La mer à l'aube. Le responsabilità dell'obbedienza

Articolo di: 
Eleonora Sforzi
Léo-Paul Salmain e Jean-Pierre Darroussin in una scena del film

Tratto da una storia vera e dai documenti dello scrittore e colonnello nazista Ernst Jünger, il film "Calm at sea" ("La mer à l'aube"), diretto dal regista tedesco Volker Schlöndorff, è stato proiettato in anteprima lo scorso 19 settembre sulla piattaforma streaming "MyMovies Live!", in corrispondenza con la presentazione del lungometraggio durante il Milano Film Festival 2012, e proposto per la prima volta in occasione del 62° Festival Internazionale del Cinema di Berlino, per la sezione "Panorama".

Il regista Schlöndorff, la cui filmografia dimostra un continuo interesse per le tematiche politiche, legate all'ambito storico e sociale del suo paese, con questo ultimo lungometraggio riporta alla luce uno degli eventi più tragici del periodo dell'occupazione tedesca della Francia, allora governata dal generale Pétain, che non ha dimostrato alcuna resistenza alle ferree direttive da Berlino.

Nell'ottobre del 1941, tre giovani della Resistenza Comunista uccidono il comandante tedesco Hotz a Nantes. Quando la notizia raggiunge Hitler a Berlino, la risposta è dura e fuori da ogni discussione: per punire questo grave atto verranno messi a morte 150 francesi, divisi in gruppi di cinquanta circa. Così, mentre Parigi dimostra il suo collaborazionismo, nelle lunghe ore che seguono, alcuni comandanti nazisti scelgono ventisette vittime dal Campo d'internamento di Choisel. Come monito per gli attentatori fuggiaschi, la selezione dai registri viene effettuata sulla base della giovane età, dell'orientamento filo-comunista e della nazionalità ebraica.

La parte finale del film è quindi interamente dedicata all'ultima ora di vita delle vittime, uomini prossimi alla morte per un delitto non commesso, che la usano per scrivere una lettera di addio ai propri cari, alla famiglia e agli amici, alla compagna che non vedranno più.

Il più giovane, Guy Moquet (Léo-Paul Salmain, che ha ricevuto il premio come Miglior attore al Biarritz International Festival 2012), è il personaggio centrale della vicenda, che la macchina da presa segue con particolare attenzione dai momenti nel campo d'internamento, dove era nato l'amore per una ragazza di nome Odette, fino ai pochi secondi prima della fucilazione.

Il ragazzo è diventato ormai un simbolo, nella storia francese ed europea, di coraggio e di forza d'animo, nonostante la terribile situazione e la giovane età.
Le parole della lettera che Guy scrive alla famiglia poco prima di morire sono quelle autentiche, testimonianza scritta di quel terribile avvenimento, che nessuno ha provato ad impedire, a causa di un'ormai evidente assuefazione all'obbedienza.

L'attenzione di Schlöndorff - che in occasione del Luchon International Film Festival 2012  ha ricevuto il premio come Miglior regista - è di tipo storico e cronachistico: il lungometraggio è un lucido e amaro racconto dei fatti accaduti, e sta solo alla coscienza degli spettatori giudicare quanto è successo. Unica considerazione sulle azioni degli ufficiali tedeschi – ma anche dei francesi collaborazionisti – è quella dell'abate chiamato ad assistere le vittime nella loro ultima ora, che fa notare loro quanto si siano abituati ad accettare e subire gli ordini, esortandoli ad usare la propria coscienza.

Inevitabilmente, le riflessioni in proposito sono sul piano della cieca obbedienza agli ordini e delle responsabilità, che passano dagli alti governi agli ufficiali, dagli attentatori fuggiti a chi ha premuto il grilletto per la fucilazione punitiva.

Il regista mostra la debole resistenza a questo terribile ordine di un giovane soldato che, obbligato dalle circostanze, diventa anch'egli parte del meccanismo di obbedienza e corresponsabilità, ma – consapevole della propria incancellabile colpa – non può far altro che soffrirne silenziosamente.

Come non citare, in riferimento ad un film che con tale lucidità mostra eventi tanto brutali perpetrati con inconsapevolezza, il famoso saggio di Hannah Arendt, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), in riferimento al processo al gerarca nazista accusato di crimini contro l'umanità. A suo avviso, la Shoah fu il risultato non di una collettiva indole malvagia, ma di una silenziosa inconsapevolezza delle terribili conseguenze delle proprie azioni e delle singole responsabilità.
Stessa considerazione può essere fatta anche in relazione a questo terribile evento, avvenuto nell'ottobre del 1941.

Unica nota dal sapore non più solo amaro, ma definibile "agrodolce", è legata alle ultime parole di un altro ragazzo che, un attimo prima della tragica fine, recita dentro di sé i versi di un poeta francese. Si tratta, quindi, di una testimonianza del ruolo che ancora una volta riveste la letteratura e la poesia per la sensibilità di alcune persone, tanto da essere imperitura fonte di conforto e consolazione.

Pubblicato in: 
GN44 Anno IV 24 settembre 2012
Scheda
Titolo completo: 

Calm at Sea (La mer à l'aube)

REGIA: Volker Schlöndorff
SCENEGGIATURA: Volker Schlöndorff
ATTORI: Léo-Paul Salmain, Marc Barbé, Ulrich Matthes, André Jung, Jean-Marc Roulot, Jacob Matschenz, Martin Loizillon, Jean-Pierre Darroussin, Mario Irrek, Patricia Dagmey, Dominique Engelhardt, Thomas Arnold

Proiettato in anteprima sulla piattaforma streaming “MyMovies Live!” mercoledì 19 settembre 2012.

PRODUZIONE: Les Canards Sauvages, Provobis Film, 7e Apache Film
PAESE: Francia, Germania 2011
GENERE:  Storico
DURATA: 90 Min
FORMATO: Colore
NOTE: Proiettato in occasione del 62° Festival Internazionale del Cinema di Berlino (sezione "Panorama") e durante il Milano Film Festival 2012