Christa Wolf. L'incontro fra Kleist e Karoline Von Gunderrode

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Nessun luogo Christa Wolf

Nel periodo nel quale la Germania dell’est, divisa dall’occidente democratico, era sotto il dominio del regime comunista, dissoltosi con la fine della guerra fredda, Christa Wolf è stata come scrittrice ed intellettuale, una delle figure più eminenti della letteratura del dissenso. Il suo libro intitolato Nessun luogo. Da nessuna parte, edito in Italia dalla casa editrice E/O, incanta ed affascina il lettore per la raffinatezza e l'eleganza della scrittura, pervasa da un afflato lirico di rara bellezza, grazie alla quale viene immaginato nella finzione letteraria, un incontro nel 1804, in un'epoca che si colloca tra la fine della rivoluzione e l’inizio della Restaurazione, protagonisti due grandi poeti: Heinrich Von Kleist e Karoline Von Gunderrode.

All’inizio del romanzo vi è la descrizione del salotto di una casa elegante, che appartiene ad un ricco commerciante, il cui nome è Merten. Dalle grandi finestre dell’appartamento, arredato con il gusto raffinato e inimitabile della borghesia tedesca, si possono contemplare le rive del Reno. Nel salotto, come avveniva in quel tempo nelle case dei ricchi dell’Ottocento, si ritrovano uomini di scienza, poeti e letterati per conversare e trascorrere alcune ore in uno spirito conviviale e sereno. Heinrich Von Kleist è giunto a Winkel nella casa di Merten da Magonza, dove vive come  ospite in casa del suo medico personale, Wedekind. Kleist, che ha partecipato alla guerra nell’esercito prussiano ed ha vissuto per molto tempo a Parigi, è stato colpito da un forte esaurimento nervoso, che lo ha spossato e privato della capacità di pensare, scrivere e comporre versi. A causa del suo stato di salute, il suo animo è sospeso tra l’angoscia e la disperazione. In questi momenti, quando volge la sua mente alla parte profonda del suo animo tormentato, evita il confronto con il prossimo e si rifugia in un mutismo prolungato.

Kleist, nel libro della Wolf, nella parte iniziale del romanzo, ci viene presentato come un uomo che evita di prendere parte alla conversazione che si tiene nel salotto della casa dei Merten, e rimane estasiato a contemplare dalla finestra le rive del Reno e l'incomparabile bellezza del paesaggio, che si offre al suo sguardo malinconico e meditabondo. Il suo medico personale Wedekind, che conosce i suoi tormenti interiori, lo distoglie dai suoi pensieri, invitandolo a dialogare con gli ospiti presenti nel salotto.

In questa prima parte del libro della Wolf si ha la sensazione di assistere ad una sorta di rappresentazione teatrale nel chiuso di una casa, in cui gli sguardi, le espressioni dei volti ed i pensieri dei personaggi, che animano la conversazione, vengono raccontati con una precisione ammirevole ed una scrittura evocativa. In un primo momento, kleist ha un confronto con il giurista Savigny, al quale confessa di essere andato in Francia ed a vivere a Parigi, per constatare in che modo le grandi Idee illuministe abbiano trovato attuazione in quel Paese.

Durante questa conversazione filosofica, i due interlocutori, richiamando il pensiero di Rousseau, meditano e riflettono sulla distanza incolmabile che separa il mondo degli ideali da quello della vita e della storia umana. In questa parte della narrazione affiora, grazie a questo dialogo, lo spirito del tempo (Zeitgeist), poiché Kleist a causa del Bonapartismo vive una profonda delusione ed un grande disinganno, e pensa che gli ideali della rivoluzione francese siano stati traditi e disattesi. In seguito Kleist nota la presenza nel salotto di Karoline Von Gunderrode, una poetessa che ha la sua stessa sensibilità e la sua identica visione della vita. Viene letta una poesia di Karoline, la quale ha pubblicato il suo libro sotto falso nome. In questo momento, dopo che si sono a lungo osservati e rivolti sguardi di reciproco interesse, Kleist inizia a conversare con la poetessa Karoline Von Gunderrode. In  preda allo sconcerto, i presenti nel salotto scoprono che Karoline porta nella sua borsa, dalla quale è caduto, un lungo pugnale, oggetto che anticipa il suicidio a cui andrà incontro la poetessa.

Una volta usciti sulle rive del Reno,il cui paesaggio è raffigurato nel libro con una bravura inimitabile dalla Wolf, i due poeti parlano di letteratura, della consolazione che la poesia può dare di fronte al cieco caso che governa il mondo. In una parte di questo dialogo, Kleist afferma che se l’uomo non fosse capace di attingere alla illuminazione sacra, che facilita e rende possibile la creatività letteraria, sarebbe un semplice animale. Ma che cosa accomuna i due poeti? Il disinganno di fronte al loro tempo? L’angoscia di vivere in un mondo insensato? L’urgenza di comunicare attraverso la poesia il loro anelito verso la verità e la bellezza?

In realtà sia Kleist sia Karoline Von Gunderrode percepiscono in modo netto e chiaro che il loro animo è dominato dal sentimento della estraneità nei confronti del mondo pratico, da cui si sentono irrimediabilmente esclusi.

Nel recensire questo meraviglioso ed indimenticabile libro, uno scrittore di talento come Alessandro Baricco ha sostenuto che nel testo della Wolf viene spiegata quale debba essere la funzione degli intellettuali: nominare e designare con le parole gli aspetti e le cose fondamentali della vita umana.

Pubblicato in: 
GN31 Anno IV 11 giugno 2012
Scheda
Autore: 
Christa Wolf
Titolo completo: 

Nessun luogo. Da nessuna parte
Edizioni E/O
Collana:Tascabili, pp. 120, € 7,50