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Venezia Palazzetto Bru Zane. Il brillante Saphir di David
Il Festival Félicien David si è aperto sabato 5 aprile 2014 alla Scuola Grande San Giovanni Evangelista con l'ultima delle sue opere: l'opéra-comique Le Saphir, in prima alla Salle Favart l'8 marzo 1865, con un libretto firmato da Adolphe de Leuvem, Michel Carré e Térence Hadot, da All's well what ends well di Shakespeare. Si tratta di un intrigo intorno ad uno zaffiro, pietra simbolica in questo caso di un matrimonio, quello di Hermine con Gaston, le cui peripezie vengono raccontate da liriche intervallate da recitativi, grazie all'ensemble di nove strumentisti e sei cantanti de Le Cercle de l'Harmonie diretto da Julien Chauvin.
L'opera di Félicien David si svolge in tre atti ed è stata brillantemente trascritta per Le Cercle de l'Harmonie da Alexandre Dratwicki (in collaborazione con suo fratello Benoît), direttore di ricerca musicologica della Fondazione Palazzetto Bru Zane - Centre de musique romantique française.
L'ouverture iniziale è melodica à la manière del XIX secolo e presenta uno spettacolo di corte come ai tempi di Margherita di Navarra, protagonista anche lei, con un riluttante Gaston che torna alla carica di Hermine per sedurla senza volerne sapere di sposarla: è allora che interviene la Regina Margherita di Navarra, imponendogli con uno stratagemma, di farlo. Gaston dovrà riportare uno zaffiro ed infilarlo alla mano di Hermine per poi condurla a giuste nozze. Lo zaffiro naturalmente cadrà nelle mani di Hermine, scambiata per la locandiera Fiammetta, che Gaston tentava di sedurre in terra partenopea, dove invece doveva carpirlo e conservarlo per lei. Lo scioglimento è di ludibrio per tutti, esattamente come recita il titolo di Shakespeare dal quale è tratto: “Tutto è bene quel che finisce bene”.
La parte musicale e quella cantata sono particolarmente briosi ed interessanti: non si perde infatti minimamente il fascino dell'opéra-comique, sebbene manchino le parti corali, ed il ritmo serrato e le voci alternate, i quintetti, i duetti, i terzetti e i quartetti, che sono proposti via via nei tre atti, compongono un tessuto assolutamente avvincente per l'ascoltatore, che si bea anche di parti attoriali da parte dei cantanti, tutti dotati di una dizione impeccabile, che rende trasparente il testo cantato in francese e nutrito nell'acustica da strumenti originali, in particolare il morbido suono dei legni (flauti e oboe).
Sottolineiamo alcune parti che ci sono sembrate estremamente gradevoli, a cominciare dal primo duetto Le temps emporte sur ses ailes di Hermine e Gaston, perfettamente interpretati da Gabrielle Philiponet – eccellente e nobile soprattutto nelle parti gravi ed impervie per il canto - e Cyrille Dubois – tenore dalla voce rotonda ed aulica. La parte della Regina, il mezzosoprano Marie Kalinine, nei panni anche di Lucrezia, che sfoggia, già dal primo atto, una presenza vocale poderosa, è magnificamente scenica; mentre il duetto Fiammetta/Parole, con Katia Velletaz e Julien Véronèse è dotato di verve che assicura, insieme anche a Marie Lenormand (Olivier) nella scena d'insieme, un affiatamento comune a tutto l'ensemble canoro.
Il violino e la direzione di Julien Chauvin sono stati di sicuro diletto, costruendo una cornice raffinata all'interno della Scuola Grande San Giovanni Evangelista, dotata di una media acustica, corretta in modo superlativo dal profilo degli strumentisti e dalla loro guida.