Pollo alle prugne e Belami. Tra film in costume e fiabe iraniane

Articolo di: 
Elena Romanello
Pollo alle prugne

Il cinema di Majane Satrapi con Pollo alle prugne e la novella di Maupassant, Belami, nella sua riduzione cinematografica a cura dei registi Declan Donneland e Nick Ormerod.

Ormai Marjane Satrapi, iraniana naturalizzata francese, è un nome di punta nel panorama delle graphic novel, quei fumetti che hanno dignità di letteratura vera e propria, anche se disegnata. Questo le permette di fare la diva quando visita i musei del fumetto, come è capitato recentemente al Museo WOW di Milano, ma anche di poter realizzare in tutta libertà film che sono veri e propri gioielli.

Dopo il cartone animato Persepolis, tratto dalla sua prima e più famosa graphic novel, storia della sua infanzia e adolescenza tra Iran e Occidente, Marjane Satrapi diventa di nuovo regista, con Vincent Paronnaud, di Pollo alle prugne, e stavolta in un film dal vivo che racconta una storia fuori dal tempo, in un’atmosfera da anni Cinquanta sospesa in un sogno, in un Iran ancora lontano dalla teocrazia islamica, che cercava di avvicinarsi all’Occidente, ma dove permanevano troppe ingiustizie e ristrettezze culturali.

Il violinista Nasser Ali, imprigionato in un matrimonio infelice quando il suo vero amore è andato perduto anni prima, vede il suo amato strumento distrutto dalla moglie esasperata e, non riuscendo a far riparare quello che per lui è l’unica ragione di vita, decide di lasciarsi morire, ricordando prima la sua vita e rievocando i suoi segreti e quello che lo lega a quel violino e a quella musica. Ma forse, prima del violino rotto, è stato qualcos'altro che l’ha distrutto, qualcosa in cui la moglie non centra.

Una fiaba struggente e nera, che è metafora del destino di un Paese che non è mai riuscito, malgrado un’élite intellettuale solida (la stessa che fu dispersa e repressa da Khomeini) e un grande desiderio di democrazia, di trovare la sua strada per la libertà, fino ai drammi degli ultimi anni, alla primavera verde lì duramente stroncata, ed anche se in giro per il mondo rimane la Resistenza iraniana. 

A disegni Marjane Satrapi sa esprimersi benissimo, ma anche con le immagini reali non è da meno, grazie anche ad un cast in cui emergono Mathieu Almaric, struggente antieroe capace di creare una musica da sogno, Maria de Medeiros, dolente moglie delusa dalla vita, Isabella Rossellini, la madre di Nasser, Chiara Mastroianni, la figlia Lili adulta, e l’incantevole iraniana Golshifteh Farahani, Irane (il nome non è a caso molto simile a quello dell’Iran), il grande amore perduto di Nasser, come l’amore perduto di tanti altri.

Ed è come se l’Iran e i suoi sogni di libertà siano metafora di quest'impossibile amore e rapporto, perduto da tutti i suoi cervelli e cuori in fuga per il mondo, raccontando il tutto in una fiaba dai toni color pastello e con dei momenti di pura poesia, tra musica e fotografia.

Detto questo, uno dei momenti più belli è quando l’autrice decide di tornare al mondo delle nuvole parlanti, raccontando come l’Angelo della morte riuscì a prendere un’anima lontanissima da dove doveva prenderla, con disegni animati debitrici a tutta l’arte orientale ma anche con qualche reminescenza di Emanuele Luzzati.

Si può raccontare comunque il dramma annoso di un Paese e di una generazione come una fiaba, tra realismo e magia: e Pollo alle prugne, esaltazione dell’amore sempre e comunque verso chiunque, una persona o il proprio Paese, anche quando è infelice e frustrato, anzi, forse a maggior ragione quando è questo il caso.

Belami

La strada per allontanarsi dal ruolo di idolo adolescenziale non è mai facile, ma Robert Pattinson, l’ex Edward Cullen di Twilight, la sta percorrendo in maniera più che soddisfacente: del resto fare il vampiro porta con sé il rischio di rimanere per sempre imprigionato in quel ruolo, basti pensare a Bela Lugosi o allo stesso Christopher Lee, e del resto essere amati dalle ragazzine può portate in breve all’oblio. Ma questo non dovrebbe essere il caso di Pattinson che, prima dell’esperienza con Cronenberg ha fatto questo film in costume, diretto da Declan Donneland e Nick Ormerod, dal romanzo di Guy de Maupassant, impietoso ma affascinante ritratto di Parigi fine Ottocento.

Anzi, ci perdonino le ragazzine che hanno sognato con Edward Cullen, ma Robert Pattinson si dimostra molto più a suo agio nei panni del cinico e arrivista Georges Duroy che in quelli di fidanzatino romantico, mentre conquista Parigi e le sue signore cercando di arrivare più in su della cascina dei suoi genitori in provincia e della squallida soffitta in cui paga per pochi franchi i servizi di qualche prostituta di strada.

Georges riuscirà nella sua scalata, perdendo quel poco di cuore che aveva (e forse la verità gliela dice quella prostituta, ma lui non la ascolta), conquistando il potere e i soldi con il potere dei giornali, lui, figlio di contadini e oscuro combattente della guerra d’Algeria.

Sulla strada del successo Georges si farà strada anche spezzando e ricomponendo i cuori di tre signore dell’alta borghesia presso le quali vuole conquistare il suo posto al sole: la colta Madeleine, una strepitosa Uma Thurman; l’ossessiva Virginie, la sempre brava Kristin Scott Thomas e l’irrequieta e trasgressiva Clotilde, una deliziosa Christina Ricci ormai decisamente adulta. E riuscirà a trovarsi anche una moglie giovanissima, vergine e di ottima famiglia, la figlia della sua ex amante Virginie, la bionda Holiday Grainger, già Lucrezia Borgia nello sceneggiato The Borgias con Jeremy Irons, che sposerà con un piccolo scandalo, ma ormai è il mondo in cui vive ad essere talmente corrotto che niente può più sconvolgere.

Ritratto di alta borghesia cinica e amorale e del modo per entrarci, Bel Ami risulta essere una storia attualissima, in quella Belle Epoque, affascinante ma molto spesso idealizzata, in cui sono stati buttati molti dei semi del mondo di oggi, nel bene e anche nel male: lo strapotere dei mezzi di comunicazione, l’importanza all’apparenza, i rapporti  basati su potere e soldi, tre argomenti fondamentali per permettere a Georges di diventare quello che vuole, l’unica cosa che per lui conti.

Vicino come realizzazione ai film in costume britannici degli ultimi vent’anni, Ivory in testa, Bel Ami se ne distacca per la vicenda non accomodante, la nervosità della storia, il mancato romanticismo dell’insieme, ma questo è tutt’altro che un male. E comunque, il tipo di film non porta nelle sale le fan di Twilight, che potrebbero rimanere sconvolte dal vedere che il loro beniamino non è un eroe romantico, è semplicemente un vero professionista.

Infatti, se il cast al femminile è ottimo, e ciascuna delle tre donne della vita di Georges rappresenta un aspetto diverso, la comunanza intellettuale con un po’ di piaceri della carne, la ricerca della gioventù perduta salvo poi pentirsi delle sue conseguenze, la giocosità del sesso senza amore, Robert Pattinson può già consacrarsi qui come vero attore e non solo idolo delle adolescenti.

Un film per chi ama i classici con tutte le loro verità scomode, per gli amanti di film in costume non melensi, ma anche per chi cerca nel passato la chiave di capire il futuro: e Maupassant, volendo, offre anche altri spunti e storie da raccontare.

Pubblicato in: 
GN31 Anno IV 11 giugno 2012