Supporta Gothic Network
Santa Cecilia. Faust, l'umano e l'indicibile
All'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, poco prima di Pasqua il nuovo direttore britannico Daniel Harding ha affrontato, in una tre giorni di intenso lavoro concertistico, le Scene dal Faust di Goethe elaborate dal compositore romantico Robert Schumann: una delle partiture piu' ardue che si possano immaginare sia per l'organico orchestrale sia per il corpo dei solisti demandato ad interpretarlo. Dalla prima di venerdì 11 aprile, poi sabato 12 e lunedì 14, Daniel Harding ha diretto il Coro, le Voci Bianche e l’Orchestra di Santa Cecilia assieme ad un cast vocale che vede Christian Gerhaher dare voce al personaggio di Faust, accanto al soprano Christiane Karg, il basso Falk Struckmann e il soprano Johanna Wallroth nei ruoli principali.
Altri grandi compositori della stessa epoca di Schumann hanno affrontato il Faust di Goethe: pensiamo a Franz Liszt 1811-1886) con la sua immensa Faust-Symphonie (Eine Faust-Sinfonie in drei Charakterbildern), scritta sulla spinta dell'amico Berlioz alla quale è dedicata – che aveva scritto nel 1846 “La Damanation de Faust”, leggenda drammatica – nel 1854 con l'aggiunta del Coro mistico nel 1857. E proprio a Santa Cecilia, c'è stata una commemorazione dei due Faust della letteratura, quello di Christopher Marlowe datato 1588 e quello di Johann Wolfgang von Goethe elaborato tra 1825 e 1831, con l'esecuzione a guida di Pappano della Faust-Symphonie lisztiana ed di una prima assoluta di Matteo D’Amico (1955) dal Doctor Faustus di Christopher Marlowe: Veni veni Mephostophilis (...lente currite noctis equi).
Schumann però è forse, proprio nella sua stessa scrittura frammentaria, nella sua scelta di quadri e scene dal Faust, il piu' romantico di tutti e che ha, wagnerianamente parlando, elevato alla massima potenza l'accento divino e mistico di Faust. Non a caso Schumann, scopriamo tra le note di Oreste Bossini* nel libretto di Santa Cecilia, venne soprannominato Faust dai compagni di scuola, per il suo lato visionario e filosofico, evidente già nei primi anni di studio. Per Schumann il Faust è un percorso introspettivo, evolutivo, fino alla catarsi finale, e lo elabora nelle Faustszenen in tre momenti principali: l'incontro con Margherita e la sua successiva perdizione e morte; il risveglio di Faust in un luogo ameno prima con Ariel poi con il confronto interiore rappresentato dalle quattro donne grigie, cui segue la sua morte; la trasfigurazione di Faust e l'innalzarsi dell'anima alla divinità. Quello che è evidente in Schumann è il continuo rapportarsi dialogico e duale con i vari protagonisti: un continuo raffronto rappresentato dalle varie figure di padri, penitenti, la stessa immagine della Mater Dolorosa con cui si rapporta Margherita. Le voci sono le essenze stesse delle metafore del Faust goethiano, e sono potenti energie che veicolano suoni anche enigmatici, come rappresentanza dell':"indescrivibile che ha compimento: l'eterna femminea essenza" di cui canta il Coro Mistico. L'eterno femminino direbbe Carl Gustav Jung in termini archetipici. Siamo quindi, con Schumann, di fronte ad una parabola dell'ndicibile, umano e sovrumano, irrorata nel primo momento da un Ouverture colma di forze permeanti che Harding ha interpretato con le sue stesse vigorose mani, a dirigere poi i solisti, a partire dal Faust di Christian Gerhaher, un flusso che ipnotizzava per la profondità del messaggio sonoro, completamente unito a quello goethiano, una vox.
Insieme ai solisti l'Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia ben si amalgamava, e la voce magnifica per intellegibilità, spessore sonico nonchè struggenza del soprano bavarese Christiane Karg, si elevava dai moti esultanti con Faust, tristissimi e penitenti di fronte al ritratto della Madonna, fino all'estrema aulicità della penitenza, richiedendo la salvezza dell'amato financo l'abbia condannata. Il Mefistofele, anche Spirito Maligno di Falk Struckmann, basso, fa da contraltare alla nobile apertura emotiva di Gerhaher; mentre Andrew Staples, tenore conosciuto per le sue intepretazioni bachiane a Santa Cecilia, è Ariel, lo spirito dell'aria che risveglia Faust, e lieve lo conduce all'incontro con le donne grigie che lo perseguitano: Penuria (o Mancanza), Insolvenza, Inedia e Cura. Interpretate dalle cantanti, Johanna Walroth, soprano, per la Cura; Rebecka Walroth, mezzosoprano, per la Mancanza; Annelie Sophie Müller, mezzosoprano per l'Insolvenza; Patricia Westley, soprano per la Distretta (o Inedia): tutte eccezionalmente dotate e commoventi nel loro interloquire con Faust.
Un vasto merito va ai due Cori, il primo istruito dal Maestro Andrea Secchi ed il Coro di Voci Bianche da Claudia Morelli, che nell'ultima parte special modo, hanno elevato l'intera platea col canto del Coro Mistico:
Ogni cosa che passa
è solo una figura.
Quello che è inattingibile
qui diviene evidenza.
Quello che è indicibile
qui si è adempiuto.
L'eterno Elemento Femminile
ci trae verso l'alto.
Uno scroscio di applausi ha abbracciato l'intera compagine orchestrale, i due Cori, il M° Harding ed i solisti, in un compenetrante levitare verso una comunione sonora, scandita dall'intera sala.