Echoes in the Stones. Pink Floyd at Pompeii – MCMLXXII

Articolo di: 
Teo Orlando
PINK FLOYD POMPEII

Il ritorno nelle sale cinematografiche dal 24 al 30 aprile di Pink Floyd at Pompeii – MCMLXXII, nella sua versione restaurata e rimasterizzata in 4K e Dolby Atmos, rappresenta molto più di una rievocazione commemorativa: è un atto di restituzione filologica e poetica di un film che ha segnato un momento decisivo nella storia del rock visivo. Diretto nel 1972 da Adrian Maben, il film documenta un'esibizione senza pubblico tenutasi nell'ottobre del 1971 nell'antico anfiteatro romano di Pompei, uno spazio che da millenni vibra del silenzio della storia.

Per la prima volta, il restauro condotto da Lana Topham consente di fruire di una versione integrale di 90 minuti, comprendente sia le performance musicali sia rari filmati girati negli Abbey Road Studios durante le prime fasi di lavorazione di The Dark Side of the Moon, il disco del grande successo commerciale su scala planetaria, uscito nel 1973. Il recupero dei negativi originali in 35mm e il mix audio curato da Steven Wilson in Dolby Atmos ci restituiscono un film che sembra rigenerato, benché rimanga straordinariamente fedele allo spirito originario.

Pink Floyd at Pompeii non è un semplice concerto filmato: è una meditazione cinematografica e insieme musicale su temi "metafisici": sul tempo, sulla forma e sulla metamorfosi del suono in immagine. Le riprese diurne e notturne del sito archeologico non sono mere cornici decorative: diventano parte integrante della narrazione sonora, amplificando il senso di isolamento e sacralità che pervade l'ipnotica performance.

La suite "Echoes" (tratta dal disco Meddle, del 1971), in apertura e chiusura del film, è il nucleo generativo di questa estetica. Si apre con l'ormai celebre nota acuta ripetuta dal pianoforte di Richard Wright, filtrata da un altoparlante Leslie, e dalla slide guitar di David Gilmour: mira a riprodurre una goccia d'acqua che cade sulla terra. Il testo, firmato da Roger Waters, richiama l'immaginario poetico di Keats, Blake, Auden e Baudelaire, evocando un mondo subacqueo e mitologico: “Overhead the albatross hangs motionless upon the air/And deep beneath the rolling waves/In labyrinths of coral caves/The echo of a distant time/Comes billowing across the sand” ("Su in alto l’albatro sta sospeso immobile nell'aria/e in profondità sotto le onde che volteggiano/In labirinti di grotte di corallo/L'eco di un tempo remoto/arriva muovendosi a spirale attraverso la sabbia" – trad. mia). A questa fase contemplativa segue una sezione centrale più oscura, dove il basso ostinato e la batteria esplorano territori quasi jazzistici. Le distorsioni, i delay, i rumori ambientali trasformano il suono in paesaggio. La chiusura, con il coro a cappella, è una delle più struggenti della produzione floydiana: "And no one sings me lullabies / And no one makes me close my eyes / And so I throw the windows wide / And call to you across the sky”  (“E nessuno mi canta ninne nanne / E nessuno mi fa chiudere gli occhi / E così spalanco le finestre / E ti chiamo attraverso il cielo” – trad. mia). I Pink Floyd elaborano un sinfonismo elettrico che sfida la forma-canzone, anticipando le costruzioni concettuali del progressive europeo.

"Set the Controls for the Heart of the Sun", altro vertice del film, è una lunga meditazione cosmica costruita su un tappeto di percussioni modali, basso pulsante e chitarre riverberate. Il testo, ispirato a poesie cinesi dell'epoca Tang, ripete ossessivamente il titolo come un mantra ipnotico, a cui si aggiungono altri versi sinistri e perturbanti: “Witness the man who raves at the wall/Making the shape of his questions to Heaven./Knowing the sun will fall in the evening” ("Osserva l’uomo che vaneggia contro il muro/plasmando la forma delle sue domande al Cielo./Sapendo che il sole cadrà di sera").  Il cosiddetto modo frigio, utilizzato come scala base, conferisce al pezzo un'aura misterica, quasi sciamanica. Wright si muove con estrema libertà tra organo Hammond e Farfisa, generando strati sonori che sfumano l’armonia nel complesso tessuto musicale.

Il film ci offre anche versioni potentissime di "A Saucerful of Secrets", "One of These Days" e "Careful with That Axe, Eugene". Il primo brano, concepito da Waters come poema sinfonico in quattro sezioni, trova in Pompeii la sua esecuzione più intensa. Il finale, "Celestial Voices", cantato da Gilmour senza parole (con una sorta di wordless voice), è un lamento lirico per i caduti, una sorta di requiem laico e cosmico.

In "One of These Days", il basso distorto suonato da Waters e Gilmour in unisono, apre uno scenario minaccioso, futuribile, mentre la voce di Mason – l'unica del brano – emerge come un grido robotico: "One of these days I'm going to cut you into little pieces" (“Uno di questi giorni ti farò a pezzettini”),

"Careful with That Axe, Eugene" è un esperimento di tensione acustica progressiva. Il brano fu inciso una prima volta come singolo e poi ospitato sia nel Live at Pompeii, sia nel doppio disco Ummagumma (la versione che noi preferiamo). Si tratta di un brano musicalmente molto raffinato, dove a un'improvvisazione per organo secondo la scala diatonica chiamata "modo frigio" corrisponde un basso ostinato che accompagna la riproduzione di una sola nota (in questo caso, il re) in ottave, per poi sciogliersi in una melodia dal sapore orientaleggiante, in una climax che viene improvvisamente perforata da un urlo quasi disumano, improvviso e lancinante. Qui Waters si abbandona a un gesto teatrale, rituale, che spezza il continuum sonoro con una forza quasi dionisiaca.

La qualità tecnica del restauro è impressionante: ogni fotogramma è stato ripulito con cura per esaltare le sfumature cromatiche senza perdere la grana originale. La luce naturale che accarezza le rovine di Pompei diventa essa stessa interprete visiva della musica. Il suono, grazie al lavoro di Wilson, restituisce la dinamica originale del live senza cadere nella spettacolarizzazione digitale. Che il leader dei Porcupine Tree abbia avuto l'onore, e l'onere, di rimissare tutta la colonna sonora sembra avere una valenza quasi simbolica: quella del passaggio della fiaccola del progressive da una generazione all'altra. Il problema, semmai, è che i Pink Floyd sono ottantenni e i Porcupine Tree sessantenni. Dove sono le generazioni di quarantenni o ventenni che possano raccogliere degnamente l'eredità del progressive con pari originalità e inventività musicale? Ai posteri l'ardua sentenza...

Non meno importante è la parte documentaristica: le immagini dagli Abbey Road Studios ci mostrano una band ancora al lavoro, in piena transizione. Non è solo un dietro le quinte: è un secondo livello narrativo che collega la Pompei arcaica e sospesa del 1971 con la modernità produttiva del 1973.

Pink Floyd at Pompeii – MCMLXXII è molto più di un film restaurato. È un'opera d'arte ricontestualizzata, un testamento visivo e sonoro che sfida il tempo. In un momento storico in cui il rock tende a museificarsi, questa operazione restituisce vitalità a un'idea di musica come rito, come architettura sonora, come visione. Per i critici, è l'occasione per ripensare il ruolo della performance, della registrazione e della memoria. Per il pubblico, è un invito a spalancare le finestre e ascoltare ancora, oltre le rovine, l'eco di un tempo remoto.

Pubblicato in: 
GN24 Anno XVII 24 aprile 2025
Scheda
Titolo completo: 

Pink Floyd: Live at Pompeii

Paese di produzione:    Regno Unito, Francia, Belgio, Germania
Anno:    1972
Durata:    64 minuti (versione originale del 1972)
85 minuti (seconda versione del 1974)
92 minuti (director's cut del 2003)
Genere:    documentario, musicale
Regia;    Adrian Maben
Produttore:    Steve O'Rourke, Michele Arnaud, Reiner Moritz
Casa di produzione:    Bayerischer Rundfunk, Office de Radiodiffusion Télévision Française, RM Productions Fernseh- und Filmgesellschaft
Distribuzione per l'Italia:  Nexo Studios in collaborazione con Radio Deejay, Radio Capital, MYmovies, D’Alessandro e Galli.
Remix 2025: Steven Wilson (disponibile su CD/LP/Blu-Ray/DVD/Audio Digitale/Dolby Atmos)
Fotografia:    Willy Kurant, Gabor Pogany
Montaggio:    Nino Di Fonzo, José Pinheiro
Effetti speciali:    Michel François, Monteurs Studio, Teletota
Musiche:    Pink Floyd

Interpreti e personaggi

    David Gilmour
    Nick Mason
    Roger Waters
    Richard Wright

Album Tracklisting

Side A
1. Pompeii Intro
2. Echoes - Part 1 (dall'album Meddle)
3. Careful With That Axe, Eugene (dall'album Ummagumma)

Side B
1. A Saucerful of Secrets (dall'album A Saucerful of Secrets)
2. Set the Controls for the Heart of the Sun (dall'album A Saucerful of Secrets)

Side C
1. One of These Days (dall'album Meddle)
2. Mademoiselle Nobs
2. Echoes - Part 2 (dall'album Meddle)

Side D
1. Careful With that Axe, Eugene - Alternate take
2. A Saucerful of Secrets - Unedited

Al cinema dal 24 al 30 aprile 2025