Torino Teatro Regio. Katia Kabanova. Il lucore poetico dell'acqua

Articolo di: 
Livia Bidoli
Katia Kabanova

Per la prima volta al Teatro Regio di Torino Katia Kabanova di Leoš Janáček dal dramma L'uragano di Aleksandr Ostrovskij: una produzione dell'Opera Vlaanderen (Anversa/Gand) con Robert Carsen alla regia, presentata ad ottobre scorso al biennale Festival Janáček di Brno, dove è nato il compositore e dove c'è stata il 21 novembre 1921, la prima assoluta. Sul podio a dirigere  l'Orchestra del Regio Marco Angius, raffinato direttore di musica contemporanea, in primis Sciarrino; al Coro il rinomato Maestro Claudio Fenoglio. Cast di pim'ordine con il soprano slovacco Andrea Dankova nella parte di Katia ed il tenore Štefan Margita in quella di Tichon Ivanyč Kabanov, il marito di Katia. La perfida madre di Tichon, Kabanicha è interpretato dal mezzosoprano Rebecca de Pont Davies.

Sull'acqua si muovono le sirene del Volga: così si apre questo panorama azzurro cupo che le luci di Carsen illuminano di ombre e le scene minimaliste di Patrick Kinmonth disegnano in un percorso sui passaggi in legno cangianti ad ogni quadro. Si muovono come Katia sull'acqua di emozioni an-negate ed assenti, proprio come il suo declamato lamento che sulla leggiadrìa struggente della voce di Andrea Dankova dirimono un sentiero volto all'immersione in principio. La grande forza del compositore ceco è di aver introdotto le note dolenti con quella viola d'amore che le stempera in effluvi di luce adamantina, sebbene le sferzate continue di una musica che sperimenta a partire dal linguaggio, pescando dalla prosodia della lingua ceca che secondo Janáček svela le emozioni del suo popolo, tanto vicino alla Russia nel suo slavismo – pensiamo a Musorsgkij – quanto nelle sue impervie e sperimentali aperture al nuovo. Dalla ruralità di una radice comune negli usi e nei costumi, che affliggono le donne russe quanto le ceche, si innesta la pittura musicale di un autore che trae humus pregnante dalle stesse acque che raccolgono l'anima come i desideri di Katia.

Katia Kabanova, è sposata con Tichon, un uomo senza nerbo e sottomesso alla madre Kabanicha, che umilia la giovane moglie eseguendo pedissequamente i suoi ordini, anche davanti alla sorellastra Varvara che difende Katia e le propone una via di fuga scegliendo Boris come amante, non pienamente consapevole della tragedia che avrebbe scatenato. Nella notte dell'uragano, che nella pièce di Ostrovskij dà il titolo all'intera tragedia, Katia confesserà l'avvenuto tradimento in un impulso autodistruttivo di annientamento completo piuttosto che scegliere di rinunciare ad una vita ricca di pathos, come quella per qualche stralcio provata nei dieci giorni di passione con Boris, figlio di Dikoj. Il mercante ha una relazione sado-maso clandestina proprio con l'ipocrita madre di Tichon, la Kabanicha, che di Katia detesta proprio il suo sottrarsi alle convenzioni vigenti nel picoclo villaggio di Kalinov. Lo stesso nome del villaggio non è scelto a caso, derivando dal folclore di fiabe e leggende dove si poneva come “luogo di confine”, ed attraversare il Ponte Kalinov, è un'espressione popolare diffusa che sta a significare sia “morire” sia “sposarsi”: innervando una connessione simbolica con la rovina e la felicità di Katia. La stessa pianta del viburno, kalina, da una parte rappresenta sia l'ebbrezza della giovinezza, sia l'amore infelice.

L'eburneo manto delle danzatrici nelle coreografie suggestive di Philippe Giraudeau che spostano ad ogni quadro il sentiero – ed è sempre il sostanziale abbigliamento di Patrick Kinmonth a vestirle di levità e fruscii mentre abiti severi indossano tutti i protagonisti; solo quando Katia proverà a “liberarsi” si vestirà di bianco, a seguire gli “uccellini” dell'infanzia dorata - , e delineano ad un certo punto un quadrato, nel secondo quadro, dove si illustrano i ruoli: la frivolezza di Varvara tradotta con la giusta leggerezza dal mezzosoprano Lena Belkina; la ruvidezza e animosità della Kabanchina (Marfa Kabanová) sono state tradotte da Rebecca de Pont Davies con la spigolosità tagliente adatta alla parte. Tichon, figlio di Marfa, ha evidenziato anche con il corpo, oltreché con la voce, l'incapacità di un uomo senza nessuna personalità e carattere: solo di fronte all'estrema asprezza della madre di fronte alla morte di Katia annegata nel Volga emetterà un grido d'orrore pur senza ribellarsi efficacemente. Bravo il Kudriáš di Enrico Casari, in coppia con Varvara come amante che invece riuscirà a fuggire con lei a Mosca. Di spessore e coinvolgente la voce di Misha Didyk nel ruolo di Boris nei duetti e nell'idillio soprattutto, sebbene sia lui “l'uccellin di bosco” che abbandonerà Katia al suo destino.
Il non esprimersi di Katia – la sua indecisione nell'ultimo duetto con Boris - se non in uno spento conato di cui neanche lei è sicura,- fa violentemente rattristare, e rende evidente che la sua profonda solitudine la estrania da tutti: la stessa ombra che si riflette sul fondo del palcoscenico, per lei, è rovesciata, come se solo nelle onde potesse trovare una pace ed un'integrità al giusto verso. Quello di Kalinov non è più il suo mondo, come forse credeva Janáček di Kamila Stösslová, giovane sposa amata dal musicista con cui intercorse un lunghissimo scambio epistolare, ed al quale si è ispirato per Katia ed altre opere come il Diario di una scomparsa.

Tutti preparati gli altri cantanti, da Lukáš Zeman (Kuligin), Lorena Scarlata (Gláša), Sofia Koberidze (Fekluša) a Roberta Garelli (Una donna tra la folla). Struggente il Coro diretto da Fenoglio che si è profilato al terzo ed ultimo atto sullo scorrere del Volga a “sorreggere” il corpo di Katia nei flutti, mentre le voci dei paesani si odono come in una parvenza di fuoco fatuo: l'indifferenza cui deve il suo ringraziamento la cinica Kabanicha, pienamente soddisfatta del risultato ottenuto, il suicidio della nuora detestata.

La direzione di Marco Angius, direttore musicale e artistico dell’Orchestra di Padova e del Veneto, si è mostrata sicura ed attenta a conferire il giusto alito alle rarefatte coloristiche di  Janáček, che introdusse – oltre alla viola d'amore, presente nell'incisione di riferimento a cura di Charles Mackerras, che ha diretto al Rudolfinum di Praga la Filarmonia Ceca per tanti anni – la celesta, ed i glockenspiel celebri per le sinfonie mahleriane, presenza percussiva di spicco e suggestiva.

La regia di Carsen (ripresa da Maria Lamont) sui cerchi concentrici dell'acqua inserita da Kinmonth e riflessa dall'illuminazione poetica di Robert Carsen e Peter Van Praet, si muta in una carezza per la protagonista, che sul ciglio del liquido rivela il lucore emotivo e non più supino, in un abbraccio avvolgente ed intenso.

Applausi ripetuti del pubblico per una rappresentazione assolutamente unica.

Pubblicato in: 
GN17 Anno IX 24 febbraio 2017
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Regio di Torino
Katia Kabanova

Mercoledì 15 Febbraio 2017 - Giovedì 23 Febbraio 2017
Opera in tre atti
Libretto di Leoš Janáček
dal dramma L'uragano di Aleksandr Ostrovskij
Musica di Leoš Janáček
Edizione in lingua originale ceca con sopratitoli in italiano
Prima esecuzione a Torino

Direttore d'orchestra Marco Angius
Regia Robert Carsen
ripresa da  Maria Lamont
Scene e costumi  Patrick Kinmonth
Luci  Robert Carsen e Peter Van Praet
Coreografia  Philippe Giraudeau
Assistente alla coreografia Erika Rombaldoni
Maestro del coro Claudio Fenoglio

Personaggi e Interpreti

Katerina Kabanová, detta Kát'a,
moglie di Tichon - soprano    
Andrea Danková

Tichon Ivanyč Kabanov, figlio di Marfa
e Un passante tenore    
Štefan Margita

Marfa Kabanová, detta Kabanicha,
vedova di un ricco mercante
mezzosoprano    
Rebecca de Pont Davies

Boris Grigorjevič, nipote di Dikoj - tenore    
Misha Didyk

Savël Dikoj, mercante - basso-baritono    
Oliver Zwarg

Váňa Kudrjáš, assistente di Dikoj
tenore
Enrico Casari

Varvara, figlia adottiva
in casa Kabanov mezzosoprano    
Lena Belkina

Kuligin, amico di Kudrjáš baritono     Lukáš Zeman
Gláša, servitrice mezzosoprano     Lorena Scarlata
Fekluša, servitrice mezzosoprano     Sofia Koberidze
Una donna tra la folla contralto     Roberta Garelli

Orchestra e Coro del Teatro Regio

Allestimento Opera Vlaanderen (Anversa/Gand)