Antony. La stella di mare dell'androgino alchemico

Articolo di: 
Livia Bidoli
Antony

La Cavea del Parco della Musica di Roma il 28 luglio ha accolto il concerto semisinfonico di Antony Hegarty accompagnato dai Johnsons e dall’Orchestra Roma Sinfonietta di 49 elementi e diretta da Rob Moose.

Il brano d’apertura è stato Rapture (dall’album dell’esordio, Antony and The Johnsons, 2000), sinfonico e lirico come le lacrime del testo che continuano a scendere sul capo di un immateriale bimbo che intona litanie quasi a sé stesso, confondendosi fra gli stormi alati della sua voce aerea. Infagottato tra il verde militare della maglia a maniche lunghe e la casacca nera che gli scende fino ai piedi, indossa dei pantaloni grigi che risaltano e fanno da pendant ad una serie triplice di ciondoli di ceramica bianca, tondi e lievi come la sua voce.

Mentre intona For Today I am a Boy, dal secondo album del 2005, I’m a Bird Now, sembra di ascoltare Schubert, un inno alla vocalità diafana e ispirata che risuona cadendo sulle note in perfetta simbiosi sinfonica con l’Orchestra Roma Sinfonietta. L’accordo fra lui e Rob Moose è quasi fraterno, e gli interventi parlati con il pubblico servono soltanto a far comprendere quanto Antony abbia raffinato un controllo vocale agli estremi della consapevolezza tecnica, e quanto si sia circondato di musicisti al suo, elevatissimo, livello.

Con Everything is New si apre ancora una volta il diaframma che separa l’emozione dall’intelletto e diventa pura sensazione, che la voce colma quasi a dipanare le vertigini della mancanza di senso, della rigidità delle barriere umane, delle paure sepolte che stramazzano dietro le mani svincolate di Antony che chiede ed esplora le variazioni di fiato veicolando flotte di pensieri senza briglia, in un galoppo infinito.

Con Another World (da The Crying Light, 2009) è opportuno citare il testo: ”I’ll miss the things that grow/I need Another World”, per sottolineare come ciò che dice a parole è assolutamente coerente con le sue canzoni. Lo spirito ecologista, che oggi si tramuta in obbligo perché minaccia la vita stessa degli esseri umani, non è soltanto una scelta, bensì una dimensione. Cosiccome l’augurio ed il desiderio di una rinascita al femminile, rivoluzionaria come dichiara sul suo sito ufficiale, e la valorizzazione della mescita tra i generi (sessuali – in senso ontologico, quindi l’uomo e la donna che danno vita all'androgino alchemico).

La cover di Crazy in love di Beyoncé si accende di brividi non solo affini alla passione ma finalmente ad una storia narrata dal punto di vista del cuore, e The Piano di Nyman risuona sullo sfondo di quell’angelo che si protende bianco e violetto sul palco: una scultura leggera e dalla forma serafica che si esprime in alterazioni cromatiche d’intensità variabile. Everglade è accecante di luce: “When I’m lying sweetly in my bed/ The sun plays crystal with my eyes”, ed il principio materno Mother, ripete nella conversazione col pubblico, “è più grande di me, il sole piantò un coltello in Cristo ma il futuro continua a mescersi, a sgorgare, a riversarsi, proprio come tutta l’acqua di cui siamo composti, una danza d’acqua infinita, eterna, sorgiva.”
 
I Fell in Love with a Dead Boy, orchestrata diversamente, ricama note improvvise su una base sinfonica, dove il piano riveste una parte centrale e lo xilofono tesse fiabesche memorie sul tessuto d’incanto che ripete: “Are you a boy or are you a girl”, aprendo al respiro lirico di una domanda che non anela risposte, piuttosto ricavandone l’essenza floreale mancante di un senso logico che s'arricchisce invece di intuizioni cosmiche.

Cripple and the Starfish, una stella di mare (Starfish) prodotta da David Tibet dei Current 93, onde oscure che con gli archi s’innestano efficacemente, assecondati dai fiati che si stemperano poi con Her Eyes are underneath the ground, intonando la prima canzone di The Crying Light (2009), l’ultimo disco uscito in gennaio: “Her eyes are underneath the ground/I have heard the crying sound”.

L'unico bis del concerto, durato un'ora e mezza, è proprio The Crying Light dall'album omonimo dedicato al ballerino Katzuo Ohno, inventore della danza Butoh, da cui citiamo le struggenti parole conclusive:

I was born to adore you
As a baby in the blind
I was born to represent you
To carry your head into the sun
To carve you face into the back of the sun.
The Crying Light
(2009)

Note

Da evidenziare anche se non eseguite in concerto, le sue cover magnifiche di If It Be Your Will di Leonard Cohen e di Soft Black Stars di David Tibet che produsse il suo primo disco Antony and the Johnsons con la sua etichetta Durtro, oltre ai seguenti I Fell In Love With A Dead Boy, Ep del 2001 e Live at St. Olave's del 2003. Attualmente incide per la Secretly Canadian che ha ristampato quasi tutti i suoi dischi.

Pubblicato in: 
GN 19/20 5 agosto 4 settembre 2009
Scheda
Titolo completo: 

Antony and The Johnsons

Orchestra Roma Sinfonietta diretta da Rob Moose

Cavea dell'Auditorium Parco della Musica di Roma

Concerto del 28 luglio 2009

Tracklist
1) Rapture (Antony and the Johnsons 2000)
2) Christina's Farm
3) For today I am a boy (I am a bird now, 2005)
4) Everything is new
5) Another World (The Crying Light, 2009)
6) Crazy in love
7) Everyglade (The Crying Light, 2009)
8) Ghost
9) I Fell in Love with a Dead Boy
10) Dust and Water (The Crying Light, 2009)
11) Cripple and the Starfish (Antony and the Johnsons, 2000)
12) Her Eyes are underneath the ground
13) Salt Silver Oxygen
Encore:
14) The Crying Light (The Crying Light, 2009)
The crying light, il suo terzo album, è dedicato al ballerino giapponese Kazuo Ohno e, più in generale, alla valenza universale dell'arte.

Voto: 
9