bello, giovane, forse eroico anche lui (un carattere innato della giovinezza), pienamente interpreta in ossequio imponente all'Orchestra di Santa Cecilia con dinamismo trascinante, diretto dallo slovacco Juraj Valčuha perfettamente a suo agio ed affiatato con la prima parte solista. Lunghi applausi lo richiamano sul palco, cui generosamente attende con ben due bis chopiniani.

Amante del periodo romantico in primis, Francesco Piemontesi ha pubblicato un CD intitolato "Schubert Last Piano Sonatas" per Pentatone e si è "allenato" con le migliori orchestre del mondo su Brahms, Liszt, Dvořák, Ravel, Debussy, Bartók: dalla London Philharmonic Orchestra Deutsches Symphonie-Orchester Berlin, la Budapest Festival Orchestra, la Finnish Radio Symphony Orchestra, la Gürzenic-Orchester, la Philharmonia Zürich, i Wiener Symphoniker fino al debutto con i Berliner Philharmoniker. E' stato diretto da Daniel Harding come da Yuri Temirkanov e Antonio Pappano, Manfred Honeck, Marek Janowski, Neeme Järvi e molti altri.

Juraj Valčuha fino al 2022 ha diretto l'Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli, nonchè è stato Direttore Principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai dal 2009 al 2016. Nato a Bratislava, vi ha studiato Composizione e Direzione, proseguendo poi gli studi a San Pietroburgo con Ilya Musin e a Parigi. Dirige regolarmente opere nei piu' rinomati teatri internazionali, dalla Deutsche Oper di Berlino con Elektra, alla Fenice di Venezia con Peter Grimes al Comunale di Bologna con Tristan und Isolde e Ariadne auf Naxos, Faust all’Opera di Firenze. 

La seconda parte del concerto è dedicata alla Russia di Dimitrij Šostakovič. L'ultima volta che ho ascoltato per intero l'Ottava Sinfonia era proprio in questa Sala Santa Cecilia, con Valery Gergiev e l'Orchestra del Teatro Marjinskij di San Pietroburgo, il 13 aprile del 2013, chissà che la Pasqua ci rassereni con qualche notizia risolutoria in modo che questa guerra ingiusta per l'intera Europa di cui Ucraina e Russia fanno parte geograficamente se non politicamente, cui non basterà nessuna risorsa NATO od europea per riprendersi se non termina presto con dei negoziati di pace; un popolo, quello ucraino, già poverissimo, colpito come quello dei russi residenti in Donbass, da questo massacro tra popoli al contrario sempre stati "vicini", anche storicamente e politicamente, con i cosacchi della Rivoluzione d'Ottobre e la Rus' di Kiev risalente al medioevo. Con questo pensiero forte, contro qualsiasi strumentalizzazione, rifletto sulle parole di Luca Ciammarughi nella sua presentazione del programma (p.18) proprio sul senso di questa sinfonia rispetto al totalitarismo staliniano ed alle sue purghe oggi. Riporto le parole di Dimitrij Šostakovič raccolte da Solomon Volkov nel suo libro "Stalin e Šostakovič" (ed. Garzanti, Milano, 2006):

"La verità è che la guerra si rivelò una benedizione".

Questo perchè, come lo stesso compositore proferisce, prima della guerra: "Ognuno era solo con la propria pena. (...) Non c'era chi non avesse qualcuno da piangere, ma bisognava farlo in silenzio. (...)Tutti si temevano l'un l'altro, e il dolore ci opprimeva e soffocava" (Ibid, p. 18-19, libretto). Stalin aveva cancellato ogni forma di dissenso: per i musicisti significava soccombere e vendere la propria anima al potere. Il totalitarismo è questo, trasparentemente oppure no: la biopolitica, come richiama Giorgio Agamben citando Michel Foucault è esattamente questo: provocare l'autocensura oltrechè che fondare una società del controllo tecnologico che ai tempi di Šostakovič non era ancora possibile coi mezzi a disposizione, sebbene l'ideologia sia la medesima. I mezzi di persecuzione, sebbene diversificati, miravano agli stessi effetti, come spiega Hannah Arendt ne "Le origini del totalitarismo" (1951): "L'uomo sostituisce lo spirito con l'ideologia; trasforma le classi in masse manipolabili con la propaganda; porta al conformismo e distrugge i legami tra le persone, dividendole e facendole credere nemiche tra di loro." D'altronde, il diavolo è colui che divide, che rescinde i legami.

L'Ottava Sinfonia in do minore è la seconda delle War Symphonies di Šostakovič - la Philips le ha raccolte tutte in dvd  dirette da Valery Gergiev incise con l'Orchestra del Marinskij, quella della Netherlands Radio e del Kirov nel 2005 (odierno Marinskij) - insieme alla conosciutissima Settima, la Leningrado, e la Nona: quest'ultima Ottava però racchiude un cuore più cupo e tremebondo delle altre due, come afferma lo stesso amico di Šostakovič, Isaak Glikman, e come conferma lo sconcerto al suo ascolto. Sebbene si nutra di rimandi e ripetizioni di stampo mahleriano, il processo musicale che elabora Šostakovič è ben diverso ed è connotato da un'amara impassibilità di fronte alla distruzione, ed i due scherzi, l'Allegretto e l'Allegro non troppo, rispettivamente secondo e terzo movimento dei cinque complessivi, si coniugano in figure meccanico-parodiche di scherno, tanto da far rabbrividire invece che sollevare.

Juraj Valčuha ha messo in risalto queste caratteristiche e le graffianti staffilettate degli archi che glissano su quel che sembra un triste monologo intarsiato di temi cupi sono direttamente connesse con la situazione coeva della sanguinosa Battaglia di Stalingrado - per questo è soprannominata Stalingrado - terminata proprio nel 1943 (17 luglio 1942 - 2 febbraio 1943), dove furono sconfitte le potenze dell'Asse. La sinfonia è dedicata al suo primo direttore, Yevgeny Aleksandrovich Mravinsky, che la diresse con l'Orchestra USSR il 4 novembre 1943 a Mosca e di cui ricordiamo una memorabile incisione del 1982 con la Leningrad Philharmonic Orchestra. A Santa Cecilia fu diretta l'ultima volta nel 2006 da Mstislav Rostropovič, uno dei migliori direttori per il compositore perseguitato ed osannato allo stesso tempo da Stalin.

La Sinfonia n. 8 si divide sostanzialmente in due parti: la prima comprende i movimenti uno e due, il monumentale Adagio caratterizzato da un lirismo inquieto che si riverbera ad ondate traverse, un motivo “fatale” (il corno inglese) che preannuncia il finale senza speranza. L'Allegretto che segue è uno scherzo con elementi di marcia però appena abbozzati e mai conclusi, una parodia che innervosisce ad ogni attacco per esaurirsi in un nulla di fatto.

L'Allegro non troppo inizia il secondo blocco di tre movimenti: un'ossessione che si ripete ciclicamente e ricade su sé stessa con accenti scroscianti e percussivi, mentre gli archi, compassivamente legati, ricordano una “scherzosa” - in termini musicali e non - sconfitta dell'individuo nel nome del Presidente del Soviet supremo Stalin. Evidenti approcci dissonanti che ricordano il Tristano hanno un sapore dissacratorio e disperante. 

I presagi nefasti discendono nel Largo sul campo di battaglia per spegnere ogni alito in attesa della fine: il limbo della Passacaglia in do diesis minore si accende solo con l'assolo finale del flauto per stemperarsi nell'Allegretto, ultimo movimento, che elabora un rondò e apre ad un luminoso do maggiore che suona però come un falso avviso: la ballata macabra è lì che s'insinua, riportando il tema dell'Adagio iniziale in primo piano e la sua inusitata tristezza. L'estrema concentrazione ha portato Juraj Valčuha a scandire il tempo di chiusura con estrema limpidezza, attendendo a lungo prima di sciogliere le fila ed essere accolto da un vibrante e scrosciante applauso. Un concerto memorabile per la prima e per la seconda parte, dispiace solo aver visto un pubblico non così numeroso come ci si poteva attendere da un concerto di così rara e perturbante bellezza.

Pubblicato in: 
GN17 Anno XV 8 marzo 2023
Scheda
Titolo completo: 

Accademia Nazionale di Santa Cecilia 22/23
Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone
Sala Santa Cecilia
giovedì 2 marzo ore 19.30, venerdì 3 ore 20.30, sabato 4 ore 18

Guerra e pace

Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
direttore Juraj Valčuha
pianoforte Francesco Piemontesi

Liszt Concerto per pianoforte n. 2

Dimitij Šostakovič Sinfonia n. 8 in do minore op. 65
1. Adagio
2. Allegretto
3. Allegro non troppo
4. Largo
5. Allegretto