The Whale. Il dramma dell'enormità fisica ed emotiva

Articolo di: 
Teo Orlando
Whale

Ispirandosi a un'acclamata opera teatrale di Samuel D. Hunter, il genio creativo del regista Darren Aronofsky ci ha fatto dono di uno dei più toccanti film della cinematografia statunitense non commerciale: The Whale,  la storia di un docente di letteratura inglese che, dopo una serie di drammatiche vicende culminate in decisioni esiziali per la sua salute, cerca di riavvicinarsi alla figlia adolescente, divenuta per lui quasi un’estranea, alla ricerca di un’ultima possibilità di redenzione.

Ma il vero mattatore del film è senza dubbio Brendan Fraser, il quale ci offre una straordinaria interpretazione nel ruolo di Charlie, un insegnante di letteratura che soffre di obesità grave, e la cui vita sta avvicinandosi verso un cupo precipizio. Charlie, nonostante sia confinato in casa, dove tiene lezioni telematiche oscurando la telecamera (in modo da evitare che gli studenti si accorgano dei suoi 250 chili di peso, che lo limitano fortemente nei movimenti e finanche nella semplice deambulazione, compie alcuni estremi tentativi di riavvicinarsi alla sua famiglia ormai disgregata. Ecco perché dovrà affrontare i più torbidi fantasmi dell'inconscio, rievocando traumi sepolti da tempo e un amore mai pienamente rivelato, nonostante la sua estrema lucidità e un'intelligenza emotiva non comune.

The Whale esplora in profondità i complessi sentimenti di un essere umano, personificati in una figura che lotta insieme contro l'enormità fisica e l'enormità dei suoi rimpianti (la prima intesa quasi come un correlativo oggettivo, à la Eliot, della seconda), cercando di recupare disperatamente il dovere della sua paternità e la possibilità di vivere in pace con sé stessi. Il film si trasfigura così in un'epopea di trasformazione interiore, a cui però non corrisponde quella esteriore: vuole comunicarci che il fisico e lo psichico sono più strettamente legati di quanto si pensi. Così, in un impossibile anelito di trascendenza, assistiamo all'odissea di un uomo dentro sé stesso e fuori del suo corpo, in un viaggio attraverso le profondità del dolore e verso la possibilità di un'improbabile salvezza.

Attraverso Charlie, il film ci conduce nelle pieghe di una tipologia umana che raramente viene rappresentata sul grande schermo, con tenerezza e intelligenza. Fraser riversa tutto sé stesso nel caleidoscopico mondo interiore di Charlie, nelle sue contraddizioni, nei suoi desideri e nelle sue paure con un intelletto brillante e quasi malizioso. La sua è una performance geniale e profondamente emozionale, in cui l’empatia non è vista come nemica dell’onestà, bensì come l’altro lato della sua medaglia. L'autore del dramma e sceneggiatore del film, Samuel D. Hunter aveva insegnato alla Rutgers University dei corsi di scrittura argomentativa (expository writing). Tale esperienza lo ha spinto a immaginare Charlie come un insegnante a distanza, cosa che gli permette di mantenere una vita sociale attiva, e nel contempo di nascondersi fisicamente dal mondo. Come docente accademico, Charlie conosce intimamente l'importanza, sia nella scrittura, sia nella vita reale, di mettere tutto a fuoco, di difendere le proprie tesi e di omettere le parole non necessarie, arrivando al nocciolo del discorso nel modo più chiaro e conciso possibile. Ecco perché desidera riavvicinarsi alle persone a lui care: vuole quasi mettere un punto a ogni frase in previsione del paragrafo conclusivo e decisivo, durante quelli che crede che siano i suoi ultimi giorni sulla Terra.

L’intimità che si crea tra lo spettatore e il protagonista è il cuore pulsante del film, che segue Charlie nel suo mondo per cinque giorni mentre cerca di riavvicinarsi a diverse persone a lui care - la figlia che si era allontanata da lui, l'ex-moglie, la sua migliore amica, i suoi studenti online e persino lo stralunato missionario che bussa alla sua porta. Attraverso ognuno di questi incontri, viene messo a fuoco uno spaccato della vita di Charlie (con l'attore Fraser a suo agio nel trucco e nella pesante imbracatura che lo fanno sembrare 200 kg più pesante) e, pian piano, emerge la straziante gravità della sua situazione. Il suo appartamento diventa un campo di battaglia in cui passato, presente e futuro incerto si incontrano e combattono.

Darren Aronofsky voleva girare un adattamento di The Whale da quando ha visto lo spettacolo teatrale di Sam D. Hunter quasi dieci anni fa. Era rimasto subito colpito dalla sua intelligenza e dal suo modo audace di interrogare la condizione umana senza dare risposte scontate. Nelle parole dello stesso Aronofsky: “Ciò che amo di The Whale è il suo invito a trovare l’umanità in personaggi che non sono né totalmente buoni né totalmente cattivi, che vivono nella zona grigia in cui ci troviamo tutti e che hanno delle vite interiori estremamente ricche e intricate. Hanno tutti commesso degli errori, ma li accomunano un cuore enorme e il desiderio di amare anche quando gli altri sembrano rifiutare l’amore. È una storia che si pone una domanda semplice ma fondamentale: possiamo salvarci a vicenda? È un tema cruciale oggigiorno, specialmente perché sembra che sempre più spesso le persone tendano a non guardare l’altro e a voltargli le spalle”.

In un certo senso, The Whale è una caccia (non a caso il titolo, che vuol dire "La balena", allude al Moby Dick di Hermann Melville, romanzo incentrato sulla caccia a una mitica balena bianca), un tentativo di afferrare la sfuggevolezza della compassione - perché ne abbiamo bisogno e perché la rifiutiamo, quando possiamo concederla e quando no. Ma lo spettatore assiste con emozione anche al suo sbocciare nel corso della storia. Mentre è intento a ridefinire il concetto di fiducia e a capire quali siano i suoi confini, Charlie rompe i contorni dell’io. Dalla morte del compagno (e il tema dell'omosessualità, che qui è piuttosto bisessualità, sembra ormai rituale quando si parla di grovigli di affetti e sentimenti), si è ritrovato in una spirale autodistruttiva, ma ora, dopo tanta stanchezza, è giunto a un punto di ottimismo palpabile che illumina questi giorni scanditi da un senso di urgenza. Avvicinandosi al momento clou della storia, Charlie pone quella che, secondo Aronofsky, è la domanda più profonda dell’opera: “Hai mai la sensazione che le persone siano incapaci di non avere un cuore?”. E anche il finale, incerto e indeterminato, ci fa pensare al binomio Morte e trasfigurazione, che più che di un film ha bisogno di una partitura orchestrale, come quella di Richard Strauss (Tod und Verklärung, sublime poema sinfonico).

Scheda
Titolo completo: 

The Whale

Lingua originale:    inglese
Paese di produzione:    Stati Uniti d'America
Anno:    2022
Durata:   117 minuti
Rapporto    4:3
Genere:    drammatico
Regia:    Darren Aronofsky
Soggetto:    dall'opera teatrale di Samuel D. Hunter
Sceneggiatura:    Samuel D. Hunter
Produttore:    Darren Aronofsky, Jeremy Dawson, Ari Handel
Produttore esecutivo:    Tyson Bidner, Scott Franklin
Casa di produzione:    A24, Protozoa Pictures
Distribuzione in italiano:    I Wonder Pictures
Fotografia:    Matthew Libatique
Montaggio:    Andrew Weisblum
Effetti speciali:    Julien Lambert, Bilali Mack
Musiche:    Rob Simonsen
Scenografia:    Mark Friedberg, Robert Pyzocha
Costumi:    Danny Glicker


Interpreti e personaggi


Brendan Fraser: Charlie
Sadie Sink: Ellie
Hong Chau: Liz
Ty Simpkins: Thomas
Samantha Morton: Mary