La documentalità secondo Maurizio Ferraris. Oggetti sociali e tracce indelebili

Articolo di: 
Teo Orlando
Ferraris

Una raffinata e complessa teoria degli oggetti sociali ed insieme un'analisi della società della comunicazione che si rivela sempre di più come una società della registrazione e dell'iscrizione. È quanto ci propone il filosofo Maurizio Ferraris nella sua ultima fatica, Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce.

Il volume di Ferraris prende le mosse dalla nozione di oggetto sociale, introdotta dal filosofo americano John Searle: si tratta di oggetti come i soldi e le opere d’arte, i matrimoni, i divorzi e gli affidi congiunti, gli anni di galera e i mutui, il costo del petrolio e i codici fiscali, il Tribunale di Norimberga e l’Accademia delle scienze di Stoccolma, le crisi finanziarie e i progetti di ricerca, le rivoluzioni e i licenziamenti, i cavalieri medioevali e i cavalieri della Repubblica.

Questi oggetti possono essere anche definiti come le “iscrizioni” (nel senso di ciò che lascia una traccia permanente, secondo quanto sostiene il filosofo francese Jacques Derrida) che popolano il nostro mondo e in base a cui si decide se saremo felici o infelici. Non a caso abitualmente detestiamo le scartoffie e i vari tipi di documento, ma siamo costretti a fare la fila per averli, accumulandoli poi nelle tasche, nei portafogli, nei cassetti, nei telefonini, nei computer e negli archivi di ogni sorta che ci circondano, sia nel mondo reale, sia in quello virtuale.

In un certo senso la massiccia e pervasiva invasione dei computer e di internet non ha attenuato il fenomeno, ma lo ha semmai amplificato: la cosidddetta “dematerializzazionedei documenti non coincide con la loro scomparsa, ma con la loro moltiplicazione virtuale. Ecco perché la società della comunicazione è in realtà una società della registrazione e della “iscrizione”.

Quella che Ferraris chiama l’«ontologia degli oggetti sociali» è in realtà una minuziosa analisi classificatoria dei diversi tipi di iscrizioni, che siano su carta, su un qualche supporto magnetico, ma anche soltanto (per esempio, nelle promesse o in altri atti sociali) nella testa delle persone. Gli strumenti di registrazione, combinati con la scrittura, svelano in modo perfetto l’essenza del mondo sociale, in cui persino i media, che dovrebbero fotografare la vita in diretta, sono i massimi produttori di spettralità. In tale mondo si sta avverando la profezia di Andy Warhol per cui un giorno ognuno di noi avrà i suoi quindici minuti di notorietà: ma nel senso che ognuno di noi sarà uno spettro per almeno quindici minuti, su YouTube o da qualche altra parte.

Queste considerazioni vengono inserite in quella che Ferraris ritiene essere una metafisica descrittiva di impianto realistico: il suo modello è il catalogo (in questo simile a quanto teorizzato da Umberto Eco in un libro apparso anch’esso pochi mesi fa, Vertigine della lista): il mondo consta di oggetti a cui compete una qualche forma di esistenza, dagli individui alle classi.

Questi oggetti sono fondamentalmente di tre tipi: naturali (collocati nello spazio e nel tempo indipendentemente dai soggetti che ne hanno esperienza, come gli alberi o i tavoli), ideali (collocati fuori dallo spazio e dal tempo e anch’essi indipendenti dai soggetti, come i numeri o le leggi della logica) e sociali (ubicati nello spazio e nel tempo, ma in stretta dipendenza con i soggetti che li rappresentano, come gli Stati o le multe).

In ogni caso, gli oggetti sociali, pur dipendendo dai soggetti che li riconoscono, non hanno una dimensione puramente soggettiva; la loro oggettività è però diversa da quella di oggetti naturali, come i laghi o i temporali. Questi ultimi restano quello che sono anche senza qualcuno che li inquadri nei propri schemi concettuali.

Invece un mutuo per la casa, una conferenza o un contratto presuppongono l’esistenza di qualcuno capace di istituirli o di riconoscerli. Il loro essere consiste in quella che l’autore chiama la documentalità: un oggetto sociale può essere un documento in senso forte (iscrizioni di atti) o in senso debole (registrazione di atti). Nel primo caso essi hanno finalità pratiche (come un contratto che permette di acquistare un’automobile). Nel secondo invece si limitano ad evocare sentimenti.

Un tipico esempio di quest'ultimo esemplare è un’opera d’arte, ossia una cosa che finge di essere una persona; concetto che Ferraris aveva già introdotto paragonando le opere d’arte a delle “fidanzate automatiche”: questa metafora, mutuata da un esperimento mentale del filosofo William James, fratello del romanziere Henry, si riferisce all’idea di un corpo privo di anima che sia però indistinguibile da una fanciulla che assolve tutti i doveri propri di un essere umano. Essa non sarebbe però l'equivalente di una ragazza dotata di coscienza perché non sarebbe in grado di ricambiare i sentimenti che suscita. Parimenti, le opere d’arte possono essere ammirate sconfinatamente, ma non pretendono né offrono alcun tipo di reciprocità.

Pubblicato in: 
GN5 Anno II 3 gennaio 2010
Scheda
Autore: 
Maurizio Ferraris
Titolo completo: 

Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce
Roma-Bari, Laterza, 2009, pp. 448 € 24

Anno: 
2009
Voto: 
9