Orthotes. Max Scheler e la fenomenologia dell'amore

Articolo di: 
Teo Orlando
Scheler

A lungo si è pensato che un concetto come quello di amore fosse di difficile inquadramento da un punto di vista filosofico, ma soprattutto non analizzabile con una strumentazione concettuale precisa e rigorosa. Nonostante l'idea di Spinoza di «considerare le azioni e gli appetiti umani come se si trattasse di linee, di superfici e di corpi», abitualmente un sentimento come quello dell'amore è stato più oggetto di analisi psicologiche reperibili nei filosofi-scrittori, nei moralisti e negli autori di aforismi che nei filosofi cosiddetti "sistematici". Un'eccezione, dopo Spinoza, è costituita dalla linea del sentimentalismo scozzese (da Hutcheson e Shaftesbury a Hume e Adam Smith), dalla scuola di Brentano e dalla fenomenologia husserliana. In quest'ultimo ambito spiccano le analisi a cui è consacrato il libro di Angelo Tumminelli Max Scheler e l'amore. Tra fenomenologia e Lebensphilosophie, pubblicato da Orthotes nel 2018.

È ormai assodato che la fondazione filosofica dell'etica, in quella corrente di pensiero chiamata fenomenologia, sia dovuta allo stesso padre fondatore, Edmund Husserl (1859-1938), come documentano i corsi inediti via via pubblicati nella collana Husserliana. Tuttavia, non va per questo sottovalutato il contributo del fenomenologo che più di tutti si occupò di etica, ossia Max Scheler (1874-1928), soprattutto per la finezza delle sue analisi, che, pur partendo dalla fenomenologia, si sostanziano di altre prospettive teoriche, come la cosiddetta filosofia della vita di Georg Simmel e il personalismo cattolico. In questo contesto, Tumminelli sottolinea come l’elaborazione filosofica del concetto dell’amore costituisca un tema centrale nell’itinerario filosofico di Scheler fino a investire tutta la filosofia morale e la filosofia della religione del Novecento.

Il testo in cui Scheler focalizza maggiormente il concetto di amore è Essenza e forme della simpatia (Wesen und Formen der Sympathie, 1923), in cui la "simpatia" (intesa letteralmente come la facoltà di provare sentimenti insieme con un'altra persona) viene considerata come l’unico fondamento autentico del rapporto interpersonale, in quanto garantisce l’autonomia della persona e la possibilità della comunicazione e della comprensione. La simpatia non è da confondersi però con il contagio emotivo che può caratterizzare masse e gruppi numerosi di individui: la sua vera funzione consiste piuttosto nell'annullare ogni inganno solipsistico, mostrandoci la realtà dell’altro in quanto altro come dotata dello stesso valore di cui noi siamo depositari.

La simpatia manifesta però dei limiti perché è una forma di comprensione che si ha entro i precisi confini che circoscrivono il nostro rapporto con le altre persone: in quanto ad esempio fanno parte della mia nazionalità, della mia famiglia, dei miei amici, della mia comunità. È solo nell'amore che si possono invece superare tali limiti ed instaurare un rapporto più profondo che esalti l’autonomia e la diversità dell’altro, che il soggetto che ama non considera mai come identico a sé stesso:

"L’amore vero consiste nel comprendere sufficientemente un’altra individualità differente dalla mia, nel potermi mettere al suo posto pur mentre la considero come altra da me e differente da me e pur mentre affermo, col calore emozionale e senza riserva, la sua propria realtà, il suo proprio modo d’essere" (Max Scheler, Essenza e forme della simpatia, Milano, Franco Angeli, 2010).

Giustamente Tumminelli insiste sulla novità dell’etica fenomenologica scheleriana nella misura in cui il filosofo tedesco procede a una sorta di riabilitazione filosofica della vita emotiva, attraverso la nozione di sentire (Fühlen), variamente declinata (in tedesco abbiamo una ricca famiglia semantica, ad esempio con Mitgefühl, ben tradotto in inglese con fellow-feeling, sentimento di accompagnamento, o co-sentire; e con Einfühlung, empatia). Lo scopo è quello di proporre un’etica che, partendo dagli affetti e dai sentimenti delle persone, possa giungere a un ordine oggettivo di valori morali che sussistono a priori e che non siano puramente formali come quelli teorizzati da Kant.

L'autore mostra come nel concetto di amore si concentrino tutte le dinamiche della filosofia di Scheler, fino al passaggio dal personalismo teologico alla teologia del “Dio in divenire”. Ed è questa radicalità che gli permette di collocare l’amore a fondamento della stessa simpatia, in quanto si dirige verso la natura, verso la persona umana e verso Dio, tutti enti che sono "altro" rispetto a colui che ama.

Per l'autore, la filosofia scheleriana mostra come la natura essenziale dell'amore vada collocata all'interno della dialettica tra la sua dimensione materiale (che i Greci chiamavano ἔρως [eros]) e quella spirituale (che i Greci chiamavano ἀγάπη [agape]): si tratta della relazione tra una componente "passiva" e una "attiva", o meglio tra una dimensione di contemplazione e una di azione, tra la potenzialità e l'attualità. Per Scheler, inoltre, l'amore consente di fondare anche meglio la relazione tra l'Io e il Tu, da lui identificati come simboli del maschile e del femminile.

In realtà Scheler ebbe un'evoluzione teorica che lo portò dalla tesi per cui eros e agape sarebbero due momenti di un'alternativa inconciliabili e non sovrapponibili alla tesi di una loro reciproca compenetrazione: insieme all'impulso e allo spirito sono le due facce della stessa medaglia costituita da una realtà processuale (un po' tra il monismo di Spinoza e il processualismo di Whitehead).

Il primo capitolo del libro (con il titolo a suo modo accattivante "L'erotismo metafisico nel pensiero di Simmel e la replica di Scheler") è dedicata alla teoria dell'amore di Georg Simmel, esponente della Lebensphilosophie e maestro di Scheler. Si evidenzia in particolare l'immanentismo metafisico simmeliano, per cui tutta la realtà umana è permeata da una mutua rete di relazioni e ognuno di noi è in grado di assumere l'identità più idonea di fronte alle esigenze imposte dall'alterità: citando opportunamente un'osservazione di Remo Bodei, Tumminelli paragona la libertà umana nella convivenza sociale alla possibilità di assumere una maschera, come accade in Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello.

Il secondo capitolo è dedicato alla teoria dell'amore e dell'odio presente nell'opera più ambiziosa di Scheler, ossia Il formalismo nell'etica e l'etica materiale dei valori: Tumminelli mostra efficacemente come per il filosofo tedesco i valori morali sono oggetto di un'intuizione fenomenologica privilegiata, fondata nella nostra sfera affettiva e in particolare sull'amore inteso come essenza della persona umana. Rispetto al generale movimento fenomenologico, Scheler accentua però molto di più la dimensione religiosa, dato che l'amore diventa l'attributo spirituale dell'essenza stessa di Dio, come traspare dall'opera L'eterno nell'uomo.

Nel terzo capitolo l'autore si concentra sulle diverse stesure del libro Essenza e forme della simpatia, quella del 1913 e quella del 1923. Molto pertinenti sia da un punto di vista storico, sia teoretico ci sembrano le pagine dedicate a sottolineare la differenza tra il concetto di amore di matrice fenomenologica e quello di matrice razionalista sostenuto da Spinoza. Per quest'ultimo l'amore (o meglio, l'amor Dei intellectualis) altro non sarebbe che il supremo atto cognitivo con cui l'individuo raggiunge la piena conoscenza del mondo, attingendo nel contempo alla suprema felicità. Invece, per la fenomenologia scheleriana, a partire dalle ricerche di Franz Brentano, l'amore e l'odio svolgono una funzione particolare: essi appaiono di primo acchito come due modalità conoscitive (quelle che ci portano a preferire o a posporre dei valori), ma progressivamente si configurano piuttosto come relazioni intenzionali che portano all'intuizione eidetica e diretta dei valori morali (en passant, non siamo troppo convinti del carattere non-cognitivista dell'etica di Scheler, ma è un tema che andrebbe affrontato con gli strumenti della filosofia analitica).

Infine, nel quarto e ultimo capitolo si analizzano i testi più tardi di Scheler, evidenziando la prfonda connessione tra la sua idea di "Dio in divenire" e analoghe concezioni della divinità come un ente supremo ma non onnipotente, che ha bisogno di completarsi trasformandosi intimamente: concezione già presente nel tardo Schelling e poi ripresa in Italia da Luigi Pareyson. Il senso finale della ricerca è comunque quello di cercare di superare la dicotomia tra immanenza e trascendenza, tra amore materiale e amore spirituale, verso una concezione integrale dell'essere umano.

Pubblicato in: 
GN32 Anno XII 2 luglio 2020
Scheda
Autore: 
Angelo Tumminelli
Titolo completo: 

Max Scheler sull’amore. Tra fenomenologia e Lebensphilosophie, Napoli-Salerno, Orthotes, pp. 298. € 20,00