Spoleto. 58Festival dei 2Mondi. L'intarsio finale di Jeffrey Tate

Articolo di: 
Livia Bidoli e Teo Orlando
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Il concerto conclusivo della cinquantottesima edizione del Festival dei Due Mondi di Spoleto 2015 del 12 luglio ha visto Jeffrey Tate dirigere superbamente l'Orchestra Giovanile Italiana della Scuola di Musica di Fiesole nella Piazza del Duomo con un programma comprendente la Sinfonia n. 8 in si minore “Incompiuta” D. 759 di Franz Schubert e la Sinfonia n. 4  in mi minore op. 98 di Johannes Brahms.

Theodor W. Adorno ebbe a scrivere che “la rassegnazione di Schubert non risiede nella pretesa atmosfera della sua musica o nel suo stato d’animo, ma nel «così è» che la musica rivela con il gesto del lasciarsi cadere”. Questa frase sibillina del grande musicologo tedesco, si attaglia particolarmente alla Sinfonia Incompiuta, che Schubert aveva cominciato a scrivere il 30 ottobre del 1822, senza mai riuscire a completarla e che venne pubblicata postuma nel 1865 grazie alla scoperta del manoscritto autografo da parte del direttore d'orchestra Johann Herbeck, custodito nell’abitazione di un amico di Schubert, Anselm Hüttenbrenner.

Come spesso accade, della Sinfonia sono stati eseguiti solo i primi due movimenti, completi in tutti i particolari, mentre è stato tralasciato il terzo, di cui ci rimane l'abbozzo dello Scherzo e le prime battute del Trio. Per molti versi la struttura della Sinfonia riprende la lezione magistrale di Beethoven, suo più anziano contemporaneo e modello paradigmatico. La differenza fondamentale rispetto al grande compositore di Bonn sta nel fatto che quest’ultimo costruiva architetture organiche soltanto nelle quali i vari elementi acquisivano reale valore, mentre il viennese Schubert era più intento a sottolineare il valore autonomo delle melodie, del contesto armonico e dei diversi ritmi. In Beethoven i vari temi si concentrano fino a creare una serie di climax, mentre Schubert preferisce ripetere continuamente gli stessi temi, impegnato in una meditazione in cui non vede vie di fuga e che rivela appunto il “lasciarsi cadere”.

L’Allegro moderato si apre con un fraseggio in cui gli archi intonano una specie di motto che caratterizza l’intero movimento, inizialmente come pianissimo, e poi sempre più forte. Il vero primo tema è invece una struggente melodia che ricorda un Ländler popolare in sol maggiore, introdotta dai clarinetti e poi proseguita dai violoncelli. Il movimento si conclude con una serie di fratture in cui i due temi sono ripresi dall’orchestra, con Tate che cerca di mediare tra diverse linee di fuga, ben assecondato peraltro dai fiati e dagli archi.

Nell’Andante con moto domina la tonalità del mi maggiore, apparentemente più serena. L’apertura, sorniona e quasi impercettibile, è affidata al suono quasi soffocato del corno e del fagotto, a cui si affiancano i violini, che prima intonano un tema che diventerà dominante, e poi una sorta di corale per strumenti. Nel secondo tema, assistiamo a una sorta di dialettica tra i due legni principali, ossia l’oboe e il clarinetto, con gli archi a ripetere la melodia in modo amplificato. Infine, la piena sonorità orchestrale riprende tutti i temi, portando la sinfonia verso le regioni più remote del cosmo, in un empito a cui solo la prosecuzione avrebbe potuto dare pieno compimento.

La seconda parte del concerto è affidata alla Quarta Sinfonia in mi minore op. 98, che fu l'ultima delle sinfonie di Brahms e fu terminata nel 1885 (la stesura dello spartito durò circa un anno), anno della prima esecuzione a Meiningen con la direzione di Hans von Bülow. Con la finis Austriae alle porte, la sinfonia, che conclude il ciclo austro-tedesco classico, si prospetta in modo epico e solenne, quanto minuziosamente dettagliato nella sua operosità musicale: siamo di fronte ad un massiccio lavoro che si fa compenetrare tanto da Bach che da Beethoven, giungendo a rappresentare il romanticismo tedesco nelle sue innumerevoli sfumature.

Il primo movimento, Allegro non troppo, si racchiude intorno ad una forma-sonata con l'esposizione dei temi più rilevanti e malinconicamente lirici, che cresceranno poi nel respiro orchestrale. L'attacco inziale presenta subito il motivo più celebre, che Tate fa rilevare misuratamente e con eleganza: qui sono i violini ad esporre ampiamente il vertiginoso processo che si avvia in tutta la sua ampiezza dal principio. Il secondo motivo è esposto invece dai fiati, quasi una marcia, che poi diventa melodia con l'intervento di corni e violoncelli. Suggestivo, dopo un altro sviluppo tematico dei fiati accompagnato dagli archi, l'eco delle trombe sul tema successivo, e prima della coda che perentoriamente conclude sugli archi.

Il secondo movimento, Andante moderato, introdotto dai corni soli, è misterico e lirico: fa “riflettere” l'intera orchestra nella ripresa del primo motivo che ritorna con maggiore speranza ed una lieve sfumatura malinconica, per poi distendersi e prendere respiro. Il terzo movimento Allegro giocoso, è in realtà uno Scherzo brioso, sia nell'approccio sia nel modo di dispiegarsi, particolarmente efficace nelle parti accese e quasi ironiche: le percussioni acquistano luce e rivelano la loro grandiosità nel finale. Il quarto movimento, Allegro energico e appassionato, rappresenta l'apoteosi brahmsiana: perentorio con maggiori stacchi, trenta variazioni, e parti sincopate, propone un intarsio di attese. La passacaglia è ben udibile ed il tema è maestoso: la sezione lirica è lanciata inaspettatamente e l'Orchestra acquista in potenza. Le otto battute che si ascoltano in principio sono prese dal tema della ciaccona nel finale della cantata di Bach, Nach dir, Herr, verlanget mich, BWV 150. Altri cenni importanti sono a Beethoven, mentre l'uscita dal bosco intricato di sinfonismo classico e contrappunto barocco conduce al gigantismo di un'opera in cui la dialettica è il segnale produttivo di un'intera epoca.

Jeffrey Tate ha offerto non solo una performance entusiasmante (con il significato profondo greco: enthousiasmós [ἐνθουσιασμός] significa “avere gli dei dentro di sé) e di grande trasporto per il pubblico insieme all'Orchestra Giovanile Italiana della Scuola di Musica di Fiesole, ma ha anche concluso con un bis su richiesta di un pubblico trascinato dalla sua enorme energia tutta devoluta alla grande madre musica, con un brioso An American in Paris dl Gershwin dalla gloriosa Età del Jazz.

Pubblicato in: 
GN34 Anno VII 16 luglio 2015
Scheda
Titolo completo: 

58° Festival dei 2Mondi di Spoleto

26 giugno - 12 luglio 2015

Domenica 12 luglio 2015
Franz Schubert
Johannes Brahms
CONCERTO FINALE - Piazza Duomo
domenica 12 luglio 2015

direttore Jeffrey Tate
Orchestra Giovanile Italiana • Scuola di Musica di Fiesole

produzione Spoleto58 Festival dei 2Mondi
pianoforti Angelo Fabbrini

programma

Franz Schubert
Sinfonia n. 8 in si minore Incompiuta

Johannes Brahms
Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98

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