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Costantino 313 d.C. L'Editto di Milano tra religione e politica
Costantino è stato senza dubbio l'imperatore più gradito alla Chiesa, più volte in odore di santità nonostante i suoi trascorsi testimonino di un autocrate risoluto e spietato, e non sempre benevolo con Roma che pure gli aveva tributato per mezzo del Senato il trionfo per la vittoria di Ponte Milvio su Massenzio (312 d.C.). Difatti, tre anni più tardi veniva eretto, in fretta e furia, e saccheggiando insigni monumenti di illustri predecessori, l'arco che porta il suo nome e fa splendida mostra di sé su un lato dell'Anfiteatro Flavio.
La celebrazione di questo sovrano decisivo per la definitiva affermazione del Cristianesimo e per lo spostamento dell'asse politico ed economico a Oriente, presso quella "Nuova Roma" edificata sul sito della greca Bisanzio, che venne presto ribattezzata Costantinopoli, riprende 1700 anni dopo l'Editto di Tolleranza (febbraio 313 d. C.) che sanciva la piena libertà di culto per tutti i cittadini dell'impero, nella sede più spettacolare della romanità. La mostra, progettata e ideata dal Museo Diocesano di Milano, e già presentata al Palazzo Reale di Milano, dove l'editto fu emanato, è approdata dal 10 aprile al Colosseo, dove sarà ospitata fino al 15 settembre.
L'esposizione presenta oltre 160 reperti (molti dei quali si possono ammirare nella galleria fotografica) provenienti da tutta Europa, alcune recenti scoperte come le 49 monete risalenti al 313 d. C., e svariati manufatti di uso quotidiano e di lusso. La mostra capitolina si giova, inoltre, di una sezione dedicata all'Urbe, curata da Mariarosaria Barbera, Soprintendente per i Beni Archeologici della Capitale. L'allestimento prevede un itinerario abilmente organizzato: si passa, infatti, dalla battaglia di Ponte Milvio, con i ritratti dei due contendenti, a un approfondimento sul "Sessorium", sito nell’area di Santa Croce in Gerusalemme, a Roma. Il Sessorium era la residenza imperale di Elena, madre di Costantino e santa, alla quale è legato il mito del ritrovamento della "Vera Croce". In tale sezione vengono presentati anche i diversi edifici costantiniani della città.
La mostra annovera reperti e oggetti assolutamente unici, databili perlopiù tra IV e V secolo, come i primi cristogrammi, le teste e i ritratti scultorei, gli utensili domestici e i monili, le lance e gli elmi, giunti dalle più prestigiose sedi museali italiane ed europee. Risaltano per bellezza e carisma la statua di Elena seduta, per la prima volta uscita dai Musei Capitolini, e il calco dell'enorme Testa di Costantino - esposta insieme ad un braccio ed una sfera - che secondo alcuni ricorderebbe la colossale statua in bronzo collocata davanti all'Anfiteatro Flavio, da cui il nome di "Colosseo" assegnato alla costruzione.
Si continua il percorso espositivo quasi "ipnotizzati" dal fascino di opere semplici e preziose ben evidenziate dalle luci e dalle installazioni. Ecco il rilievo in marmo che raffigura Giove Dolicheno e altre divinità, la statua di Iside Fortuna, il piccolo busto e la statuetta di Serapide (un altro settore importante è quello dedicato alle "altre" religioni), gli elegantissimi elmi in ferro e argento dorato provenienti dalla Serbia, la Pisside di Orfeo in avorio prestata dal Museo del Bargello di Firenze, la moneta d'oro raffigurante Costantino affiancato dal dio Sole e il cammeo del IV secolo entrambi concessi dalla Biblioteca Nazionale francese.
E ancora, la Testa di Helios e la pompa circensis in opus sectile (straordinari gli intarsi di marmi policromi), la lampada in cristallo di rocca del Tesoro di San Marco a Venezia e la Testa di Galerio in porfido rosso, il bracciale d'oro con smeraldi e perle inviato dal Museo di Colonia e le due formelle in avorio accostate, che rappresentavano Roma e Costantinopoli, e simboleggiavano la coesistenza dell'Impero d'Occidente e d'Oriente. Suscitano vivo interesse, inoltre, le recenti scoperte di alcuni gioielli d'oro ritrovati in una tomba sulla via Ardeatina, e uno scrigno di legno contenente le 49 monete prima citate, coniate dalle zecche di Roma, Ostia e Aquileia.
A conclusione della rassegna un’animazione in CGI che consente di analizzare in alta definizione le vicende narrate nel fregio dell'Arco di Costantino, specialmente lo scontro con Massenzio (312) consegnato al mito con la profetica visione della croce sognata la notte precedente la battaglia: "In hoc signo vinces". E così le croci dipinte sugli scudi e sulle insegne portarono la vittoria che cambiò il mondo. L'anno successivo Costantino, insieme al suo omologo orientale Licinio, emanò il celebre "rescritto" che, legalizzando il Cristianesimo, metteva fine alle persecuzioni. Ecco i passi più significativi di quel documento: “Noi, dunque Costantino Augusto e Licinio Augusto, essendoci incontrati proficuamente a Milano e avendo discusso tutti gli argomenti relativi alla pubblica utilità e sicurezza, fra le disposizioni che vedevamo utili a molte persone o da mettere in atto fra le prime, abbiamo posto queste relative al culto della divinità affinché sia consentito ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità”.
La mostra "Costantino 313 d.C." si configura, quindi, come un viaggio spettacolare e suggestivo in una cornice magnifica, attraverso un periodo che di fatto concluse l'età antica, preparando l'inevitabile declino dell'impero, già in atto per via delle pressioni barbariche, della crisi produttiva, dello spostamento dell'asse commerciale, della decadenza etica e culturale del mondo romano.
La varietà delle proposte fornisce un quadro pressoché esaustivo delle tematiche storiche, artistiche e religiose del tempo di Costantino al punto che risulta auspicabile un allungamento dei tempi espositivi almeno fino al prossimo dicembre allo scopo di consentire una più adeguata fruizione di questo pregiatissimo avvenimento culturale alle scuole di ogni ordine e grado, di fatto penalizzate dalle date dell'esposizione.