Marco Benoît Carbone. Intervista sull'erotismo tentacolare

Articolo di: 
Livia Bidoli
Tentacle Erotica

Tra Victor Hugo, Picasso e Hokusai si è in buona compagnia anche di stripper, modelle fetish, octopus porn, BDSM, horror, hentai, cyberpunk e altro ancora: questo è Tentacle Erotica. Orrore, seduzione e immaginari pronografici di Marco Benoît Carbone con la prefazione di Massimo Fusillo e pubblicato da Mimesis or ora. Abbiamo intervistato l'autore per comprendere come è nato e si è costruito un libro così innervatamente provocatorio, ed indagatore di un universo immaginario ben preciso e su cui il materiale è denso e profuso.

Quale è stata la prima ispirazione per il libro?

Mi sono imbattuto in questo bizzarro filone erotico-tentacolare quasi per caso: partivo da un interesse generico per gli studi sulla pornografia.
L’Università di Udine-Gorizia ospita da qualche anno una sezione pionieristica sui cosiddetti porn studies, un campo in esplosione e estremamente promettente degli studi culturali. La Magis International Film Forum Spring School ha già dedicato diversi convegni di studio ad un progetto di studio “cartografico” delle produzioni pornografiche ed è in questo contesto che ho proposto una ricerca preliminare sul tema del Tentacle Erotica, partendo dalla circolazione transnazionale dei prodotti “giapponesi”. Uso le virgolette perché mi sarei presto reso conto che questo fenomeno era tutt’altro che limitato al Giappone: in realtà vi si intrecciano produzioni artistiche, fantasie e ossessioni di epoche e contesti diversi. Il Giappone, però, viene solitamente impiegato da tutti come la frontiera ideale in cui avviene (o respingiamo) tutto ciò che è eccentrico, estremo, bizzarro.

Una volta iniziata, la ricerca ha preso una piega veramente tentacolare: film, animazioni, arte contemporanea, internet meme, stereotipi sul Giappone sembrano non riuscire a fare a meno di ammiccare al tentacle erotica – proprio mentre critici d’arte e istituzioni museali come il British Museum riscoprono le stampe erotiche giapponesi.
Per questo motivo la ricerca è stata anche molto interessante e fruttuosa: Giovanna Maina e Federico Zecca, tra gli organizzatori della sezione di Porn Studies, sono anche i direttori della nuova collana Media/Eros di Mimesis, e mi hanno invitato a inaugurarla proprio con questo libro. Ho cercato così, partendo da un argomento solo apparentemente assai marginale, di tenere testa all’imperativo di comprendere e interpretare (e non semplicemente esaltare, condannare o reprimere) l’erotismo e la pornografia come prodotti sociali e culturali.

Come hai costruito il libro: per esempio, il primo capitolo parte da Lovecraft, come sei arrivato a lui?

H. P. Lovecraft non ha mai davvero scoperchiato il vaso di Pandora dell’erotismo tentacolare, ma ha in un certo senso incubato il mostro. Le stampe erotiche giapponesi nei secoli precedenti, e gli immaginari dell’orrore e della pornografia a partire dal secolo scorso, hanno messo in scena amplessi mostruosi e abusi tentacolari. Lovecraft, invece, fondava la sua straordinaria forza letteraria su una pruriginosa e inquietante ambiguità. Il senso di orrore, le “indicibili” atrocità e oscenità che emanavano i suoi racconti erano in grado di infiltrarsi nell’immaginazione del lettore e prendervi corpo molto prima di ogni riferimento esplicito. Questo è particolarmente vero per L’orrore di Dunwich, ma al di là di come ricostruiamo le vicende, Lovecraft resta uno snodo essenziale sia per la sua circolazione e influenza come autore, sia per la sua profondità e ambiguità psicologica – per certi versi sessuofobica. Una cospicua parte del primo capitolo del libro ricostruisce la “nascita” del tentacle erotica sul grande schermo proprio attraverso le riletture lovecraftiane prodotte da Roger Corman, ma anche la sua circolazione in Giappone e la sua probabile influenza su artisti come Toshio Maeda, il famigerato tentacle master dei manga e anime tentacolari e porno-orrorifici di matrice nipponica.

Il lato visual da Hokusai a Picasso come si connette alla rappresentazione "tentacolare" ed erotica che è il tema principale del libro, di matrice giapponese?

Se guardiamo alla storia dell’orrore, i tentacoli rientrano tra quelle immagini, tra quelle forme in un certo senso primordiali che hanno da sempre stimolato le nostre paure: mostri, alieni, animali giganteschi lambiscono le vittime per mezzo di queste appendici. Ma i tentacoli sono indubbiamente anche delle figure molto ambigue, a cui l’erotismo, la letteratura, le arti visive (e persino il mito) hanno dedicato attenzioni ambigue. Questo incidere dell’arte su eros e orrore non è ovviamente una prerogativa giapponese. Le fantasie di artisti di paesi diversi si sono trovate a convergere, oppure si sono influenzate in maniera diretta, attraverso la circolazione delle merci, nel corso degli ultimi secoli. Potrebbe essere questo il caso dell’interesse di Picasso per donne e polpi, coerentemente con le tendenze al japonisme di una certa arte europea. È vero però che gli shunga, le stampe erotiche giapponesi, hanno messo in scena amplessi tra donne e piovre in maniera sistematica, anche all’interno di un corpus fantastico (il mondo “fluttuante” degli ukiyo-e) che esplorava la sessualità nella totalità del suo spettro, senza mettere da parte i suoi aspetti più eccentrici, improbabili, o persino macabri e grotteschi (con risultati artistici spesso eccezionali). La famigerata stampa di Hokusai, Il sogno della moglie del pescatore, è diventata non solo un’icona pop e il simbolo degli shunga, ma anche una specie di “pedigree” del tentacle erotica.

Nel corso del libro ricostruisco il successo della stampa, la sua circolazione nella sfera pubblica (dalle citazioni artistiche ai cameo nelle serie tv, fino agli internet meme). Discuto anche una questione interessante: il modo in cui artisti, pubblici e critici hanno praticamente “deciso” di trovarvi un grande capostipite dell’erotismo grottesco e del moderno tentacle erotica, mentre i critici hanno sistematicamente ignorato o espulso il carattere pornografico dagli shunga, a volte fino a idealizzarli e neutralizzarli.

Come si muove la critica per espellere questi simbionti tentacolari?

Per rispondere bisogna domandarsi come viene a costruirsi l’idea stessa del tentacle erotica, vale a dire se si tratti di un genere, di un filone, di una nomenclatura, e così via. 

Da un lato c’è il fatto che le idee e le immagini si propagano, c’è una tendenza a esaltare la continuità dei temi del nostro immaginario. Quindi gli artisti che si influenzano a vicenda, il cosiddetto “pubblico” o la cultura condivisa e collettiva come quella di Wikipedia individuano a un certo punto il tentacle erotica come un qualcosa di riconoscibile nel corso del tempo.

Dall’altro lato però alcuni specialisti interrogano le opere, i fatti e le immagini dalle loro prospettive, e in questo senso potrebbe apparire intrinsecamente assurdo ad alcuni critici d’arte accostare delle opere di Hokusai a produzioni pornografiche dal livello estetico chiaramente mediocre. La differenza sta nello sguardo, che in questo caso separa i fenomeni e tralascia la continuità del tema. E' però interessante vedere come anche rimanendo sugli shunga la maggior parte dei critici tradizionali abbia evitato di commentare il loro carattere evidentemente pornografico. Lo si potrebbe vedere come un atteggiamento che reputa la pornografia come un’espressione inevitabilmente bassa della cultura, distinguendola dall’erotismo, o che implicitamente se ne distanzia perché non ha i mezzi per comprenderla. Negli ultimi anni invece alcuni approcci agli shunga ne hanno messo in rilievo la funzione sociale. Queste stampe erotiche bellissime e molto esplicite erano probabilmente una specie di “panorama editoriale”. Alcuni erano dei costosi originali, altri delle economiche riproduzioni. Molti non erano opere d’arte preziose, ma copie usa e getta, chiaramente legate anche a pratiche masturbatorie. Dunque erano a tutti gli effetti delle opere pornografiche. Nel mio saggio suggerisco che entrambi questi approcci sono validi in quanto favorire l’uno a detrimento dell’atro equivarrebbe in ultima analisi a fare distinzioni tra culture “alte” e “basse: un modo di pensare che va messo da parte se si vogliono comprendere i fenomeni che sono al contempo estetici ed erotici. Non a caso il rapporto tra erotismo e pornografia resta dibattuto, ma gli studi sulla pornografia suggeriscono che si smetta di vederla come un “problema” da fronteggiare e che la si riconosca come un fatto antropologico da comprendere.

Vorrei che mi spiegassi quello che è contenuto nell'ultimo capitolo quindi il senso antropologico ed il collegamento fra le spire del serpente, medusa, i tentacoli ed il daimon.

Si tratta senz’altro della parte del libro che ho curato con maggiore piacere, e in un certo senso qui si parte da una prospettiva opposta a quella che ho esposto in precedenza. Dal primo punto di vista il tentacle erotica è un filone tematico e visuale che si definisce nel corso di una storia precisa. Ciascun artista, commentatore o studioso “unisce i puntini”, avvicina fenomeni simili, e così la corrente prende forma, viene animata, assume una sua identità. A questo punto questa idea diventa riconoscibile, la si chiama con un nome, e si arriva anche a spiegarla in un libro. Ecco dunque il tentacle erotica, dallo shunga di Hokusai agli anime di Toshio Maeda passando attraverso Żuławski e le piovre di Picasso.

Se però vediamo questo insieme di storie da un’altra prospettiva, l’attenzione si sposta sui corpi, sulle forme e in questo caso sul tentacolo, che come abbiamo accennato è una specie di forma primordiale dell’orrore, oltre che una figura ambigua e sessualizzata. Per farla breve, nel tentacolo si assommano con facilità erotismo e orrore, attrazione e disgusto. È interessante chiedersi perché. Nel mondo naturale un tentacolo è un organo che è prerogativa di specie animali molto diverse dalla nostra, ma al contempo richiama una prensilità e una tattilità che sono proprie della nostra specie e ciò può causare una sorta di corto circuito simbolico tra il familiare e l’unheimlich (il perurbante), che viene espresso nell’arte e nell’immaginazione. Dal punto di vista della forma poi un tentacolo è un motivo non solo figurativo, ma anche plastico. Si tratta di un oggetto che può diventare più simile a una spirale, farsi un motivo astratto, e infine tornare a essere una figura del mondo come un serpente o un polpo. Non a caso questi processi di transizione tra figura e forma hanno luogo nell’arte arcaica come in quella contemporanea, che si tratti di opere tecnicamente raffinate o puramente ludiche.

L’arte, il mito e il linguaggio partono anche da queste forme primordiali, che in un certo senso si presentano ai nostri sensi “predisposte” per essere caricate di simbologie, credenze e fantasie. Il polpo, per esempio, come ricordava Roger Caillois, è una specie “vincente” dal punto di vista simbolico e forse per questo così tanti alieni, mostri e creature fantastiche tendono a prenderne in prestito le fattezze. Al di là delle specie che ne sono portatrici, i tentacoli e le spire sono prerogative ricorrenti di mostruosità di epoche e luoghi molto diversi. Queste forme fluttuanti e invasive restano simili anche al variare dei contesti storici e sono un po’ delle spie di un fenomeno più ampio e affascinante che è la seduzione dell’orrore. Di conseguenza i tentacoli sono un po’ come la punta di un iceberg, in quanto sotto la superficie c’è un abisso più informe e caotico. E dunque il tentacle erotica può essere visto come un’istantanea particolare di una massa mostruosa molto più estesa. 

Il libro nasce quindi con l’intento di spiegare una serie di produzioni come fatti sociologici ed estetici. Finisce poi però per dovere riflettere su come fenomeni apparentemente del tutto marginali o irrilevanti, come la pornografia fantastica, possano indicare processi psicologici e antropologici più vasti e profondi. 

Pubblicato in: 
GN39 Anno V 27 agosto 2013
Scheda
Autore: 
Marco Benoît Carbone
Titolo completo: 

TENTACLE EROTICA
ORRORE, SEDUZIONE, IMMAGINARI PORNOGRAFICI
MIMESIS Media/Eros
PREZZO: €12,00 €10,20
PAGINE:122
DATA PUBBLICAZIONE: 2013
ISBN:978-88-5751-673-8
PREFAZIONE DI: Massimo Fusillo