Teatro Vascello. Pilade secondo Pasolini

Articolo di: 
Giulio de Martino
Pilade e Atena

Pilade di Pasolini - in scena al Vascello fino al 1° maggio 2016 - è testo teatrale potente e suggestivo sia che lo si attinga situandolo nel tempo in cui fu composto, il 1966, sia che lo si proietti, come un classico, nelle connessioni della contemporaneità. Fu composto da Pasolini nel cuore degli anni ’60: età fertile di risonanze e suggestioni classicistiche nel cinema, nel teatro, nella lotta politica, età consona alla riscoperta del teatro greco in ogni strato della cultura e dell’arte. 

La figura colossale di Pier Paolo Pasolini, uno dei più floridi e geniali autori del Novecento italiano, emerge con vigore ogni volta che - nel teatro o nel cinema, nella letteratura o nel giornalismo  - si torni a leggere e a proporre un suo testo. Solo che si vada oltre il trito pietismo e la rievocazione agiografica della sua complessa e contraddittoria biografia (24 denunce e le candidature al Premio Strega, le amicizie di borgata e le frequentazioni con Moravia, Siciliano, Maria Callas, gli articoli su Il corriere della sera e la firma come direttore di Lotta continua) si scoprono tesori di immaginazione e di pensiero, di cultura e di arte. Merito non secondario del regista Daniele Salvo e de “La fabbrica dell’attore” è di aver messo in scena Pilade al Teatro Vascello (dove fu rappresentato già nel 2010, per la regia Bruno Venturi) di nuovo e senza sfiorare la retorica degli interessati cantori delle gesta pasoliniane.

Nel giugno del 1959, trasferendosi da via Fonteiana a via Giacinto Carini, dove abitava Bernardo Bertolucci, Pasolini si mise a tradurre l'Orestiade di Eschilo (Agamennone, Coefore, Eumenidi) per la compagnia teatrale di Vittorio Gassman. Il suo interesse grecistico si sarebbe protratto, tra prosa e poesia, teatro e cinema, per tutto il decennio. Nel marzo del 1966, convalescente per un’ulcera, Pasolini lesse i Dialoghi di Platone, modello di drammaturgia filosofica. All’incrocio di filosofia e teatro scrisse i testi di sei tragedie: Calderón, Pilade, Affabulazione, Porcile, Orgia e Bestia di Stile. Nel 1967 girò Edipo re, film basato sull'omonima tragedia di Sofocle e interpretato da Silvana Mangano e Franco Citti. Nel 1968 Pasolini realizzò Medea, interpretato dall’atleta Giuseppe Gentile e da Maria Callas. Durante la lavorazione del film riuscì a compiere un viaggio in Uganda e Tanzania per cercare i luoghi e i volti idonei all'ambientazione di un progettato film sull’Orestea. I diari di quel viaggio avrebbero dato vita agli Appunti per un'Orestiade africana, suggestivo brogliaccio filmato  – vi appare anche il grande jazzista Gato Barbieri – in cui si svelava la cornice “terzomondista” nella quale Pasolini voleva inserire la sua riscoperta del dramma greco in quanto esperienza catartica del passaggio della Pòlis greca dallo stato primitivo e sacrale a quello politico e filosofico.

Pilade fu parto geniale, ma quali erano i temi che Pasolini vi volle riversare? Molti critici e commentatori sono rimasti sconcertati dall’andamento “didattico” (brechtiano?) ma anche “problematico” (nietzscheano?) che il dramma acquisisce sulla scena. Da qui le interpretazioni parziali, i commenti elusivi. In realtà: se si tengono presenti i film di poco successivi alla composizione di Pilade, la complessa prospettiva pasoliniana si fa più chiara. Nella ricca temperie culturale e politica degli anni ’60 - diviso tra le problematiche ideologiche italiane e le suggestioni terzomondiste di Che Guevara e di Lumumba, di Fanon, Gunder Frank e di Senghor - Pasolini pensò di far rivivere le vicende del mito greco straniandole sui fondali italiani degli anni del «boom economico» e sullo scenario dei giovani stati africani decolonizzati e socialisti. Nel caso di Pilade, elaborazione creativa di un personaggio collaterale delle Coefore promosso da comprimario a protagonista, viene in primo piano lo scontro – non dialettico e quindi non definitivo – fra rivoluzione conservatrice e progressismo illuminista.

La “rivoluzione” per Pasolini è sempre conservatrice: è lotta della terra, dei contadini e della cultura tradizionale contro l’imperialismo modernizzatore del capitalismo e della borghesia intellettuale. Un tema che può essere ritrovato nella tragedia di Eschilo (e in quella di Sofocle) come scontro fra il mondo sacro degli dei primitivi e il mondo politico delle leggi e dei poteri razionali. La figura di Atena, protettrice di Oreste, appare per questo in contrasto con le Erinni, che restano espressione dei culti dionisiaci e primitivi cui pare essere devoto Pilade.

Tra i seguaci del Pilade pasoliniano vi sono i contadini di Argo in lotta contro il capitalismo e il consumismo sfrenato e omologante che Oreste/Atena hanno portato nella borghesia ad Argo: un contrasto che rimanda agli anni ’70, ma anche alla crisi economica e alle manovre finanziarie globali attuali. In una scena-chiave, Pilade incontra Atena seguita dal corteo delle Eumenidi – prima furie e poi madri – e rifiuta la proposta della dea per la riconciliazione con Oreste e il suo progetto modernizzatore. Pronuncia così l’invettiva: “Che tu sia maledetta, Ragione, e maledetto ogni tuo Dio e ogni Dio” e poi urla: ”Io voglio sentire furia con furia, paura con paura, timidezza con timidezza, viltà con viltà, violenza con violenza. Non c’è in me atto o parola che non sia di negazione”. Infatti, la tensione rivoluzionaria si è trasformata in un progetto nichilistico, in una mera follia distruttiva. Di questo Pilade è consapevole e ne rimane lacerato e attonito. Alla fine resta sulla scena nudo: la sua è diventata una rivolta nel nome del nulla. Si tratta del medesimo paradosso che Pasolini avrebbe illustrato negli Appunti del 1968, nei quali si vedevano i Paesi africani in transizione da un passato oscuro e buio - ma solido ed eroico - ad un futuro promettente ma anche spersonalizzante e imprevedibile.

Sul piano specificamente scenico non si possono che elogiare regista e attori per la sobrietà e la finezza della rappresentazione (mai retorica né intellettualistica) e per l’elegante testualità veicolata con forti prestazioni attoriali. Lo spettacolo, sempre teso, offre dei veri e propri colpi di teatro che inchiodano gli spettatori all’osceno pasoliniano. Ed è quest’ultima una esperienza quanto mai piacevole: il veder rivivere sulla scena l’appello empio alla croce e la corporeità gloriosa e insieme drammatica delle donne: sono segni  distintivi di Pasolini uomo e genio.

Pubblicato in: 
GN25 Anno VIII 5 maggio 2016
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Vascello - Roma
dal 21 aprile al 1° maggio 2016 | Sala Giancarlo Nanni
dal martedì al sabato h 21 domenica h 18

Pilade
di Pier Paolo Pasolini
regia e drammaturgia Daniele Salvo
musiche Marco Podda
actor coach Melania Giglio
costumi Nika Campisi, Claudia Montanari
assistente alla regia  Alessandro Gorgoni

Personaggi e interpreti
PILADE: Elio D’Alessandro
ORESTE: Marco Imparato
ELETTRA: Selene Gandini
ATENA: Silvia Pietta
SERVA DI ELETTRA / CORIFEA: Elena Aimone
CONTADINO / VECCHIO: Simone Ciampi
RAGAZZO: Michele Costabile
MESSAGGERO: Francesca Mària
SOLDATO: Simone Bobini
DONNA: Claudia Benassi
STRANIERO: Piero Grant
EUMENIDI: Elena Aimone, Sara Aprile, Claudia Benassi, Paola Giglio, Melania Fiore, Francesca Mària
CORO: Elena Aimone, Sara Aprile, Claudia Benassi, Simone Ciampi, Michele Costabile, Melania Fiore, Paola Giglio, Piero Grant, Francesca Mària, Sara Pallini
Produzione La Fabbrica dell'Attore Teatro Vascello

Vedi anche: 

Libri: Pier Paolo Pasolini, Il teatro, Prefazione di Guido Davico Bonino, Garzanti, Milano 1973.
Saggi: Giulio de Martino, Pasolini e l’età del ferro, in “Filmcritica”, nn. 661-662, 2016.