Ken Loach. Siamo tutti Daniel Blake

Articolo di: 
Livia Bidoli
Ken Loach

Ken Loach non avrebbe potuto dirigere un film più up to date di Io, Daniel Blake e quel Daniel Blake risuona nelle nostre teste come quell'Everyman europeo che potrebbe essere ciascuno di noi alle prese con una malattia invalidante e l'obbligatoria ricerca di un lavoro nonostante essa. La freddezza, purtroppo realistica, di qualsiasi centro per l'impiego al suo grido di aiuto per non morire, lo costringe, per avere il sussidio di disoccupazione dopo quarant'anni trascorsi a fare il falegname, a rischiare di morire per infarto e umiliazioni dato che il “sistema” non permette di ottenerla senza passare per le forche caudine di una burocrazia malata e glaciale, vessatoria e qualunquista, sorda a qualsiasi richiamo minimamente umano.

Il regista ha incontrato la stampa per parlare dell'uscita del suo film premiato al Festival di Cannes 2016 con la Palma d'Oro che è, prima di tutto, un supporto alla diffusione del film, per fargli accedere più agevolmente alle sale ed al grande pubblico. Ken Loach parla a raffica, nemmeno ci sarebbe bisogno delle domande della stampa alle quali risponde sempre cortese e stimolato perchè è lui in primis a volersi esprimere.

Domanda: Lei nel film ha mostrato come il Governo Britannico chieda alle fasce deboli e tramite i job center, di mettersi a cercare un lavoro nonostante si sia colpiti da un'invalidità, può spiegarci meglio?

Ken Loach: Si, il Governo tramite i job center colpisce le fasce deboli della società, il sistema è costruito in modo crudele e vorrei sottolineare che tutti gli attori (tranne due attrici professioniste) che interpretavano gli impiegati del job center erano ex lavoratori del job center che si erano licenziati per come erano costretti a trattare le persone che venivano da loro per chiedere il sussidio di disoccupazione oppure un aiuto per cercare un lavoro.
Gli Stati non fanno l'interesse del cittadino così se tu non hai un lavoro è perché non sei in grado di redigere un cv e non perché c'è effettivamente penuria di posti di lavoro e che quei pochi sono tutti precari e quindi rappresentano un ricatto di per sé stessi per i lavoratori. Il tessuto sociale è minato da questo stato di cose.

D. Non si sente antico per le idee che espone nei suoi film?
K.L. Mi sento sempre antico ogni volta che scendo a Roma, probabilmente è per il mio modo di vestire! Oggi però mi sento molto meno antico – ora parlo seriamente – di una volta: una larga parte di giovani in Inghilterra è attiva e propositiva, un rinnovamento a sinistra che è guidato dai social media in cui mi sento molto coinvolto.

D. Cosa pensa che succederà in Gran Bretagna dopo il voto del “leave” (uscita dalla Comunità Europea)?
K.L
. Al momento non siamo ancora fuori dall'Europa: tutti si aspettano che accada qualcosa - la guerra fasulla del dopo leave - ma nulla accade, a parte la discesa della sterlina, che peggiorerà in futuro ulteriormente – insieme all'economia inglese - perché molte aziende lasceranno il Regno Unito e questo provocherà un'altra discesa per la sterlina, ed un peggioramento delle condizioni lavorative. In tutto ciò però le esportazioni naturalmente sono aumentate perché convenivano.
La maggior parte della gente che ha votato leave proviene dalla destra della classe media  ma è vero anche che un significativo numero di persone della classe operaia ha votato leave per protesta perché non si sente rappresentata dalla Comunità Europea e la manodopera non trova più un impiego: lo scopo della politica dovrebbe essere ricoinvolgere questa gente, ma non è così.
La comunità Europea è un'entità economica non a favore dei lavoratori piuttosto delle aziende forti: l'interesse principale è il business, è per questo che si promulgano direttive ostili ai lavoratori e favorevoli alle grandi aziende ed ai poteri forti.

D. Vede qualche suo erede cinematograficamente parlando?
K.L. Non c'è mai penuria di talenti e ne incontro tanti che condividono proprio queste idee. Le decisioni di produrre o no questi film dipende dal mercato, per questo il premio di Cannes è importante per un film perché aiuta la sua diffusione ed i riflettori si accendono rendendo più facile la sua distribuzione.

D. Per coloro che perdono il lavoro come Daniel Blake è veramente così difficile ritrovarlo?
K.L. Quando si ha 50 anni è molto difficile trovare un nuovo lavoro, forse lo si trova nei supermercati - vengono assunti perché si dice che sono più gentili con le persone – o per fare le pulizie, se sono in buona salute naturalmente. Per quanto riguarda Daniel Blake, lui ha avuto un attacco di cuore quindi la scelta è fra il rischio di perdere la propria vita cercando un lavoro oppure morire di fame e di stenti perché non lo cerca.
Il governo sa cosa sta facendo con le sanzioni sulla politica del lavoro, che stanno diventando sempre più crudeli. Inoltre la delocalizzazione della produzione fa comodo alle aziende ma non ai lavoratori, che li mette in competizione su chi lavora più a basso costo. Invece potremmo pianificare gli scambi equi oltre a promuovere una politica volta ad evitare lo scontro tra i lavoratori
In qualsiasi stato i lavoratori si sostengono con le charities che provvedono al cibo, per fortuna ci sono segni di grande solidarietà ovunque.

D. Questo sistema colpisce tutti indifferentemente oppure una classe socio-economica in particolare?
K.L. La classe media è la più colpita, ho incontrato un insegnante con dei figli che si è dovuta spostare dal centro di Londra dove lavora perché non può permettersi più quella casa. C'è un'enorme crisi degli alloggi con giovani di anche 35 anni che sono costretti a continuare a vivere con la famiglia perchè non possono permettersi di andare via.
Inoltre i ricchi non amano vedere i poveri che sporcano le strade, questo stato ci ha dato appuntamenti lussuosi che possono generare profitti per altri ricchi ma in realtà questi appartamenti per lo più non sono abitati, sono comprati per un'eventuale rendita o profitto futuro.
Finché non cambiamo il sistema economico in base ai principi dello sviluppo sostenibile e arriveremo al punto di possedere i beni nulla cambierà.

D. Internet ed il futuro digitale: quanto conta nel futuro lavorativo e del benessere economico?
K.L. La domanda è giusta: noi studiamo la scienza, chi la controlla? Chi manovra i PC e controlla la conoscenza? Dobbiamo utilizzare il progresso scientifico per migliorare la condizione di tutti, usare la rabbia che proviene dal conoscere le reali condizioni di vita e sfruttamento degli esserei umani in modo produttivo.
Questo è il senso del film: deve spingere a questo.

Un'ultima dichirazione di Ken Loach:
Questo film è nato dalla rabbia che io e Paul Laverty - lo sceneggiatore di sempre e caro amico di Loach, N.d.R.- proviamo per non esserci accorti prima e aver lasciato che succedesse tutto questo.”

Pubblicato in: 
GN39 Anno VIII 16 settembre 2016
Scheda
Titolo completo: 

Io, Daniel Blake
Titolo originale     I, Daniel Blake
Paese di produzione     Regno Unito, Francia
Anno     2016
Durata     100 min
Colore     colore
Audio     sonoro
Genere     drammatico
Regia     Ken Loach
Sceneggiatura     Paul Laverty
Distribuzione (Italia)     Cinema
Fotografia     Robbie Ryan
Montaggio     Jonathan Morris
Musiche     George Fenton
Scenografia     Fergus Clegg e Linda Wilson

Interpreti e personaggi
Dave Johns : Daniel Blake
Hayley Squires : Katie
Natalie Ann Jamieson : Impiegata del Centro del Lavoro
Micky McGregor : Ivan
Colin Coombs : Il postino
Bryn Jones : Il poliziotto
Mick Laffey : Consigliere dei servizi sociali
Briana Shann : Daisy
Dylan McKiernan : Dyla
John Sumner : Il responsabile del Curriculum vitæ

Uscita al cinema il 21 ottobre 2016

Palma d'Oro al Festival di Cannes 2016