Current93. Aleph in Torino MMIX

Articolo di: 
Alberto Balducci
Current 93 - Aleph

L’atto d’apertura del festival Il sacro attraverso l’ordinario, inserito in SettembreMusica di Torino, sono le due serate de Il canto del vuoto tagliente. La prima di queste è affidata ad una delle poco frequenti manifestazioni dal vivo dei Current 93, storica band della musica sperimentale e cantautoriale albionica, accompagnati per l’occasione da James Blackshaw, chitarrista solista londinese.

È proprio James Blackshaw ad aprire le danze: entrato in silenzio sul palco mentre il pubblico ancora chiacchiera tra sé, estrae la sua chitarra acustica 12 corde dalla custodia e, accoccolatosi sul suo sgabello, ci propone due estratti dal suo ultimo disco The Glass Bead Gam.

Le composizioni sono brani strumentali per sola chitarra con tecnica arpeggiata: la mano destra esegue un pattern fisso e stabile per tutto il brano (escluse intro/outro) mentre la sinistra si esibisce in varie progressioni di accordi. La cadenza fissa dell’arpeggio si presta bene all’utilizzo delle accordature aperte, cosicché la mano sinistra possa sfruttare al meglio le corde a vuoto e riposare in passaggi intermedi tra le varie sezioni delle composizioni.

Ogni brano ha un suo tema che viene variato, ma non sviluppato, lungo tutta la durata, con ciascuna ripetizione intervallata da progressioni di accordi, anche in tonalità differenti, che vanno a portare varietà a delle composizioni altrimenti particolarmente statiche.

In realtà, non vi sono variazioni in tono, intensità o umore, né vi sono alternanze piano/forte o crescendo vari. Tutto si gioca sul suono metallico e scintillante della 12 corde, sulla cadenza perfetta e sull’esecuzione, pressoché impeccabile. I due brani sono perfettamente analoghi, e la mancanza di sviluppo melodico li rende piuttosto monocordi, nonostante l’interesse delle progressioni e la brillantezza dei temi.

Il resto della serata è dedicato ai Current 93, che per l’occasione si sono manifestati con David Tibet alla voce (e due accordi svogliati di chitarra all’inizio del concerto), lo stesso James Blackshaw alla chitarra elettrica dal suono pulito, Keith Wood alla seconda chitarra elettrica, Andrew Liles all’elettronica, Baby Dee al pianoforte e synth, e Alex Neilson alla batteria.

Negli ultimi show, la band sta portando in giro il più recente disco in studio, Aleph at Hallucinatory Mountain, proponendone arrangiamenti alternativi. Questo disco ha apportato una variazione significativa al sound della band, portando in primo piano batteria e chitarre distorte, talvolta con passaggi fortemente ritmici di perfetto stile doom metal. Comunque la novità è solamente di forma esteriore, e la sostanza non cambia affatto rispetto al passato.

Ciò è provato dagli arrangiamenti proposti durante questo concerto al Teatro Alfieri, che ha praticamente la stessa scaletta ed impostazione dello show al Gotik Treffen di Lipsia, il 30 Maggio scorso (a parte l’encore). La prima metà del concerto è stata dedicata esclusivamente all’esecuzione di cinque (su otto) brani del succitato Aleph, soltanto che in pratica si è fatto a meno delle chitarre distorte.

Blackshaw introduce il primo brano, Invocation of Almost (anche primo brano del disco) arpeggiando sulla chitarra il tema portante, che in studio era affidato al sintetizzatore. Questo ragazzo è capace di eseguire un arpeggio ad ostinato per tutto un brano, cavalcando crescendo, rumori elettronici e contrappunti di ogni sorta senza mai guardare lo strumento e con una precisione metronomica.

Le scudisciate elettriche del disco sono andate, e il brano si regge sulla performance di Tibet (espressivamente eccelsa, di grande potenza e impatto per tutta la serata) e sulla delicata pulizia del suono della chitarra di Blackshaw, con precisi (anche se un po’ ripetitivi) intarsi di piano di Baby Dee. Ciononostante l’effetto è diretto e potente grazie all’ottimo uso della sessione ritmica e appunto a Tibet che rimedia tutta la mancanza delle eccellenti dinamiche del disco in studio con la sua voce: e il grido “murderer!” che apre le danze fa capire che non si risparmierà affatto, proponendo in talune circostanze delle linee vocali più dure ed aspre rispetto al disco, in altre invece un mood più malinconico e nostalgico.

Il secondo brano proposto è On Docetic Mountain, sempre con il tema arpeggiato da Blackshaw: questa versione più malinconica del pezzo ben si sposa con la performance di Tibet, sofferta e partecipe; dopo alcuni minuti un formidabile crescendo ritmico di batteria e chitarra ritmica incalza la performance fino alla conclusione del brano.

A seguire, Aleph is the Butterfly Net e quindi Not Because the Fox Barks. Quest’ultima, da cavalcata doom metal in studio, si trasforma completamente affidando il tema portante di metà brano al piano di Baby Dee, mentre l’introduzione sincopata è giocata soltanto su uno scarno riff sulla chitarra di Wood. Non si pensi comunque che il brano perda molto d’impatto, poiché i crescendo sono vertiginosi, per tutta la durata del concerto.

Si deve dire che l’elettronica fornita da Liles fa un ottimo lavoro nell’aggiungere profondità ad un’ossatura strumentale forse fin troppo scarna per brani di tal fatta, e cerca, insieme al piano, di superare la mancanza di un basso; la voce di Tibet rimane invece sostanzialmente non effettata.

A chiudere la prima parte del concerto dedicata all’ultimo disco, una piacevole versione di UrShadow con solo Tibet e Blackshaw.

L’impressione che si ha nello sperimentare dal vivo il materiale di questo disco è che, al di là della forza della performance, innegabile, si perda un po’ l’alone mistico da sermone visionario della registrazione in studio in favore di un approccio più “rock”, più incentrato cioè sulla resa strumentale e sulla dinamica vocale in sé. Questo è dovuto anche alla scelta dei pezzi che, escludendo la conclusione e l’intimo brano centrale 26 April 2007, toglie molto al concept lirico del disco. L’accentuata veste malinconica di svariati passaggi comunque conferisce a questi brani un’atmosfera più classicamente Current 93 molto piacevole.

I pezzi che seguono sono Black Ship Ate The Sky, la title track del penultimo disco (del 2006) e Niemandswasser, un altro live favourite della band (da Sleep Has His House, del 2000). L’arrangiamento della prima di queste due canzoni è particolarmente inaspettato: dal pezzo estremamente cadenzato del disco, con le chitarre elettriche a battere secche i quarti, si passa ad un tema affidato al synth (con timbro d’organo) condito con una linea melodica di chitarra, e un ritmo quasi dance.

Lo stesso Tibet giocosamente accenna delle movenze danzerecce, subito prima di inasprire la sua voce e ricondurre il brano ad una struttura più simile alla versione in studio, con tanto di feroce crescendo finale che chiude la performance in un intenso vortice di distorsioni e attacchi strumentali atonali.

La versione di Niemandswasser inizia molto più diradata del solito, con solo pianoforte. Il tema è ripetuto adagio, crescendo lentamente; le chitarre entrano con calma a sottolineare la melodia, e l’intensità aumenta costantemente. C’è un crescendo intorno al verso “books of religion covering my feet”, poi calma, e poi un altro crescendo finale, furioso, alla sezione “we are all dust”, con un Tibet senza freni. Come al solito, uno degli apici del concerto.

Il resto della serata è dedicato alla performance integrale del mini Birth Canal Blues (2007), con una resa simile al disco in studio, con le dovute differenze di strumentazione e che la voce di Tibet non è effettata: un po’ come nell’ep live del 2008. Il secondo di questi quattro pezzi, She Took Us to the Places Where the Sun Sets, perde buona parte del muro di rumore bianco del disco, e il testo diviene comprensibile, ma di nuovo il grido “anyway, murder!” è assolutamente devastante nella sua intensità.

L’ultimo pezzo, Suddenly the Living are Dying, ci offre una sorpresa: una danzatrice fa il suo ingresso sul palco, accompagnando con movenze fluide e sinuose tutto il brano. Quando si giunge alla fine, Tibet canta “and I disappear” ed esce dal palco, seguito poi a turno dagli altri, man mano che la musica si spegne.

L’unico bis della serata è una nuova versione di Not Because the Fox Barks, ancora più strana poiché il tema principale è affidato stavolta all’organo sintetizzato (una scelta discutibile, a mio parere, nonostante la performance sia più che buona).

Tirando le somme, il concerto evidenzia pregi e difetti della nuova formazione: i membri sono singolarmente ottimi, specialmente a livello tecnico, capaci di intendere al volo la direzione presa da un brano e riuscendo a tirar su dal nulla crescendo intensissimi. Si evidenzia bene la forza del songwriting, laddove non importa con quali strumenti o con quale dinamica vengano suonati questi pezzi: la loro forza espressiva rimane sempre elevata.

Però, ripensando a performance passate, il vecchio gruppo di amici, la “Current 93 family”, proponeva forse spettacoli più toccanti. Tibet rimane sempre perfetto nell’esprimere la sua musica e le sue idee, con performance al limite. Si sente forse la mancanza di qualche pezzo storico, ma la scelta di stravolgere la solita scaletta e gli arrangiamenti è sicuramente un atto coraggioso in perfetto stile della band; anche se probabilmente chi assiste per la prima volta ad un loro concerto avrebbe gradito qualche altro tuffo nel passato.

Pubblicato in: 
GN23/ 5 ottobre - 2 novembre 2009
Scheda
Titolo completo: 

Current 93 manifest as C93

James Blackshaw

Il Canto del Vuoto Tagliente, Teatro Alfieri, Torino

Martedì 22 Settembre 2009, ore 22.

Tracklist:

  1. Invocation of Almost
  2. On Docetic Mountain
  3. Aleph is the Butterfly Net
  4. Not because the Fox barks
  5. Ur Shadow
  6. Black Ships ate the Sky
  7. Niemandswasser
  8. I looked to the south side of the door
  9. She took us to the places where the sun sets
  10. The nylon lion attacks as Kingdom
  11. Suddenly the living are dying
  12. Encore: Not because the Fox barks

Dischi citati nell'articolo:
Sleep Has His House (Durtro, 2000)
Black Ship Ate The Sky (Durtro Jnana, 2006)
Birth Canal Blues (Durtro Jnana, 2007)
Birth Canal Blues Live (Coptic Cat, 2008)
Aleph At Hallucinatory Mountain (Coptic Cat, 2009)

Anno: 
2009
Vedi anche: 

Current 93 @ Brainwashed.com

James Blackshaw @ Young God Records

Registrazione live di Niemandswasser da questa stessa serata: