Teatro Ambra alla Garbatella. La natività umana di Erri de Luca

Articolo di: 
Marianna Dell'Aversana
In nome della madre

Due voci concertate dal dolce suono di una chitarra classica prorompono dall’oscurità del palco: sono Iosef/Giuseppe e Miriam/Maria, che rievocano dal punto di vista di un uomo e di una donna il mistero della natività di Gesù.  Ha così inizio lo spettacolo  In nome della madre, al Teatro Ambra alla Garbatella, rappresentato dall’ 8 al 10 marzo 2013, con Massimo Wertmüller e Anna Ferruzzo che lasciano risuonare l’omonimo  testo di Erri De Luca.

I due attori si alternano in una serie di monologhi, intervallati dalle musiche di Domenico Ascione,  lasciando, in tal modo, affiorare in superficie ciò che nei Vangeli è appena accennato, ovvero ”l’accensione della natività nel corpo femminile”. De Luca, infatti, ha voluto esplorare anche l’altro prodigio della natività: la perizia di una ragazza madre e la sua solitudine assistita. La nascita di Gesù diventa occasione per parlare della maternità, esperienza altrettanto miracolosa, che viene narrata proprio da colei che diventa madre, che dà la vita; esperienza che si traduce nell’essere donna.

Miriam ha appena appreso di essere incinta e lo confessa a Iosef. Questa scena d’esordio lascia subito intuire quanto siano distanti i personaggi di De Luca dai loro archetipi biblici, in quanto emerge una dolce tenerezza tutta umana. Le parole concitate della Ferruzzo restituiscono la trepidante emozione di una ragazza dinanzi ad una notizia sconvolgente; la ferma voce di Wertmüller consegna, invece, allo spettatore l’immagine della saldezza di Iosef, pronto a sfidare la comunità di Nazareth e la legge per la sua amata. Non si tace, infatti, sul sentimento che unisce la coppia e sulle sue sfumature anche fisiche: il mio Iosef, lo chiama Maria, ricordandone più volte anche la bellezza, mentre l’altro non avrà reticenze a proclamarle, più volte, il suo amore. Se è un angelo ad annunciarle la maternità avvenuta “per un soffio di vento”, se è divino il concepimento, è tutto umano ciò che ne segue, poiché ciascuno dei due personaggi troverà nel legame con l’altro la forza di affrontare il tutto.

Sin dall’inizio, inoltre, si ribadisce con insistenza il loro essere prima di tutto un uomo e una donna, appartenenti, pertanto, a dimensioni diverse: si sottolinea, infatti, che la conoscenza delle leggi è preclusa al mondo femminile, mentre è consentita solo all’universo maschile, che per questo dà tanta importanza alle parole.

E, intanto, l’interpretazione della Ferruzzo si fa ancora più intensa nel momento in cui si dà espressione alla gioia di Miriàm per la maternità inattesa. “Essere piena, contare le settimane come per il travaso del vino, non avere il ciclo, tutto era una purezza che mi ubriacava di gioia”. Tali sono le parole che si odono dalla scena, le quali inducono a comprendere l’importanza dell’impatto che l’evento ha avuto anche sul corpo. Non è casuale, quindi, che venga adoperata una similitudine tratta dal mondo rurale. Emblematici, a tal proposito, sono i ripetuti gesti con cui il personaggio sul palco porta le mani al grembo, significanti volti a dare rappresentazione, ancora una volta, alla portata fisica e non solo metafisica dell’ avvenimento.

Particolarmente suggestivo è il momento del parto in cui la categoria umana e quella divina si confondono e si sovrappongono in maniera indissolubile tra loro: da un lato la sofferenza, il dolore; dall’altro la capacità sovraumana di una donna che riesce a compiere tutto da sola, confidando unicamente nella forza di cui è investita. Analogamente, quando avviene la nascita, il carattere stra-ordinario dell’evento, sottolineato  dal mancato pianto del bambino, è subito stemperato dalle ordinarie preoccupazioni materne.

Le note della chitarra, intanto, intrecciano una melodia soave e il canto di una donna, Miriàm, vibrante e profondo, risuona quasi come un inno finale alla maternità; il mistero della nascita di Gesù si traduce, così, nel mistero stesso di ogni nuova vita che viene inaugurata.  E in un tale gioco di riflessi l’evento biblico, rivissuto in una dimensione più umana, non risulta affatto attenuato nella sua sacralità, ma, come investito esso stesso di una nuova luce, ne risulta efficacemente potenziato.

Pubblicato in: 
GN19 Anno V 19 marzo 2013
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Ambra alla Garbatella - Roma
8\10 MARZO
IN NOME DELLA MADRE
di Erri de Luca con Massimo Wertmüller e Anna Ferruzzo, musiche originali dal vivo di Domenico Ascione, riduzione a cura di Anna Ferruzzo