Silent Souls. Un film russo sulla cultura Merja e sull'amore

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Silent Souls

I film che hanno l’ambizione di rappresentare la storia e la cultura di un grande Paese, all’interno del quale convivono da secoli civiltà che si sono sedimentate durante lo sviluppo e l’evoluzione del tempo, meritano di essere giudicati come necessari e utili sul piano artistico ed estetico. Il film Silent Souls,  del regista russo Aleksei Ferdorchenko, uno dei maggiori autori del cinema contemporaneo, racconta una vicenda umana dolorosa e commovente, grazie alla quale vengono descritte le tradizioni e i riti della civiltà dei Merja, una antica tribù ugro-finnica, le cui radici antropologiche appartengono alla regione della Russia centro-orientale. 

Questa antica civiltà, quella dei Merja, durante i secoli è stata assimilata da quella slava, sicché la storia dei due popoli ha finito per intrecciarsi in un rapporto di reciproca integrazione. Nel film all’inizio compare un vecchio uomo che percorre su di una bicicletta una strada sterrata, in un paesaggio desolato e vuoto. 

Subito dopo Aist, un uomo che lavora in una cartiera, racconta la storia di suo padre, il personaggio che compare all’inizio del film, un poeta autodidatta, che discendeva ed apparteneva alla civiltà dei Merya. Miron, il direttore della fabbrica dove lavora Aist, ha perduto la moglie e non vuole portarla all’obitorio. 

Miron si rivolge all’amico Aist, perché lo accompagni in un lungo viaggio attraverso la Russia, essendo intenzionato a compiere il rito funebre in onore della sua amatissima moglie, secondo le tradizioni osservate dai Merja. Per questo, dopo avere vestito e adornato il corpo della  donna priva di vita in base a ciò che detta la ritualità ancestrale dei Merja, Mironed il suo amico Aist iniziano un lungo viaggio per raggiungere il luogo, dove verrà celebrato il rito funebre. 

Durante il viaggio attraverso il paesaggio sconfinato della Russia, con il corpo della donna privo di vita adagiato nella macchina, Miron con accenti intrisi di nostalgia ed inconsolabile tristezza racconta al suo amico Aist i momenti felici  della vita intima e coniugale, che ha vissuto con la sua donna. 

Questo racconto fa parte del modo in cui l’uomo, secondo la usanza dei Merja, deve separarsi dalla donna che ha amato, se le sopravvive.  Presto apprendiamo, sia pure in modo larvato  e non diretto, che Tanya ha amato, oltre al marito a cui era sottomessa secondo il modello del patriarcato, anche Aist.   

Nel film, nel quale il paesaggio russo è raffigurato in modo straordinario ed indimenticabile, tanto da richiamare alla mente le pagine dei grandi scrittori russi che lo hanno descritto nei loro immortali capolavori come Tolstoj e Turgenev, è la poetica della memoria che conferisce al racconto una sua unità stilistica. 

In tal modo veniamo a sapere che i Merja, questo antico popolo di origine finnica, hanno l’abitudine di cremare i corpi delle persone scomparse e di disperderne le ceneri  nelle acque dei laghi. 

Infatti Miron riporterà il corpo della moglie sulla riva del lago, dinanzi al quale lei aveva vissuto la sua adolescenza e la sua giovinezza, ed  a cui sentiva di appartenere . Dopo avere cremato il corpo di Tanya, Miron si immerge nelle acque del lago, spargendone e disperdendone le ceneri, secondo il rito funebre osservato dai Merja nel corso dei  secoli. Nel film emerge che questo antico popolo non ha nessuna forma di venerazione verso entità metafisiche

I Merja credono che, dopo la morte, sia possibile incontrare le persone amate negli abissi dei grandi laghi,  nei quali i resti dei loro corpi cremati devono essere dispersi, quasi che l’acqua sia e debba essere considerata all’origine della vita. 

Una volta compiuto  il rito funebre nel rispetto delle usanze dei Merja, i due uomini affrontano il viaggio di ritorno,  riattraversando il magnifico e poetico paesaggio russo. 

Durante una sosta, mentre Miron per allontanare la tristezza ed il dolore, da cui si sente sopraffatto, abbatte un faggio, Aist pensa, nel corso di un monologo silenzioso, che tutto ciò che appartiene alla cultura degli uomini è destinato a scomparire. 

Infatti nel film vi è la presenza di questo sentimento malinconico, espresso con immagini poetiche, legato alla percezione che il tempo scorre inesorabilmente e tutto ineluttabilmente riduce in polvere. Solo il ricordo  e la memoria storica possono impedire che i sentimenti, le civiltà ed le tradizioni siano inghiottite dal flusso inesorabile del divenire storico. 

Infatti, come recita il sottotitolo in italiano del film, soltanto l’amore non ha fine. Il film è molto profondo e bello sia perché mostra il modello patriarcale che è presente nella cultura di alcuni popoli russi, sicché la donna è ancora sottomessa al dominio maschile, sia perché aiuta a capire come in un mondo globale e privo di confini, in cui tutti i Pesi e le culture tendono a somigliarsi, sia importante rispettare le usanze e le tradizioni della minoranze, secondo la concezione del multiculturalismo. Un film di qualità che merita di essere visto.

Pubblicato in: 
GN30 Anno IV 5 giugno 2012
Scheda
Titolo completo: 

Silent Souls.(Ovsyanki)
GENERE: Drammatico
REGIA: Aleksei Fedorchenko
SCENEGGIATURA: Denis Osokin
ATTORI: Igor Sergeyev, Yuriy Tsurilo, Yuliya Aug, Viktor Sukhorukov

Uscita al cinema 25 maggio 2012

FOTOGRAFIA: Mikhail Krichman
MONTAGGIO: Sergey Ivanov
PRODUZIONE: MIG Pictures Film Company
DISTRIBUZIONE: Microcinema
PAESE: Russia 2010
DURATA: 75 Min
FORMATO: ColoreNOTE: In concorso al Festival di Venezia 2010