L'inizio e la fine. Un inedito racconto di Irène Némirovsky

Articolo di: 
Eleonora Sforzi
L'inizio e la fine Némirovsky

"L'inizio e la fine" ("Le commincement et la fin") è un racconto scritto dall'autrice russa, di origine ebrea, Irène Némirovsky, pubblicato nel dicembre 1935 sul periodico francese <<Gringoire>>, da cui è stato direttamente tradotto per l'edizione, inedita in Italia, della casa editrice pistoiese Via del Vento Edizionia cura di Fabrizio Zollo – stampata nel maggio scorso, nella collana <<I quaderni di Via del Vento>>.

Questa breve storia costituisce per i lettori un ulteriore piccolo ma prezioso tassello utile per ricostruire l'opera – tradotta e pubblicata negli ultimi anni a cura della casa editrice Adelphi – della celebre scrittrice russa, in quanto contrassegnata dagli stessi tratti tipici dello stile che rende unico ogni suo testo. Centrale, per la Némirovsky, è la descrizione minuziosa dei drammi più intimi degli individui, espressi in modo vivido e lucido, con uno sguardo attento alle pieghe più oscure e angosciose dell'animo umano, il cui malessere non può che essere collegato a quello, più ampio e endemico, della società.

Il protagonista del breve racconto, tradotto e curato da Antonio Castronuovo, è Camille Deprez, la cui fragilità viene resa nota al lettore proprio a partire dalle parole di apertura: <<Questo uomo piccolo e gracile, non appena indossava la sua toga rossa di procuratore generale, ritrovava il soffio, la salute, la sicurezza>>. L'uomo è il responsabile dell'accusa nel processo Barret, che vede inquisito il giovane figlio del vecchio ministro, a causa dell'omicidio della moglie: un caso che, come sempre accade, aveva suscitato scalpore e diviso l'opinione pubblica.
Mentre la madre dell'indagato, afflitta e angosciata, cerca invano di smuovere la pietà del ligio procuratore, nella speranza di salvare il figlio dalla pena capitale, l'autrice osserva nel profondo i drammi del protagonista.

Nell'ambito di circostanze, che sembrano non riguardare da vicino il futuro del risoluto e intransigente Deprez, questi si troverà a fare i conti proprio con se stesso, dal punto di vista lavorativo e personale, giacché l'improvvisa visita della signora Barret lo porterà a riflettere sul peso che una possibile riuscita nel processo potrebbe avere sulla sua carriera e, allo stesso tempo, sulla sua gravosa condizione di salute.

Il peggioramento, che l'uomo sente imminente, del morbo che lo affligge da tempo, appare, su un livello sotterraneo e simbolico, emblema di una malattia interiore che coinvolge l'intera classe media e chiunque si sia affannato nel raggiungimento spregiudicato della realizzazione lavorativa, finendo per dirigersi verso una decadenza morale e sociale.
Nonostante il procuratore sia consapevole che gli rimangono pochi anni di vita, l'uomo pronuncia una sentenza inflessibile nei confronti di un uomo colpevole, come lui d'altronde, di un egoismo che spinge al contrasto, anche violento, con il prossimo e a comportamenti antisociali.

In questo breve racconto, quindi, è possibile cogliere ancora una volta la grande modernità dell'autrice, che la avvicina – mantenedo la sua voce unica – ai più significativi scrittori, poeti e drammaturghi del Novecento, nelle cui opere sono centrali l'interiorità e l'identità, dove l'azione è spostata dal piano concreto a quello psicologico, mentre viene evidenziato il fallimento, profondo e diffuso, degli ideali borghesi. Si tratta di tematiche riscontrabili anche nella vicenda dell'ultimo romanzo di Irène Némirovsky pubblicato da Adelphi, "Una pedina sulla scacchiera".

Se fin dall'inizio la narrazione è stata condotta in direzione di una prossimità sempre maggiore con le angosce più intime del protagonista, quasi come per chiudere lo spiraglio aperto su un frammento di vita dell'uomo, il racconto – seguendo un percorso circolaresi chiude nel segno del progressivo distacco, lasciando spazio solo ad un'amara considerazione in merito al futuro del procuratore e dell'indagato.
L'autrice pare allontanarsi progressivamente dal protagonista, su cui ha operato un lucido scandaglio interiore, proprio come lui stesso sta allontanandosi con distaccata indifferenza dal mondo e dalla vita, mettendo al primo posto la posizione lavorativa, senza accorgersi di perdere se stesso.

Quello della Némirovsky è dunque, ancora una volta, un racconto amaro, espressione di una sensibilità attenta al proprio tempo e ai drammi interiori che ogni individuo porta con sè, prediligendo personaggi controversi, contraddistinti da una fredda apatia e un aggressivo istinto di predominio che, in fondo, sono gli stessi che hanno in larga parte caratterizzato gli anni in cui ella ha vissuto, fino alle conseguenze estreme di Auschwitz.

Pubblicato in: 
GN42 Anno V 17 settembre 2013
Scheda
Autore: 
Irène Némirovsky
Titolo completo: 

L'inizio e la fine (a cura di Antonio Castronuovo)

Pistoia, Via del Vento Edizioni, 2013, p. 36, € 4,00
Anno: 2013