Una mostra sull’Apoteosi a Castel Sant’Angelo

Articolo di: 
Nica Fiori
Cammeo di Nancy

Castel Sant’Angelo: tutti lo conoscono con questo nome, ma in principio era un mausoleo. Lo concepì come propria tomba l’estroso imperatore Adriano, che voleva così esprimere tutta la maestosità e la ricchezza di un impero erede delle fastose monarchie orientali. È proprio dal mondo orientale che si diffonde a Roma l’uso di divinizzare l’imperatore, e non di rado altri membri della famiglia imperiale, dopo la morte.

Il primo Divus è stato Augusto, ma già prima Giulio Cesare aveva avuto onori divini e prima ancora Romolo, in quanto ritenuto figlio di Marte, e il suo antenato troiano Enea, figlio di Venere. Questa divinizzazione è ora illustrata, fino al 27 aprile 2014, a Castel Sant’Angelo nella mostra “Apoteosi. Da uomini a dèi. Il mausoleo di Adriano”, ideata da Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo e curata da Letizia Abbondanza, Aldo Mastroianni e Paolo Vitti.

Non si poteva scegliere una sede migliore di questa, secondo la Soprintendente Daniela Porro, perché il Mausoleo di Adriano è “tra i più grandi monumenti funerari imperiali e fin dall’antichità il principale simbolo della divinizzazione dei sovrani, della loro assunzione nel Pantheon celeste”. Ricordiamo che nel mausoleo, inaugurato da Antonino Pio nel 139 d. C., sono state ospitate le ceneri non solo di Adriano, ma anche dei suoi successori fino a Caracalla.

Il percorso espositivo inizia nell’atrio del mausoleo, dove, nel nicchione di fondo, che un tempo ospitava una grande statua dell’imperatore, sono stati collocati i busti di Adriano e Antonino Pio. Da qui parte la rampa elicoidale che doveva condurre alla cella delle urne, che ora vediamo dall’alto di un passaggio di epoca successiva. Un’iscrizione, che inizia con le parole “Animula vagula blandula”, ricorda i versi di Adriano che fanno riferimento alla credenza nell’immortalità dell’anima.

L’antica rampa doveva proseguire fino alla sommità del monumento, dove si ergeva un piccolo tempio circolare dedicato al Divus Adriano. La trasformazione successiva dell’edificio in castello e dimora papale ha fatto perdere il ricordo di come doveva essere, ma a partire dal Filarete (XV secolo) sono state avanzate diverse ipotesi ricostruttive fino all’ultima di Paolo Vitti, la cui immagine grafica è stata trasformata in un modello esposto in mostra.

L’esposizione prosegue nelle sale che si aprono nel Cortile dell’Angelo ricostruendo la storia della divinizzazione di eroi (Eracle), uomini (in particolare Efestione, l’amico di Alessandro Magno) e sovrani, attraverso una sessantina di reperti. Partendo dal mondo greco-ellenistico si arriva all’impero romano, ove venne elaborata una cerimonia precisa per trasformare l’imperatore in dio, fino all’avvento del cristianesimo. La nuova religione abolì il rito imperiale pagano perché non riconosceva la sacralità dell’imperatore, ma, nonostante ciò, l’idea di sovrano divinizzato o scelto da Dio rimase un modello di riferimento per i regnanti europei fino alla Rivoluzione francese.

La parola greca apothéosis (ἀποθέωσις, deificazione) non ha una traduzione esatta in latino, che usa invece il termine consecratio, ossia consacrazione. La cerimonia di consacrazione, che concludeva il funerale degli imperatori romani, ma solo se meritevoli, prevedeva l’accensione di una grande pira (ustrinum) nel Campo Marzio, dalla cui sommità un’aquila, simbolo di Giove, spiccava il volo verso il cielo, accompagnando così l’anima del sovrano tra gli dèi celesti.

La mostra è supportata da pannelli didattici in italiano e inglese. È divisa in otto sezioni: “Il viaggio celeste”, “L’eroizzazione e l’apoteosi”, “La Grecia. La divinizzazione dei sovrani: Alessandro Magno”, “Roma repubblicana: i funerali di Stato”, “Roma imperiale: l’apoteosi degli imperatori”. “Il Mausoleo di Augusto”, “Il Mausoleo di Adriano”.

Tra le opere esposte sono di grande interesse storico la Brocchetta di Ripacandida (V secolo a.C.), proveniente da Melfi, che fa riferimento al rapporto tra uomo e cielo forse in ambito pitagorico, il Rilievo di Amiternum con scena di funerale, il Cammeo di Nancy in sardonica a tre strati, con l’apoteosi di Caracalla, e lo spettacolare Dittico in avorio del senatore Quinto Aurelio Simmaco (IV secolo d.C.), prestato dal British Museum di Londra, dove in alto alcuni caratteri intrecciati formano la parola “Roma”. La scena raffigura l’apoteosi di un membro della famiglia imperiale, trasportato in cielo da due geni alati, la pira funebre da cui partono due aquile e in basso una distribuzione di pani fatta dall’alto di alcuni elefanti.

Di grande impatto visivo sono il grande cratere apulo a figure rosse con scene relative ad Atlante e ad Ercole, il Globo dell’Obelisco Vaticano, contenente secondo una leggenda le ceneri di Cesare, il prezioso letto funebre in osso da Aquinum, e la testa ritratto di Faustina Maggiore, con resti di braccio e piede in marmo lunense di una statua colossale di culto, proveniente da Palestrina.

Faustina era la moglie di Antonino Pio e venne anche lei divinizzata alla sua morte. Un capitello esposto nel Cortile dell’Angelo mostra la coppia imperiale divinizzata, lei su un pavone, lui su un’aquila. Uno dei monumenti meglio conservati del Foro Romano è proprio il tempio dedicato ad Antonino e Faustina, la cui apoteosi è raffigurata nella base marmorea conservata nei Musei Vaticani, di cui in mostra si ammira la fotografia a grandezza naturale, che sosteneva la perduta colonna di Antonino Pio.

Scheda
Titolo completo: 

APOTEOSI. DA UOMINI A DEI. IL MAUSOLEO DI ADRIANO
Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo. Lungotevere di Castello, 50. Roma
Orario: da martedì a domenica 9,00 – 19,30. Chiuso lunedì.
Biglietti: intero € 10,50, ridotto € 7
Catalogo: Munus Palombi
Info e prenotazioni: 06 32810