Lione Festival Verdi. Intervista al Direttore Daniele Rustioni

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Daniele Rustioni e l'orchestra Copyright Blandine Soulage Rocca

Serge Dorny, Directeur général dell'Opéra National de Lyon, ha ideato un Festival dedicato a Verdi che per l'edizione 2018 ha previsto in forma di concerto, l'Attila, e in forma scenica Macbeth e Don Carlos. A Daniele Rustioni, chef principal del teatro, è stata affidata la direzione delle opere.

Se poi viene proposto il Don Carlos, cioè l'edizione francese in cinque atti e con i ballabili, la sua messa in scena acquista risvolti avvincenti per le scelte che vengono proposte. L'intervista, che il maestro Daniele Rustioni ci ha gentilmente concesso, ha avuto proprio lo scopo di chiarire il suo punto di vista. Esistono, infatti, quattro versioni dell'opera due in lingua francese e in cinque atti: la prova generale e l'opera poi effettivamente andata in scena, a cui si aggiungono le edizioni italiane in quattro e in cinque atti entrambe con il titolo di Don Carlo.

Come sono stati scelti questi titoli?

Due le ragioni. La prima è che a Lione un po' l'estetica, l'idea di Serge Dorny  è quella di differenziarci molto da Parigi perché siamo a due ore di treno e a Parigi si possono trovare un sacco di opere di repertorio. Qui a Lione invece è quasi impossibile trovare una Traviata, quindi anche facendo un Festival Verdi, e qua a Lione Verdi è stato eseguito pochissimo, la scelta è caduta su tre titoli, diciamo, comunque non 'battutissimi'. Forse Macbeth sicuramente dei tre è il più battuto, però è stato realizzato comunque in una chiave moderna, perché questa regia di Ivo van Hove è chiaramente moderna. Invece era giusto dare un percorso organizzando un tema, Verdi e il Potere e il rapporto con il potere, quindi sono tre titoli dove questo viene chiaramente fuori dai duetti più ovvi che sono in Attila, Ezio e Attila, l'Inquisitore e Filippo II e tutto il rapporto che c'è tra Macbeth e la Lady.

A parte questo è anche, secondo me, interessante creare un arco per quanto riguarda la maturità ed il discorso artistico della scrittura di Verdi, quindi Attila rappresenta sicuramente l'opera giovanile, Macbeth il ponte verso la maturità, e Don Carlos una maturità particolare perché sicuramente, se Falstaff è la sua ultima opera però rappresenta comunque un'eccezione come fosse quasi fuori catalogo, come lo è la sua seconda opera Un giorno di regno. Entrambe rappresentano un po' delle eccezioni all'interno del catalogo verdiano, ma anche Don Carlos, da un certo punto di vista ancora di più. La versione in francese in 5 atti perché è stata fatta pochissimo, già ci sono delle differenze fondamentali tra la prova generale e la prima eseguita a Parigi.

La nostra è una versione, diciamo, un po' mista perché facciamo i 5 atti con Fontainebleau ma con il 'Coro d'inverno' all'inizio, il Coro dei boscaioli (tagliato da Verdi dopo la prova generale ndr). Secondo me bisogna assolutamente farlo perché dà proprio una tinta, un senso drammatico completamente diverso a partire dall'inizio. Di solito Verdi come in Rigoletto, ma in tutte le opere c'è sempre un elemento musicale che fa da leitmotiv. In Rigoletto c'è il tema della 'maledizione' qui invece nel primo atto c'è una 'acciaccatura' che è poi riproposta all'inizio del quarto atto che alla fine dell'opera è 'rivoltata'. Cominciare subito con questo  invece che con i corni fuori scena, secondo me connette molto meglio in un'opera che è molto sconnessa. In realtà, è sì molto lunga ma è molto sconnessa a livello tonale tra una scena è l'altra, dal mi bemolle minore, tonalità stranissima per Verdi, poi c'è l'aria del tenore in do maggiore, si va poi al convento in fa diesis, poi subito si maggiore poi altri diesis tutti enarmonici. Sono più che connessioni tonali tra una scena e l'altra sono delle 'stazioni', e quindi trovare degli elementi di unità aiuta a livello musicale.

Poi Verdi è stato molto criticato, si esegue molto di più la versione italiana in quattro atti. In questi mesi molti mi hanno detto:" Verdi è arrivato alla versione in quattro atti quindi ha ritoccato quello che aveva scritto ed è arrivato ad una sintesi felice". Stiamo parlando del 1867 e quindi era un Verdi maturo che voleva anche dimostrare molto con questo Don Carlos, anche ai critici, anche alla stessa orchestra dell'opera di Parigi, tutti orientati verso Wagner. Anche il passo drammatico che ha messo su, non era da sprovveduto. È vero che è arrivato alla versione in quattro atti perché lui aveva sempre due, anzi tre orecchie protese verso il pubblico, ma è da considerare un capolavoro anche la versione della prova generale, poi lui ha fatto qualche taglietto

Erano tagli da 'treno' e da cena.

Potevano anche cominciare un po' prima.

Sì ma c'era anche la cena, erano le forche caudine per tutti i compositori!
Poi in realtà è tornato poi alla versione in 5 atti rimettendo l'atto di Fontainebleau. Devo dirle una cosa, ho molto apprezzato che lei abbia rimesso il 'Coro dei boscaioli' che era stato  tagliato dopo la prova generale perché immette immediatamente nel clima dell'opera. E' stato un piacere sentirlo perché tutti i sostenitori della versione in quattro atti sostengono che inizia con la musica che dà subito il tono; ma anche nella versione in 5 atti c'è un procedimento analogo perché il coro dei boscaioli immette subito nel clima cupo della tragedia e chiarisce il motivo per cui Elisabetta rinuncia a Don Carlos per divenire consorte del re di Spagna, quindi ha una coerenza drammatica notevole

Dà anche un accento diverso alla sofferenza dei personaggi perché cominciando come nella versione in quattro atti è più una cosa ecclesiastica mentre invece cominciando con quell'elemento di sofferenza dà molto più l'accento alla coppia centrale Elisabetta-Don Carlos.

Altrimenti rimangono dei personaggi un po' inspiegabili anche perché tutti i personaggi del Don Carlo non sono tagliati con l'accetta, hanno una serie di contraddizioni, di stati d'animo diversi.

Devo dire che anche nelle varie versioni questi stati d'animo vengono fuori in maniera molto diversa. C'è un piccolo taglio, voglio subito mettere le mani avanti e lo dico, l'edizione critica Ricordi in 5 atti arriva con il taglio già fatto, nel duetto alla fine del secondo atto Filippo II-Posa, sono state tagliate alcune parti prima della coda finale dove Filippo dice delle cose importanti ma così con questa sintesi si va subito al nocciolo della questione, al disagio del re e di trovare come suo favorito Posa. Si arriva in maniera diversa anche tagliando delle frasi in Elisabetta alla fine della 'scena della rivolta' prima dell'entrata dell'inquisitore quando dice 'A geneux'. Ci sono due modi per arrivare a quell'entrata dell'inquisitore e poi c'è l'inserimento del 'Lacrymosa' del Requiem, che è fondamentale senza quello il Don Carlos non si può fare assolutamente. E poi ci sono anche vari finali del quinto atto ma questo credo sia giusto quello che abbiamo eseguito in questa versione.

Sulla questione dei balletti è chiaro che io in quanto interprete verdiano cerco di eseguire più musica possibile. Il direttore d'orchestra deve sempre secondo me, però,' trovare un 'compromesso' è bruttissimo da dire ma alla fine prova dei fatti è la dura realtà, rispetto alla drammaturgia che c'è in scena. Sarebbe stato bello eseguire tutti i balletti però con la coreografia che è stata fatta l'esecuzione di due volte dell'inno spagnolo, alla fine non centrava proprio nulla, così come nell'impianto scenico della autodafé che è stato proposto qua che è una scena molto statica con i tre livelli di questo palazzo-torre la musica di due minuti per la processione, là dove la processione non c'è stata, sono stati tagliati, vale a dire tutta la sezione in do diesis minore della banda in palcoscenico. Quei due minuti che sono stati tagliati anche da molti grandi direttori d'orchestra in passato, qui non trovavano riscontro con quello che succedeva in scena, ho dovuto rinunciare e tagliare il maestro Verdi che è una cosa tremenda, però non c'era la processione e quella è una musica da processione.

Ricordo che abbiamo fatto salti mortali perché siamo a Lione, non siamo a Parigi, non siamo alla Bastiglia non siamo alla Scala. I mezzi tecnici sono sicuramente ridotti, anche per gli extra, anche per le comparse, gli spazi in palcoscenico sono quelli che sono, noi abbiamo voluto fare lo stesso Don Carlos e sono molto felice e orgoglioso per come abbiamo gestito anche perché il cast è stato tutto costruito sulle dimensioni del teatro e tutti gli equilibri dinamici sono stati costruiti sulle dimensioni del teatro, penso che siamo riusciti ad risaltare anche gli aspetti più intimi della partitura rispetto magari anche ad esecuzioni di teatri più grandi.

Questa caratteristica il Don Carlos ce l'ha anche perché è un po' simile all'Aida.

Sì, dove il terzo e quarto atto ma anche il primo hanno queste caratteristiche. Tutti con il trionfo ma è un'opera molto intima.

Debbo dire che lei ci è riuscito benissimo ad entrare nella psicologia dei personaggi e nelle loro contraddizioni perché non sono più i personaggi lineari del giovane Verdi. Ci sono momenti come nel bellissimo duetto tra Elisabetta ed Eboli in cui si capisce che lei ha fatto un lavoro approfondito.

Un'altra cosa che mi ha spinto a venire a Lione è che questa città è un centro importante per la danza e il festival di danza è uno dei più importanti in Europa. Ero molto curiosa di vedere quale era stata la soluzione, anche perché le danze di Verdi sono di primaria importanza e vengono inesorabilmente tagliate. A proposito quelle di Macbeth ci sono?

Io ho ereditato uno spettacolo e quindi non è una nuova produzione. I ballabili del Macbeth sono uno straordinario pezzo da concerto, quindici minuti di musica, mi pesa un sacco non eseguirli.

Non è infrequente che problemi di questo genere costringano i direttori ad agire in un certo modo.

Per Don Carlos essendo una nuova produzione ho provato ad eseguire più musica possibile però è importante anche rendersi conto quando è un incaponimento 'sterile' perché se non succede niente in scena, non voglio fare il paladino della musica di Verdi, due minuti in teatro sono un'enormità.

Il balletto in effetti era improntato a tutta un'altra storia e aveva coerenza con quello che c'era dopo.
Un'ultima cosa i tagli che sono stati fatti da Verdi soprattutto quello tra Posa e Filippo nel secondo atto riguardavano i suoi sospetti sulla moglie e il figlio?


Sì ma c'è anche un altro punto prima dell'aria di Eboli del quarto atto e c'è l'introduzione con i corni che tutti siamo abituati ad ascoltare ma qui non ci sono proprio perché non previsti dalla partitura.

La ringrazio per sua affabile disponibilità e per le sue risposte che hanno chiarito in modo esaustivo alcuni punti cruciali del Festival e di questa eseuzione del Don Carlos.

Pubblicato in: 
GN21 Anno X 10 aprile 2018
Scheda
Titolo completo: 

Opéra de Lyon Festival Verdi 

dal 6 marzo al 6 aprile 2018

Intervista al Direttore del Festival Verdi M.° Daniele Rustioni

Vedi anche: 

Per chi volesse approfondire le diverse versioni di Don Carlos
Ursula Günther L'edizione intergrale del Don Carlos di Giuseppe Veri
ed. Ricordi
Atti del II°Congresso Internazionale di Studi Verdiani
Istituto di Studi Verdiani
Parma 1971