Ritratti del Potere. Volti e meccanismi dell’autorità a Palazzo Strozzi

Articolo di: 
Alberto Balducci
Hiroshi Sugimoto - Fidel Castro

Arte e potere sono sempre stati legati da un vincolo molto stretto: per il “potere” l’arte è uno dei mezzi prediletti per raggiungere il consenso del popolo. Tale vincolo è l’oggetto della mostra in corso presso il Centro di Cultura Contemporanea Strozzina a Firenze fino al 23 gennaio 2011, che porta agli occhi del pubblico una serie di opere incentrate sulla rappresentazione del potere e dei suoi meccanismi.

La mostra si svolge parallelamente all’esposizione di Palazzo Strozzi Bronzino: Pittore e poeta alla corte dei Medici, e ne costituisce la controparte contemporanea nell’aspetto di rappresentazione dei potenti. Infatti, come giustamente ci fa notare il Direttore del progetto Franziska Nori nell’introduzione alla mostra, il rapporto tra arte e potere è cambiato nei tempi moderni: “per i potenti di oggi non è più fondamentale essere ritratti da un artista; al suo posto ci sono esperti di pubbliche relazioni, spin doctors e uffici stampa altamente specializzati”; allo stesso tempo “esiste ancora il lavoro su commissione, ma la libera arte si sente soprattutto impegnata in un discorso criticamente autonomo, a livello produttivo e concettuale.”

L’artista ha guadagnato una certa indipendenza nella sua capacità produttiva, ed è perciò divenuto capace di porre domande critiche nei confronti del proprio soggetto e, ancora più importante, è in grado di suggerire risposte attraverso la sua visione dell’opera in senso lato. Può fornire interpretazioni allo spettatore, stimolare indagini e riflessioni.

In questo senso, l’opera di Hiroshi Sugimoto è un ottimo inizio per l’esposizione: sono due fotografie (l’una ritrae Giovanni Paolo II, l’altra Fidel Castro) non dei soggetti rappresentati, ma di statue di cera dalle loro fattezze, di un realismo altissimo, tanto che ad uno sguardo casuale è difficile cogliere la differenza. Qual miglior modo di esemplificare il legame tra potere e immagine, tra autorità e simbolo? Il potere dei soggetti è totalmente riassunto ed esercitato tramite la loro immagine, addobbata dei loro simboli, che soppiantano la personalità individuale (l’uniforme di Castro, il pastorale e la mitra del pontefice).

È naturale quindi che questa immagine, che può essere così potente, sia calcolata con ogni riguardo. Ed è così che la iron lady Margaret Thatcher dinanzi all’obiettivo di Helmut Newton sceglie di essere sorridente, perché “si appare sgradevoli quando non si sorride”, oppure la regina Elisabetta rifiuta di togliersi la corona durante il suo set fotografico ufficiale con Annie Leibovitz (“Less dressy? What do you think this is?”).

Le componenti di questa ricerca iconografica dei potenti possono essere identificate con precisione; il lavoro di Clegg & Guttmann ci è particolarmente utile a questo riguardo. In Politisch-Physiognomische Fragmente ci presentano una serie di cravatte e di mani in posa estratte da altrettanti ritratti. Così enucleati, questi elementi si rivelano nella loro importanza simbolica. In Grand Master invece, è un attore a interpretare queste pose e questi simboli: l’opera, insieme a The Board (i ritratti di tre alti dirigenti della Deutsche Bank, smontati e rimontati nei loro elementi essenziali) riesce a porre sotto la lente d’ingrandimento tutta una serie di cliché dell’estetica del potere.

Si individuano quindi vari stereotipi che si ripresentano qualunque sia il soggetto ritratto, e che sono emblematici dell’estetica e delle tattiche del potere. Infatti, anche spostando l’attenzione verso la vita di tutti i giorni, le classi sociali elevate tendono a mostrare inequivocabilmente il proprio status sociale in una fragile messa in scena.

Per rendersene conto basterebbe sfogliare con occhio leggermente smaliziato un qualsiasi quotidiano; nell’esposizione si nota benissimo nelle opere di Martin Parr, Tina Barney e Daniela Rossell, che esplorano le classi sociali più elevate durante eventi mondani e nella vita familiare.

L’attenzione degli artisti si dedica anche ai luoghi, siano essi pubblici o invisibili agli occhi della gente comune. Ad esempio, Jim Dow si concentra sull’opulenza architettonica di alcuni circoli privati statunitensi (dove s’incrociano vaste reti d’influenza a livello mondiale), mentre Trevor Paglen ci propone alcune vedute di luoghi ufficialmente “inesistenti”, come stazioni segrete americane.

Tutte queste suggestioni di potere, intrighi e reti di alleanze più o meno palesi sono riassunte nelle mappe dei Bureau d’Études, dove sono fatti nomi (e cognomi) di individui, società e associazioni che reggono le basi del potere mondiale. I legami che uniscono queste entità sono molteplici ed estremamente densi e ramificati, tanto da abbracciare ogni aspetto sociale.

Comunque, sono esposte anche opere dalla poetica di più ampio respiro: Fabio Cifariello Ciardi ha fedelmente trascritto per fiati e archi (grazie ad un suo software) dei discorsi politici famosissimi, di Obama, Blair e Bush. Indossando le cuffiette, è così possibile ascoltare la musica espressa dall’eloquio dei personaggi allorché cercano il consenso della propria nazione per decisioni di grande portata, come un’entrata in guerra.

L’artista cinese Wang Qingsong invece, nel suo trittico Past. Present and Future, riesce in tre fotografie sullo stile del tableau vivant a ritrarre passato, presente e un utopico futuro dorato del suo paese. Il punto di vista dell’artista, che si ritrae nelle foto assieme alle comparse, è ben evidente e assume un ruolo centrale nell’opera.

In opere come questa incominciamo a vedere l’effetto della rete di potere (come rappresentata dai Bureau d’Études) sui popoli e le persone. Interessante da questo punto di vista è la serie Olivier di Rineke Dijkstra, che consiste in 7 ritratti di un giovane che si arruola nella Legione Straniera, dal giorno dell’arruolamento alla partenza per varie missioni. La metamorfosi del ragazzo è impressionante: la sua personalità di ventenne pare come annullata e riplasmata nelle fattezze di un soldato professionista, nel fisico e nello sguardo.

Ciò che si coglie dall’insieme delle opere esposte è quindi l’estetica di un’esigua minoranza di individui che sono in grado di manovrare gli equilibri sociali ed economici del popolo umano. Questa estetica è fatta di maschere (talvolta divenute più reali dell’individuo stesso) che cercano ad un tempo di nascondere l’oggettività e di convincere dell’inevitabilità e correttezza dei propri propositi (qualunque essi siano).

Quando queste maschere vengono svelate, si rivelano realtà asettiche, vulnerabili e dallo scarso senso dell’umorismo. Prendiamo il caso esposto degli Yes Men (gruppo di attivisti e net artists statunitensi): uno di loro nel Dicembre 2004 impersonò il portavoce della Dow Chemical, asserendo che la multinazionale aveva finalmente deciso di assumersi la piena responsabilità della catastrofe di Bhopal, semplicemente “perché è la cosa giusta da fare”.

A Bhopal (India) tra il 3 e il 4 Dicembre 1984 uno stabilimento di pesticidi mai smantellato della Dow rilasciò una nube tossica che generò migliaia e migliaia di morti all’istante e negli anni successivi. Questa “burla” degli Yes Men causò nei primi 20 minuti un calo del 4% del valore delle azioni della Dow.

E che dire di DUBAI_CITYTELLERS, di Francesco Jodice? Un filmato in stile documentario/fiction che indaga sulla realtà sociale di Dubai, luogo creato appositamente per ostentare uno sfrenato lusso di emulazione occidentale, ma che in seno nasconde soprusi sociali di ogni tipo ed efferatezza.

Perché, alla fine, è giusto ricordare che il potere è un grave fardello, e la sua storia è fatta anche di dolore: dolore che però è quasi sempre scontato dai “piccoli” del mondo.

Pubblicato in: 
GN31 Anno III 15 dicembre 2010
Scheda
Titolo completo: 

Ritratti del Potere. Volti e meccanismi dell’autorità

01/10/2010 - 23/01/2011

Presso il Centro di Cultura Contemporanea Strozzina (CCCS), Palazzo Strozzi, Firenze.

Artisti: Tina Barney, Christoph Brech, Bureau d’études, Fabio Cifariello Ciardi, Clegg & Guttmann, Nick Danziger, Rineke Dijkstra, Jim Dow, Francesco Jodice, Annie Leibovitz, Helmut Newton, Trevor Paglen, Martin Parr, Wang Qingsong, Daniela Rossell, Jules Spinatsch, Hiroshi Sugimoto, The Yes Men

Anno: 
2010
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