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Una reinvenzione del piu' celebre tra i balletti del genio russo della musica per le punte: Pëtr Il’ič Čajkovskij, Il lago dei cigni è stato ricostruito dal coreografo Fabrizio Monteverde per l'inaugurazione della stagione della danza dell’Accademia Filarmonica Romana che si è tenuta martedì 17 ottobre (ore 20.30) con il nuovo allestimento del Balletto di Roma Il lago dei cigni, ovvero Il canto, che sarà in scena fino al 22 ottobre al Teatro Olimpico.

Pëtr Il’ič Čajkovskij in vita purtroppo non vide neppure il secondo atto del suo Lago dei cigni: sebbene la musica fosse stata ultimata nel 1877, il secondo atto coreografato da Lev Ivanov per impegni di Marius Petipa, vide la scena in una Memorial matinée il 17 febbraio 1894 (il compositore era morto il 6 novembre 1893) e solo il 15 gennaio 1895 al teatro Marinskij di San Pietroburgo, con tutti e quattro gli atti coreografati tra Petipa ed Ivanov, si ebbe la sua prima rappresentazione assoluta e per intero.

Fabrizio Monteverde mostra un Lago molto diverso da ciò che ci si potrebbe aspettare: il timore della vecchiaia, della morte, dell'incapacità anche mentale di proseguire un cammino che ha lo stesso esito per tutti (sic!), ed insieme le "fantasie di stracci" di Michelangelo Pistoletto sono sicuramente due dei tasselli che appaiono convergere sul palco per dipingere suggestioni ed illusioni che divengono struggenti passi dei due cigni, di Sigfried e di Rothbart, nonchè dell'intero Corpo di Ballo del Balletto di Roma. E questa visione, illuminata dalle cangianti e rutilanti (tra rosso e fucsia), nonché lunari luci di Emanuele De Maria, ha preso ispirazione da un altro dei magnifici russi della letteratura ottocentesca, Anton Čechov che, nell’atto unico Il canto del cigno (1887) narra di un attore ormai alla fine, che facilmente ritroviamo ricalcato dal Rothbart interpretato dal convincente Paolo Barbonaglia. Nel ruolo di Siegfried ammiriamo la presenza e l'eleganza di Alessio Di Traglia, principe diviso tra il doppio cigno.

Le due protagoniste di Odette ed Odile sono, rispettivamente, Roberta De Simone, eccellente nel ruolo del Cigno Bianco, stabilmente nel Balletto di Roma dal 2009, interprete di ruoli solistici e principali delle produzioni della compagnia; nel ruolo del Cigno Nero, invece abbiamo apprezzato Carola Puddu, giovanissima beniamina del pubblico della danza, nota per le sue partecipazioni televisive.

Con la presenza delle danze di carattere piu' importanti, annotiamo le quattro ballerine vestite di un eburneo costume fluidamente dipinto su di loro, che si tingono anche loro di inquietudine, e chiudono le braccia su di loro come se indossassero le camicie di forza, in perfetta sincronia con l'ostinato di una straniante ninna nanna russa, Tili tili bom, che quasi ci viene da pensare al detto inglese "from the womb to the tomb" (dalla culla alla tomba). A questo punto, lo sguardo allo specchio di Odette/Roberta De Simone di fronte alla montagna di stracci, alias "Venere" di Pistoletto, è una grama appercezione.

Teatro pieno e scroscianti applausi per un corpo di ballo, come quello del Balletto di Roma, à la page per preparazione insieme all'invenzione di Monteverde, goticamente à la Tim Burton (in mostra alla Mole Antonelliana di Torino), di affascinante decadenza e suggestione.

In proposito un'annotazione di lode per i costumi realizzati dall'Opificio della Moda e del Costume e, per la realizzazione delle machere, a Crea FX per effetti speciali.