Supporta Gothic Network
Opera di Roma. Un dittico tra Famiglia Addams e Bomarzo steampunk
Al Teatro dell'Opera di Roma con un doppio nuovo allestimento, è stato presentato il dittico Gianni Schicchi / L'heure espagnole come nel progetto del Maestro Mariotti, ovvero di scorporare il Trittico pucciniano ed unirlo, anche senza un nesso evidente, con altre opere. Con la regia del tedesco di origine turche Ersan Mondtag alla regia ed alle scene, l'Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma diretta da Michele Mariotti, il doppio Puccini/Ravel è stato in scena dal 7 al 16 febbraio scorso. In collaborazione con il Festival Puccini di Torre del Lago, Gianni Schicchi festeggia il centenario della morte del compositore.
Quel che vediamo è la grande bocca di Bomarzo, il Parco dei Mostri troneggia sulla scena di un palazzo diroccato ed invaso dalla foresta: un enorme orologio le cui vetrate, come quelle delle finestre del palazzo, sono infrante, e dietro al grande letto ove giace morto (sic!) Buoso Donati il riccone di Firenze le cui sostanze allettano gli affamati parenti, si staglia quella che ci è sembrata la Porta Magica di Piazza Vittorio. In ogni caso, un condotto per l'aldilà, senza Anubi a custodirlo.
Scriviamo in senso ironico, come la stessa comédia di Schicchi tramanda di per sé ed in questa pervicace versione che, nonostante una pausa dovuta ad un malore improvviso di un orchestrale – conclusosi senza ripercussioni e di lieve entità, ci hanno comunicato – è stata un continuum di gag che hanno coinvolto intensamente il pubblico, da cui partivano “trilli e lazzi” di risa. La Divina Comédia è l'ispiratrice, con un suo episodio avvenuto a Firenze argutamente riportato da Dante nel suo Inferno, cantica XXX, e qui inscenato da una coloratissima Famiglia Addams impellicciata, che si approssima a stracciarsi le vesti (letteralmente!) per una parte di eredità. Viola per la Cesca; Arancio per Betto di Signa e Ruggine per il joker Rinuccio di Giovanni Sala come per il completo di Gianni Schicchi interpretato da Carlo Lepore; Malva per Lauretta, Vuvu Mpofu; Verdino pallido per Nella; Giallo per Zita detta la Vecchia di Sonia Ganassi; Ottanio per Gherardo; Blu cobalto per Marco; con l'arrivo del Dottore, ovvero Maestro Spinelloccio, finiamo con un clown. Il Notaio, Ser Amantio di Nicolao, in veste molto steamrpunk nero e oro scuro, sarà circondato dal trans in Fucsia Pinellino e da Guccio in completo Viola shoking. Se, come afferma il regista Ersan Mondtag – la cui traduzione del patronimico potrebbe essere sia “Luna del giorno” che “Giorno della Luna” (Mond, in tedesco significa Luna mentre Tag è giorno ed anche mattina) -, in queste due opere ha rappresentato il prima e dopo l'Apocalisse, qui siamo a pochi giorni dalla rovina, viste le facce bianche da trucco espressionista – ovvero zombie (sic!) - dei protagonisti!
In neretto le parti vocali che abbiamo grandemente apprezzato, insieme alle loro doti attoriali: la commozione di Vuvu Mpofu; la prestanza di Carlo Lepore e la dinamica elasticità nel plasmare voce e movenze di Giovanni Sala. Tutti però erano limpidi nella voce e perfettamente cadenzati ai giochi registici che hanno coinvolto a piu' riprese il pubblico festante (letteralmente).
La regia non finiremo però mai di lodarla, sia per il primo filo del dittico, sia per il secondo de L'heure espagnole di Ravel, il cui scenario, una Toledo del XVIII secolo, si staglia su uno sfondo prima di omunculi e teschi proiettati sul fondo della scena in video, poi da dischi volanti, e finalmente, tra una scena e l'altra di Conceptiòn ed i suoi supposti amanti, su qualche paradisiaca visione da Eldorado sudamericano e tropicale, con piante ed uccellini variopinti (le scene che abbiamo piu' ammirato). Ersan Mondtag, insieme ai costumi steampunk di Johanna Stenzel, Sasha Zauner alle luci, ed i video di Luis August Krawen, è riuscito a movimentare continuativamente le scene con un ritmo percussivo e perfettamente sincronizzato con la musica diretta da Michele Mariotti e riprodotta con estrema esattezza dall'Orchestra del Teatro capitolino, in modo trascinante e coinvolgente, per colore e condivisione anche con i cantanti ed il Coro.
Simpaticamente attivo all'inizio ed alla fine il Torquemada di Ya-Chung Huang, beffato abilmente dal"affamata" Conceptiòn, meravigliosa sul palco, e ad un ritmo vocale a tratti forsennato: Karine Deshayes, modulava la voce rendendo noto chi preferisse - il Gonzalve fessacchiotto e prditempo di Giovanni Sala al riccone Don Iñigo Gomez di Nicola Ulivieri - ed infine la "scoperta" del cinetico trasportatore di pendole, il sempre notevole Markus Werba, una sicurezza per chi lo conosce, da Onegin a Leporello e Papageno (solo per dirne qualcuno dei suoi ruoli clou).
Per riassumere, nonostante l'imago focus del dittico sia "che il tempo sta per finire", con Orologione e pendole ovunque, o, per dirla con Shakespeare, "Time is out of Joint", "Il tempo è fuor di sesto", ovvero "fuori dai cardini", stesso titolo di un romanzo di Philip Kindred Dick, qui i tempi, ritmici, vocali, orchestrali che dir si voglia, c'erano tutti, alla faccia dello scenario di tanto in tanto apocalittico! Quindi, come il pubblico applaude, noi pure "plaudiamo" ad un carpe diem ("cogli l'attimo") tutto musicale, italico ed iberico, con la magnifica serata appena trascorsa del Mercoledì delle Ceneri, quest'anno coincidente con San Valentino, che ha suggellato l'inizio della Quaresima in senso straordinario.
Nota bene a parte:
Stendiamo però una lamentela sugli ultimi tre libretti, che per leggerli fisicamente si devono quasi squarciare, visto che sono incollati e, per chi li legge e non li usa come soprammobili, sono alquanto difficoltosi da maneggiare. Un ritorno ai precedenti, che era un piacere sfogliare? Lo auspichiamo grandemente!