Teatro dell'Opera di Roma. Cenerentola o del rossiniano contrappunto tra i ruoli

Articolo di: 
Livia Bidoli
La Cenerentola

Il titolo per esteso dell'opera di Gioachino Rossini che dal 22 gennaio al 19 febbraio 2016  irrorerà di energie frizzanti e musica briosa il palcoscenico del Teatro dell'Opera di Roma è La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo. La prima assoluta è stata proprio a Roma il 25 gennaio 1817 al Teatro Valle (che ci auguriamo presto offrirà di nuovo il suo bel palco settecentesco al pubblico) su libretto di Jacopo Ferretti e tratto da una fiaba di Perrault di cui però si perdono molte tracce. In questa ripresa al Costanzi sul podio abbiamo Alejo Pérez a dirigere l'Orchestra dell'Opera di Roma e la regia di Emma Dante con un cast eccezionale a cominciare dalla Cenerentola vezzosa del mezzosoprano Serena Malfi nel primo cast (secondo cast: Josè Maria Lo Monaco).

La storia la conosciamo tutti, quel che ci potrebbe sfuggire è l'irrisione di fondo di un Rossini “giocosamente” sbeffeggiante – per questo è un “dramma giocoso” - della società cortigiana che condanna chi è meno fortunato – Cenerentola appunto – ad una vita di stenti e soverchiata da tiranni, il padre e le sorelle; accerchiata da parvenu e arrivisti, nonché da donne interessate solo a maritarsi “bellamente” (riccamente) in una Napoli spietatamente egoista con i deboli ed i fragili come la giovine Angelina (Cenerentola) interpretata dalla graziosissima e disinvolta per voce e presenza scenica Serena Malfi.
 
Seguendo questo iter che deriva dalla lettura critica di Rossini, Emma Dante ha pensato ad una ricostruzione molto simbolica, conferendo centralità alle rappresentazioni dei ruoli in seno alla piccola formazione societaria che in questo caso è la famiglia: in questo senso la piccola Cenerentola – Angelina è “sottomessa” ad un padre e delle sorellastre violente verso di lei che la trattano come una sguattera. In questo compito gravoso, la “soluzione” di Cenerentola proviene dalle sue replicanti, dotate di chiavetta posteriore, sorta di bambole di dimensione uguale e di aspetto identico a Cenerentola. Delle bambole meccaniche che, vestite di tulle acquamarina e polacchine verdeazzurro chiaro, con dei grossi sistemi ad orologeria applicati alla cinta, si muovono per aiutarla anche nei versanti difficili, contro le molestie del patrigno – che ha sperperato tutto il denaro ed ora cerca di maritare le figlie per sfruttare il loro: un meretricio di famiglia in sostanza – e delle sorellastre avide e intolleranti all'affetto.

In questa “confettosa”, tutta bianca e caramellata visione d'arredo scenografico a cura di Carmine Maringola, braccio destro da illo tempore della Dante, osserviamo i costumi altrettanto da “bomboniera” - e dopotutto la trama si rivolge tutta ad un matrimonio “che s'ha da fare” tra il principe e Cenerentola – di Vanessa Sannino, che prendono il la anche dal pop surrealism che ha ispirato la Dante: Cenerentola è eburnea come il marmo, capelli platino quasi bianchi, fiocchetti rossi sulle ciocche raccolte da bambina, e meravigliose maniche a palloncino su una gonna a strati di tulle. Le sorellastre sono tutte vestite di bianco tranne le calze: Clorinda color fucsia e Tisbe azzurro carta da zucchero, disinvolte le cantanti che gli danno voce, Damiana Mizzi e Annunziata Vestri. Il padre, Don Magnifico, cui dà la voce Alessandro Corbelli è più variamente colorato, un po' alla Vivienne Westwood, lo vediamo in un coacervo di colori, soprattutto nella veste da camera; sulla stessa scia, ma in bianco e nero, il bravo baritono Giorgio Caoduro, che interpreta Dandini, anche lui come tutti gli altri, dotato di guanti rossi. Il principe Don Ramiro, è il bel Juan Francisco Gatell, simpatico nella sua parte ed agile nei passaggi, anche quelli più veloci del suo ruolo tenorile: travestito da scudiero in color acquamarina come il resto dei paggi, cambierà solo alla fine il suo abito, che diverrà nero come quello di Cenerentola, in un gioco al contrario che ben si affilia con la fiaba dell'inquietudine secondo Emma Dante, che tanto ha ripreso dei colori e di quel loro abbaglio, come mostrano bene le sue rappresentazioni perversamente favolistiche vicine ai quadri di Mark Ryden o Ray Ceasar.

In tutto questo sciorinarsi della storia con dei doppi dei “buoni” in numero di cinque ciascuno, ovvero del principe e di Cenerentola, tra le arie più belle come “Una volta c'era un re”, a delinear la purezza della ragazza; oppure Un soave non so che, il celebre duetto del principio di innamoramento tra Don Ramiro (travestito da scudiero) e Cenerentola; notiamo anche la cavatina di Dandini, Come un'ape ne' giorni d'aprile; tutti nel primo atto quest'ultimi, mentre nel secondo notiamo Un segreto d'importanza, il duetto di Dandini e Don Magnifico (bravo Alessandro Corbelli), che finalmente ristabilisce giustizia, rivelando che le due figlie erano “promesse” allo scudiero travestito da Principe; poco più tardi sapremo che il vero Don Ramiro è innamorato, ricambiato, di Cenerentola. Il finale perdono di Cenerentola verso tutte le angherie di padre e sorelle però non rimane senza punizione: difatti padre e sorelle saranno dotati loro questa volta di una chiavetta per caricarli che, come l'orologio di Cenerentola,presume una certa “scadenza” per tutti, anche i cattivi, a meno di ulteriori “ricariche”, stavolta da parte dei buoni.

Il Bouquet con i colori della bandiera dell'Italia che prende Cenerentola, ha un doppio senso: da una parte svilisce una patria che si vende a possibili “matrimoni”, quindi alleanze – che possono essere politiche -, che possono rimandare al Dante in esilio, e della terra amata violata; dall'altro, una speranza invece per un futuro di riscatto sociale, come per Cenerentola, però fondato sull'amore reciproco e alla pari, come con il Principe.

La seconda parte dell'opera si mostrava con qualche stucchevolezza per la repetitio dei motivi, anche coloristici, già esposti nel primo atto, in cui risultavano più potentemente indicati; qui sul  fondo bianco appena adombrato da luci pallidamente azzurre, o rosa, Cristian Zucaro ha regolato e dosato con eccellente rigore una sorta di magia, cui Cenerentola, con l'aiuto di Alidoro – il basso eccellente Marko Mimica – ha partecipato con l'aiuto di una musica frizzante ma anche velata di malinconia a volte, come Perez ha sottolineato spesso, dando una lettura più seria di quanto ci aspettavamo. Potremmo quasi dire che l'Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma, guidata da Perez, ha seguito anche lui questa lettura di Emma Dante, esplosiva e veloce nei più avviluppati momenti esilaranti, dribblata da contrappunti suggestivi in altri, ed una scia di malinconia sardonica dall'altro. Un dialogo tra strumenti, cantanti e replicanti che tiene sospesa un'opera su un dubbio, lo stesso che suscita Cenerentola presentandosi al ballo con la maschera: l'identità, il suo ruolo sociale, ed i suoi eventuali rovesciamenti, aldilà di ciò che pensiamo sia fisso e dato per certo: “di doman non v'è certezza” recitava Lorenzo Dé Medici.

Pubblicato in: 
GN12 Anno VIII 28 gennaio 2016
Scheda
Titolo completo: 

Teatro dell'Opera di Roma
Stagione 2015/2016
La Cenerentola
Musica di Gioachino Rossini
Dramma giocoso in due atti

Dal 22 gennaio al 19 febbraio 2016

Libretto di Jacopo Ferretti basato sul libretto francese
di Etienne per la Cendrillon di Isouard
Durata: 3 ore, con un intervallo

Direttore Alejo Pérez
Regia Emma Dante
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Scene Carmine Maringola
Costumi Vanessa Sannino
Movimenti coreografici Manuela Lo Sicco
Luci Cristian Zucaro

Interpreti principali
Don Ramiro Juan Francisco Gatell 22, 24, 26, 28 /
Pavel Kolgatin 23, 27, 29 /
Giorgio Misseri 12, 19

Dandini Vito Priante /
Giorgio Caoduro 23, 26, 29 /
Filippo Fontana 12, 19

Don Magnifico Alessandro Corbelli /
Carlo Lepore 23, 27, 29

Clorinda Damiana Mizzi
Tisbe Annunziata Vestri

Angelina Serena Malfi /
Josè Maria Lo Monaco 23, 27, 29, 19

Alidoro Marko Mimica /
Ugo Guagliardo 23, 27, 12, 19

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera
Nuovo allestimento
Con sovratitoli in italiano e inglese

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